Assaggi. La cucina anarchica di Massimo Viglietti all'Enoteca Achilli al Parlamento di Roma

4 Giu 2014, 08:25 | a cura di
Arrivato da pochi mesi a Roma, Massimo Viglietti da Alassio (dove firmava la cucina del ristorante Il Palma) ha dato un'iniezione di creatività nella storica enoteca vicino al Parlamento. Una cucina anarchica, a tratti estrema che si fa apprezzare per gusto e personalità.

Ne avevamo già parlato in un'anteprima cuocomercato, dove segnalavamo (tra le altre cose) lo spostamento dello chef Massimo Viglietti dal ristorante Il Palma di Alassio ai fornelli della storica Enoteca Achilli al Parlamento di Roma. Una notizia che aveva fatto subito notizia tra i gourmet, ma poi rimasta abbastanza sotto-traccia dopo che lo spostamento è avvenuto. Noi siamo andati a testare con mano (e pancia) la cucina di questo valido cuoco approdato da ormai qualche mese nella capitale.

Le premesse vedono un Viglietti già da tempo affermato in cerca di nuovi stimoli lanciarsi in questa nuova avventura, pronto a rimettersi in gioco superati i 50 anni e in una piazza molto diversa da quella a cui era abituato, che forse iniziava a stargli un po' stretta. La sua cucina è personale, decisa, passionale e solo per questo, ora che è da Achilli, meriterebbe una visita; considerato poi che i nostri assaggi si sono rivelati tutti buoni e appaganti, possiamo già decretare questa tavola come una novità rilevante nella scena capitolina.

Viglietti riporta nei piatti la sua filosofia di cucina in maniera diretta e senza filtri: un pensiero anarchico (è lui stesso a dirlo) che colora un suo mondo fatto di musica (grande fan di Tom Waits, The Cure, Radiohead, artisti citati nel suo menu), di sapori messi sempre a contrasto tra loro; spesso camminando sul filo del rasoio con abbinamenti arditi, ma uscendone quasi sempre a testa alta.

Acido, amaro, sapido, grasso e dolce, scorrono nelle mani dello chef con accostamenti complessi, e definiscono una visione di cucina molto italiana ma lontana dagli stereotipi più comuni (pochissimi accenni a primi piatti e carboidrati nei suoi percorsi degustazione, così come dolci che in realtà dolci non sono), e poi i piatti, dai nomi goliardici e provocatori. Tutte caratteristiche abilmente orchestrante, che servono a costruire un'esperienza culinaria ben lontana da mode gastronomiche, di piena in grado di soddisfare testa e pancia. Merito di una maturità che permette allo chef di legare le diverse suggestioni con grande classe.

Sapori netti, ben distinti e a tratti golosi, ma una cucina che mette alla prova, forse non per tutti i palati e neanche per tutte le tasche: parlando in maniera cruda dei prezzi, il menù degustazione (tralasciando le singole proposte alla carta) è a 100 euro, mentre facendo un mini percorso di tre assaggi scelti dallo chef (due portate salate più dolce) si arriva a 50 euro (senza beverage). Una scelta decisa, in armonia con il carattere della sua cucina, ma ben mediata dall'abilità nelle relazioni e dalla competenza del patron Daniele Tagliaferri (in foto di apertura con Massimo Viglietti) che insieme agli altri ragazzi in sala riesce a coccolare il cliente rendendolo unico e vero protagonista del pasto.

Una menzione in questo locale va fatta senz'altro anche per i cultori del vino: la cantina di Achilli è una sorta di istituzione capitolina (e non solo) vantando una selezione davvero notevole di etichette di qualità.

Passando a parlare del nostro percorso gastronomico, ospitati in una sala piuttosto classica, che fa da contrappunto a una cucina decisamente moderna, abbiamo optato per la formula delle 3 portate +1, attingendo dalla carta a uno degli omaggi dello chef alle paste della tradizione romana, che sono: Una Iniezione di Carbonara; Smoke Amatriciana; CacioePepe.

Buono ma non entusiasmante il pane, proposto in formato “mini”, probabilmente pensato per accompagnare e non appesantire, in funzione di un percorso di degustazione ampio.

Il benvenuto è stato a base di un'intensa e golosa Polpetta di pesce morone e seppia, poggiata su una purea di patate nature, realizzata senza grassi. Ottima la texture di entrambe le preparazioni, con il pesce dal gusto ricco e penetrante. Il colpo di classe? La lavanda nell'impasto della polpetta che innalza il quadro dei sapori con il suo tocco pungente, floreale e profumatissimo.

Si parte subito col botto con il primo antipasto: Insalata di spinaci crudi, baccalà marinato, foie gras di anatra e dressing a base di mix di aceti (anche balsamici). Un piatto dinamico e mutevole in bocca che alterna sapientemente note dolci, grasse, sapide e amare, con l'acidità pronta a pulire il tutto e a stuzzicare il palato invitando a un nuovo goloso assaggio. La nota ferrosa, minerale e croccante dello spinacio lasciato crudo è la chiave di volta, insieme al mix di aceti, per supportare e veicolare due caratteri importanti come quelli del baccalà e del fegato grasso.

Ben strutturata e ricca di contrappunti ben gestiti anche la Quaglia: coscette panate e fritte, insalata agrodolce di mela e pinoli al vino bianco, crema di robiola e salsa leggera di acciughe. Anche in questo caso troviamo un pregevole insieme di ingredienti e sapori che giocano a rincorrersi tra loro, rispettandosi ed esaltandosi a vicenda. Un piatto di pancia, che mette al centro dell'assaggio la tenera e succulenta carne della quaglia, rinfrescata con spunti acidi e sapidi tutt'altro che banali.

Chiudiamo la parte salata del pasto con il piatto extra pescato dalla sezione del menù Idee diverse sulle paste della tradizione: la Smoke Amatriciana. In poche parole una pasta cotta in bianco e affumicata con il tè Lapsang Souchong (col rigatone Verrigni correttamente tenuto al dente), servita in tavola ancora scondita, ricoperta solo con pecorino romano e sormontata da un cucchiaio colmo di guanciale croccante all'esterno e fondente nel cuore. Durante il servizio il cameriere versa, direttamente al tavolo, una generosa colata di sugo di pomodoro realizzato con il grasso del guanciale filtrato. Il piatto dunque è una sorta di amatriciana scomposta da condire a piacimento con gli ingredienti messi a disposizione. La mantecatura viene fatta proprio dal cliente last minute, ma il risultato è incredibilmente fedele alle migliori amatriciane di riferimento nella Capitale a livello gustativo ed evocativo, con il quid indovinato di un'affumicatura leggera e intrigante. Sorprendente!

Il dessert è, insieme all'insalata di spinaci l'assaggio più bello del pasto: Mousse di limone, polvere di bottarga e riduzione di Bitter Campari. Lo chef ci tiene e sottolineare il suo amore nel creare dolci che non siano tipicamente dolci, impiegando anche ingredienti insoliti; questo ne è uno straordinario esempio: acido, grasso, dolce, sapido, amaro, in sequenza continua. La salivazione aumenta, ogni cucchiaio ne richiama uno successivo fino a che non rimane il gesto spontaneo e nostalgico di grattare il fondo del piatto. Un vortice di sapori a contrasto in un goloso divenire. Ricominciamo?

Chiusura con un ottimo caffè in tazza. Questa prima esperienza assesta il nuovo ristorante di Achilli come un indirizzo decisamente valido. Noi ci prepariamo a testare al più presto anche il menù completo.

Achilli al Parlamento | Roma | Via dei Prefetti, 15 | tel. 06.6873446 | www.enotecalparlamento.com

a cura di Lorenzo Sandano

Per leggere l'articolo in cui segnalavamo l'arrivo di Mssimo Viglietti a Roma clicca qui

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