Addio alla pausa pranzo con bicchiere di vino: la Francia approva la legge anti-alcol nei luoghi di lavoro. E le associazioni insorgono

4 Lug 2014, 16:06 | a cura di
Il paradosso francese: il Paese della Liberté vieta uno dei diritti conquistati nel XIX secolo. Mentre è ancora aperto il fronte della legge Evin che limita la libertà di parlare di vino su internet e sugli altri media.

Pausa vino? La Francia ha deciso di proibirla. Il 3 luglio, infatti sul Journal Officiel (La Gazzetta Ufficiale francese) è apparso il nuovo decreto legge che chiama in causa le aziende affinché decidano se permettere o vietare il consumo di vino o birra ai propri dipendenti in sede di lavoro. Niente bicchierino nelle mense aziendali, dunque, né aperitivi alcolici. Ma cosa prevedeva, fino ad ora, il codice del lavoro francese? Il divieto di bere di fatto non è una novità, ma fino a questo momento vino, birra e sidro erano rimasti fuori dalla lista nera. Con questa nuova legge, invece, i datori di lavoro sono invitati a vigilare e ad intervenire su tutti gli alcolici. All'origine di questa disposizione c'è una nota de Le ministère du Travail secondo cui l'alcol in Francia è la sostanza “psychoactive” più consumata e quella che può "minacciare la sicurezza e il benessere fisico e mentale dei lavoratori." A conferma di ciò si cita lo studio della Institut Gustave Roussy che indica l'alcol come responsabile di 49 mila morti l'anno. Ovviamente non l'hanno presa bene i cugini d'Oltralpe, già abbondantemente attanagliati dal crollo dei consumi che riguarda, un po', tutti i Paesi storicamente produttori di vino. Considerando, poi, che il diritto al bicchiere di vino in pausa pranzo era stato duramente conquistato nel XIX secolo. E non è la prima misura che fa insorgere le associazioni di settore: dallo scorso anno si sono irrigidite anche le misure anti-alcol della legge Evin che dal 1991 regola la pubblicità degli alcolici sul territorio francese. Tanto che l'associazione Vin et Société l'ha indicata come una delle leggi in materia più severe al mondo. In particolare dal 2013 le misure prese dal Governo vietano di parlare di vino su Internet e di parlarne positivamente sugli altri media. Inoltre invitano a stabilire una tassazione corretta e proporzionale ai danni per la salute, e a inserire tutte le avvertenze del caso in etichetta. In tutto ciò, però, non figura il termine pubblicità e non si fa distinzione tra quest'ultima parola e giornalismo, per cui il vuoto legislativo è lasciato alle valutazioni dei singoli giudici. Cosa che ha portato a condannare anche giornalisti di testate come Les Echos, accusate di aver parlato di vino in modo giudicato propagandistico. Un po' paradossale che nel Paese dei grandi vini e soprattutto della Rivoluzione Francese, il diritto a parlare di vino venga così negato. Per questo motivo dallo scorso anno Vin et Société ha lanciato la campagna cequivavraimentsaoulerlesfrancais.fr, un nome impronunciabile per liberare il vino dai divieti imposti. Ma, se fino a questo momento, si è cercato un dialogo con il Governo, adesso, con il divieto della pausa-vino, la situazione è destinata a complicarsi. E in Italia? Fino a quanto potremo parlare di vino senza essere tacciati di illegalità?

A cura di Loredana Sottile

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