Conoscere il pane. Un viaggio con Roberta Pezzella

25 Giu 2015, 14:29 | a cura di
Pane, farine, lievito madre e forni. È ora di sfatare qualche mito. Ci pensa Roberta Pezzella, ex collaboratrice di Gabriele Bonci

Cinquant'anni fa nessuno ci avrebbe pensato o creduto che il pane, l'alimento principe di intere popolazioni, sarebbe diventato lo spauracchio del nuovo millennio, quello da evitare, da sostituire, da dimenticare. Prima per la lotta al carboidrato, poi per quella al glutine e ai lieviti per passare infine ai grassi, vegetali e non, aggiunti oramai in gran parte della produzione industriale.

Nessuno lo immaginava, eppure già negli anni '80 si lavorava (o molto peggio non si lavorava), affinché ciò accadesse. Iniziava la corsa italiana all'importazione del grano dall'America che oggi ha raggiunto numeri vertiginosi, e nel nostro paese nessuno si dava da fare per regolamentare in maniera più dettagliata e serrata la produzione di pane. E i risultati oggi si leggono nel quotidiano, tra referti medici e dati allarmanti che riguardano celiachia e intolleranze (che sia un caso che Italia e Stati Uniti risultino i paesi più colpiti?), tra sensi di pesantezza e indigeribilità dei prodotti che si trovano sul mercato.
Che sia questione di lieviti e tempi troppo brevi, di mancanza di professionalità del panettiere o di grassi aggiunti non idonei, il nodo è tutto da sciogliere. Certo è che ancora in pochi, anzi in pochissimi, ne facciano un problema di grano, di trasparenza dei mulini, di agricoltura. Chef, panificatori e pizzaioli indossano con troppa facilità giacche sponsorizzate da mulini, perdendo il contatto con il territorio, con le coltivazioni, da cui tutto ha origine.
E il consumatore, l'ultimo anello della filiera, naviga confuso alla ricerca di un prodotto sano, o almeno non troppo dannoso, o di una qualche ricetta per preparare pane in casa.
Abbiamo chiesto di guidarci tra pani e luoghi comuni, dalla realtà casalinga a quella più ampia della ristorazione, a Roberta Pezzella panificatrice tra le più quotate in Italia. Dopo aver trascorso sette anni alla panificazione nelle cucine di Heinz Beck alla Pergola di Roma, in questi giorni conclude anche la sua ultima esperienza, durata un anno, nel Panificio Bonci ed è pronta per nuove avventure, non necessariamente in Italia.

Pane bianco

Per i nati negli anni '20 e dintorni ha un significato ben preciso: rinascita, ricchezza, fine della guerra. Niente segatura nel pane, ma finalmente farina pura, bianca. La stessa a cui nel tempo si è prestata sempre meno attenzione, in casa e in mulino, nelle industrie e dal punto di vista legislativo. Migliorata, corretta, modificata, la farina bianca (00 di grano tenero) è stata l'unica a entrare nelle dispense degli italiani per anni e anni. Nel pane, nella pasta o nel pacchetto l'abbiamo consumata senza farci troppe domande, dai metodi di coltivazione alle ricette con cui veniva realizzato il pane. Oggi la moda dell'integrale e delle ricerche mediche reali mettono all'angolo le candide pagnotte, promuovendo la riscoperta del pane vero, sano.
Eppure anche in questo andrebbe ricercato il giusto equilibrio”, Roberta Pezzella quando parla di pane si fa seria e determinata. “Oggi spesso quando ci si siede davanti a un medico per problemi di digestione, peso, stress o quant'altro, la prima cosa che viene eliminata dalla dieta è il pane, in particolare quello bianco, e in pochi ne fanno una questione di qualità e quantità” spiega. E aggiunge: “Non credo si tratti del principe di tutti i mali. Bisognerebbe capire in che quantità viene assunto. Con che ricetta e in che modo viene realizzato. Continuo a credere che se guardiamo complessivamente alfrumento assuntodurante l'arco di una giornata, dalbiscotto alla fetta biscottata, per non parlare della pizza,una fetta di pane bianco con un velo di marmellata, dell'olio o un po' di pomodoro non può far male”. Certo Roberta non si riferisce al pane realizzato con strutto e grassi vegetali non identificati, alle pagnotte lievitate soltanto per qualche ora e con una quantità incredibile di lievito. La panificatrice parla di un prodotto preparato da un professionista serio, con tecniche precise, ingredienti selezionati, a cominciare dalle farine. Perché anche se in una farina bianca si perde la quasi totalità dei principi nutritivi di un buon chicco di grano, può essere anche il risultato della macinazione di grano tenero di qualità coltivato in biologico. Che finalmente il pane nel 2015 ci conduca dritti al campo di grano? Per alcuni panificatori, Gabriele Bonci in primis, il legame è inevitabile, ne fa una questione di responsabilità professionale, etica. “Quando al mattino presto contiamo le pagnotte sfornate durante la notte, mi piace dire ai miei collaboratori che non si tratta di 350 pagnotte, piuttosto di 350 famiglie che oggi abbiamo la responsabilità di nutrire con il nostro pane”.

L'acquisto

Ma veniamo al dunque, alla fatidica domanda dei consumatori che si vogliono tutelare nell'acquisto e nel consumo di pane: se non si ha la fortuna di avere un panificio di qualità vicino casa o al lavoro, come comportarsi? Sono poche e semplici le indicazioni di Roberta Pezzella: “Un pane di grandi dimensioni e di buona qualità si mantiene bene nel tempo, anche per 15 giorni. Il mio consiglio è quello di individuare un panificio di fiducia e acquistarvi il pane una volta alla settimana, magari ogni due, e rivedere le quantità del consumo in termini di salute e benessere”. Quel poco ma buono che sembra essere il claim del nuovo corso dell’alimentazione.

Pane in casa

Quella del pane in casa è una questione piuttosto complessa e quanto mai discussa, che rischia di deludere centinaia di panificatrici e panificatori casalinghi poco disposti a seguire alla lettera le leggi scientifiche della lievitazione. “Sono contraria all’improvvisazione, con il pane non si scherza. Conosco persone” racconta Roberta “che si preparano a malapena un uovo al tegamino e che dall’oggi al domani decidono di fare pane in casa con risultati disastrosi. Dalla totale indigeribilità, al sapore terribilmente acidulo”. La panificatrice romana mette in guardia circa l’utilizzo della pasta madre in casa, “è una carica batterica a piede libero nel nostro frigorifero e bisogna saperlo mantenere”.
Un rinfresco esatto e costante del lievito naturale garantisce un prodotto di ottimo sapore se lavorato a mestiere e lasciato lievitare il giusto. “Il pane da lievito madre non deve avere quello spiccato sapore acidulo che tutti oramai siamo abituati a sopportare, deve comunque mantenere equilibrio e piacevolezza”, puntualizza la Pezzella.
La soluzione? Frequentare dei corsi amatoriali di qualità, studiare consapevolmente le materie prime per orientarsi al meglio nell’insidioso mondo delle farine, lavorare anche in casa con accortezza, accettando di buon grado tutti i limiti di una preparazione casalinga, potenza del forno in primis.

Pane e ristorazione

Roberta ha trascorso ben sette anni nelle cucine dello chef Heinz Beck dedicandosi interamente alla produzione di pane e alla pasticceria. Come altri professionisti del settore crede che l’attenzione su questo aspetto all’interno dei ristoranti sia ancora troppo poca. “C’è stata la corsa al cestino del pane dai mille colori, senza fare troppa attenzione alla qualità delle materie prime e all’importanza delle preparazioni, che, come altre in cucina, devono avere un professionista e degli spazi dedicati”.
Oggi qualcosa sembra muoversi. “Mi fa piacere vedere come alcuni chef abbiano iniziato a richiedere al personale una formazione specifica, consentendogli anche di fare esperienza in forni importanti”. Ma non tutti possono fare questa scelta o investire in forni e spazi adatti a una linea del pane seria. La soluzione? Roberta non ha dubbi: “Acquistare pane buono, fa girare al meglio l’economia per tutti. Purtroppo ancora in pochissimi comprendono l’importanza di una scelta di questo tipo”.
Il suo cestino di pane? “Quello che proponevo alla Pergola, circa sette tipologie di pane dal sapore neutro tutte giocate sulle consistenze”. Nessuna aromatizzazione, nessun sapore invasivo: semplice, pulito ed elegante. Perfetto per accompagnare un pasto che davvero non avrebbe bisogno di altro. Uno spunto su cui si dovrebbe riflettere in molti.

a cura di Sara Bonamini
 

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