LSDM 2016 Report. Seconda giornata: Ana Roš, Scabin, Oriol Castro

20 Apr 2016, 11:15 | a cura di

Indagine sui confini della tradizione: dentro e fuori i confini nazionali, la mozzarella è la via d'accesso alle nuove interpretazioni della storia gastronomica.  


La contaminazione di piatti italiani

La chef Ana Roš (Hiša Franko – Kobarid) contamina un piatto tipicamente italiano per non tradire se stessa e le sue tradizioni. Il piatto in questione è il Brodetto, che sul palco de LSDM presenta scomposto e arricchito di elementi centro europei, come l'abbinamento agrodolce. “Sono partita da un revival del brodetto, ovvero una zuppa di pesce basata su triglia e scorfano col pomodoro, frutto che ho imparato a mangiare in Istria, regione con il miglior pomodoro del mondo”. Rischia grande Ana. Ma spiega: “Lì si mangia come una mela, credetemi: il pomodoro è davvero buono”. Tornando al brodetto, il piatto (pensato nemmeno ventiquattro ore prima) è composto da triglia, bruciata leggermente dalla parte della pelle, e scorfano fatto “nuotare in un mare di mozzarella”, ottenuto frullando la mozzarella con la sua acqua. Questo viene poi cotto a 52° C per venti minuti, al fine di raggiungere una consistenza simile a quella della mozzarella, e abbinato perfettamente al limone candito. Ai pesci, Ana ha aggiunto la cipolla candita in acqua di fiori d'arancio, la parte liquida della mozzarella leggermente affumicata, la parte solida lasciata essiccare, pan grattato fritto con le acciughe, fiori di aglio orsino, anguria marinata leggermente con il peperoncino (chiusa sottovuoto per dare il traslucido e una maggiore carnosità). Per finire una cialda di pomodoro cucinato con aglio e basilico. A legare il tutto, la base del brodetto preparato con teste, lische e pomodoro precedentemente candito nel forno. Stupisce la sua capacità di rispettare la qualità e l'identità dei prodotti, creando allo stesso tempo piatti nuovi. Questo implica una profonda conoscenza del prodotto che si va ad elaborare, una grande capacità tecnica e una predisposizione alla creatività senza tradire il punto di partenza.

È un atteggiamento che ricorda molto quello dello chef Silvio Salmoiraghi (Acquerello – Fagnano), il quale non parte da uno, ma da ben due grandi classici omonimi: la caprese, quella dolce e la salata. Ecco dunque l'Incontro delle due capresi. Un cioccolatino con ganache di latte e ricotta di bufala, emulsionati come fosse una mousse di cioccolato bianco, e un cuore di finta marinara, ovvero pomodoro verde marinato con aglio nuovo, origano, prezzemolo, limone e una grattugiata di liquirizia, a prolungare il gusto. Da accompagnare a una fetta di mozzarella di bufala per “sciacquare il palato”.

Ancora la tradizione, quella domestica, per Mark Moriarty (vincitore del San Pellegrino Young Chef 2015), giovane irlandese che guarda con ammirazione a un piatto povero, ma ricco negli aromi e nelle consistenze, come il minestrone. “Da noi esiste solo nelle zuppe Campbell's”. Di fronte alle possibilità date dalla varietà dei prodotti, l'impegno dello chef sta nella scelta degli ingredienti e nella cura nel lavorarli ognuno in modo diverso: le zucchine, fatte a palline, grigliate e passate in olio di oliva, i pomodorini, pelati e passati con olio e zucchero, i carciofi (incontro fortuito e felice sulle strade di Paestum) cotti con aceto e dragoncello, le molte erbe aromatiche e i fiori eduli, la pasta tagliata a fettine sottili e gli gnocchi dal sapore deciso, di mozzarella e parmigiano. Il brodo fresco, ispirato dalla primavera campana ed elaborato in modo estemporaneo, veicola la complessità di un piatto semplice ma ricchissimo, che incarna la migliore tradizione nostrana attraverso lo sguardo di un uomo del Nord.

La contaminazione delle due eccellenze italiane: pasta e riso

Davide Scabin, mozzarella alla Sorrentina

Perfettamente in linea con il tema contaminazioni è lo sfrontato (ma più pacato del solito?) Davide Scabin che al pubblico presenta la sua Salsa madre dalla quale partono tutte le salse, compresa quella per uno dei quattro piatti portati a LSDM. Questa parte dalla pasta scotta, anzi stracotta, ovvero una specie di “pongo” che serve a creare svariate preparazioni, dai sufflé ai bomboloni, alle salse. “La ricetta è facile: 800 g di acqua, 4 g di sale e 200 g di pasta. Si lascia in ebollizione fino a quando l'acqua viene assorbita totalmente e poi si emulsiona con il minipimer”. Sul palco Scabin porta altri tre piatti: la ormai teen-ager Zuppizza (ha ben 14 anni), la Mozzarella alla sorrentina e una specie di Granolada di mozzarella con marshmallow di pomodoro.

Stupisce forse meno Andrea Berton (Ristorante Berton – Milano) con il Risotto alla pizzaiola: un piatto che gioca la carta rassicurante della memoria gustativa. Dove l'impatto immediato di sapori già provati è totalmente appagante. Così come è appagante il risotto preparato dallo chef con l'acqua della mozzarella, mantecato con crema di mozzarella affumicata frullata assieme all'olio extravergine di oliva. A completare il piatto una base di polvere di olive e un top di polveri di capperi, pomodoro, porri e origano. A onor di cronaca Berton ha presentato altri due piatti, decisamente più “stupefacenti”: Mezze sfere di mozzarella con code d'acquadelle fritte e crema di broccolo e Piselli con teff e gelato di mozzarella.

Andrea Berton, sfere di mozzarella

La sfida si fa ancora più difficile per i fratelli Christian e Manuel Costardi (Christian e Manuel – Vercelli) che hanno pensato di mettere in gioco le due eccellenze italiane nello stesso piatto. Partendo del Sartù. “Abbiamo pensato alla ricetta classica, e qui guardiamo a Iaccarino e al suo sartù con le melanzane esterne”. Ma il riferimento è anche il timballo di pasta alla Norma con mozzarella di bufala, “contaminata con il nostro elemento, ovvero il riso”. Effettivamente i ragazzi stanno a Vercelli e in carta hanno ben venticinque risotti. “Che noi abbiamo messo all'esterno del timballo”. Il risultato è un timballo di pasta in crosta di riso.

 

Contaminazione significa anche esportare la cucina italiana nel mondo

Dal classico della cucina campana, passiamo allo chef che con la sua famiglia è il punto di riferimento della grande cultura gastronomica regionale in tutto il mondo. Parliamo di Ernesto Iaccarino (Don Alfonso 1890 – Sant'Agata sui due golfi) che inizia il suo intervento con una polemica sui talent televisivi, che “rappresentano la cucina come ambiente facile, in cui il cibo è spettacolarizzato”. Unico merito: hanno diffuso la cultura enogastronomica. Poi lo chef parla della sua esperienza all'interno di JRE (nominato a novembre 2015 presidente europeo, il primo italiano dopo 40 anni) e del Manifesto improntato su tracciabilità, identità e contaminazione. “Al quale seguirà un ragionamento più approfondito sui prodotti e, perché no, una provocazione al Parlamento Europeo con la proposta di indicare anche nei prodotti agroalimentari il nome del produttore, come avviene per i vini per intenderci”. Nel frattempo prepara tre piatti: gli Spaghetti con alalunga e sgombro, che in Giappone è presente in tutti i tristellati”, lo Gnocco ripieno di mozzarella affumicata con salsa di pomodoro cotta lentamente come il ragù, “reinterpretando gli gnocchi alla parigina con patate, senza burro e cotti al vapore”, i Cappelli di maialino casertano all'amatriciana con pomodoro giallo e tartufo nero del Molise, in una contaminazione più che altro regionale. Ma il tema della contaminazione Ernesto lo affronta tutti i giorni, incontrando i clienti stranieri che arrivano a Sant'Agata e viaggiando nei locali di famiglia sparsi in giro per il mondo. “A Macao abbiamo cinque proposte di zuppa, perché lì sono abituati a mangiare le zuppe, e in tutta la Cina abbiamo deciso di cuocere più a lungo la pasta perché tradizione vuole che, se non prepari riso e noodles soffici, non sei una brava massaia”. Poi lo chef campano annuncia l'apertura di un locale in Nuova Zelanda, a novembre: “un progetto enorme, quasi folle, voluto da un signore neozelandese che si è innamorato della nostra cucina”. Qualche anticipazione? “Pensate che ci sarà spazio per trecento agnelli e otto arnie su 800 ettari, così da non stressare le api!”.

Anche Franco Pepe (Pepe in grani – Caiazzo) fa un ragionamento sulla esportabilità della cucina e dei prodotti italiani all'estero. Ovviamente parla nello specifico della mozzarella di bufala. “Ho spesso grandi difficoltà nel parlare di pizza all'estero, perché mi trovo sempre di fronte a una mozzarella di bufala che ha più di due, tre giorni. Così mi sono chiesto se ci fosse una soluzione”. La soluzione gliel'hanno data gli stessi casari del casertano, i quali, insieme alla mozzarella, producono con lo stesso impasto la sfoglia di bufala o pettola, con il 40% di liquido in meno. “Ho trovato un prodotto che può essere facilmente esportato senza però alterare il sapore finale della pizza. Si presenta come una palla simile al mio impasto. Che, come il mio impasto, va stesa a mano”. Ma non è solo la somiglianza del gesto a convincere, perché questo prodotto risolve il problema dell'acqua in eccesso della mozzarella sulla pizza. Ed effettivamente assaggiando la Pizza con sfoglia di bufala e carciofi arrostiti, si nota la differenza.

Della contaminazione delle tradizioni straniere e dell'intoccabilità della materia

Mi piace lavorare con la natura non contro la natura” dice Magnus Ek (Oaxen Krog – Stoccolma, Svezia), uno dei pionieri della cucina del Nord Europa, e aggiunge “lavoro con i prodotti del mondo in cui vivo, quindi non con la mozzarella. Credo, però che dovrebbe essere lasciata integra”. Porta a Paestum la sua cucina nordica, tutta metodi di conservazione, aromi di bosco, acidità e accelerazioni improvvise in cui, ospite d'onore, arriva la mozzarella. Mela e topinambur è un piatto che racconta un territorio umbratile e brulicante: semi di carvi tostati, aneto, lattuga grigliata, pelle di maiale soffiata. È uno spettro di sapori inconsueti e non mediterranei in cui si inserisce il dolce del latte e il richiamo acidulo della mozzarella a piccoli pezzi. Cetriolo, erbe selvatiche, olio da germogli di pino, grano saraceno tostato, vaniglia, panna è invece una minestra fredda, ricca e scattante, di chiara impronta nordica, in cui la mozzarella trova spazio al centro del piatto, intoccabile e pura. Ed è una costante per molti degli chef stranieri che si sono confrontati con il latticino.

 

Leonardo Pereira, cavolo rosso con kefir

Si spinge ancora più in là il portoghese Leonardo Pereira che preferisce non affrontarla direttamente (“Ha una tradizione così importante ed è un prodotto così ricco che non mi sento pronto” spiega), ma usa il liquido di governo nel tempeh fatto in casa e il latte di bufala per il kefir. Due preparazioni esotiche che rivelano la sua passione per le fermentazioni da impiegare in piatti dalla semplicità estrema, come gli Asparagi bianchi, tempeh e petali di papavero, o il Cavolo rosso alla griglia con il kefir di bufala e fiori di rosmarino. Pereira, che a breve aprirà il suo ristorante a Lisbona, è uno degli esponenti della nuova cucina portoghese e vuole far rivivere la grande biodiversità locale, oggi quasi dimenticata, con un approccio a tutta spontaneità per contrastare la perdita di cultura gastronomica.

Sono abituato ad adattare le ricette ai prodotti del posto” dice il francese Jacques Genin. Perché delle sue ricette con le sue materie prime è già sicuro, spiega, mentre vuole lavorare con prodotti freschissimi locali e così farà anche nel locale che aprirà in Giappone. È un approccio viscerale con il suo lavoro “ecco perché amo questo mestiere: perché quando sono sicuro di aver capito e di fare un ottimo prodotto, le cose possono cambiare e mi stupisco di nuovo”. Con le materie prime campane interpreta in chiave mediterranea un dolce internazionale come la Cheesecake. Protagonista è la ricotta, a sostituire il classico formaggio bianco, più grasso e liquido. Setacciata per ritrovarne la struttura granulosa, lavorata con scrupolo per ottenere un impasto soffice, quasi soffiato, e con un punto bassissimo di zucchero che la rende indimenticabile.

Fatta propria la lezione dell'arte barocca, Oriol Castro (Disfrutar – Barcelona, Spagna) ne esplora le potenzialità in cucina, e lo fa a partire dalla perfetta padronanza degli ingredienti e degli strumenti a sua disposizione, tra calembour e giochi sintattici. “È del poeta il fin la meraviglia” diceva nel '600 Giambattista Marino, lo stesso obiettivo dello chef che ritroviamo nella finta oliva che racchiude un cuore liquido sotto la superficie croccante, o nell'uovo con il tuorlo fritto, persino nella sua carbonara (“è solo la mia versione, non è la carbonara” sottolinea, forse intimorito da possibili insurrezioni) che finisce nel cortocircuito sensoriale con la pasta creata da un gel di brodo di carne e la salsa trasformata in spuma. Divertissement, sì, ma che prevede una profonda conoscenza del prodotto. Così racconta l'arrivo dei latticini campani in Spagna, quasi una mistery box con mozzarella, anche affumicata, il suo liquido di governo, latte, ricotta. Inizia allora un viaggio alla scoperta degli ingredienti: “È un sapore completo” dice a proposito della mozzarella “un prodotto da rispettare, vivo, soggetto a moltissime variabili e che cambia al passare dei giorni” nell'intensità dei sapori e nella consistenza, che nel tempo avvicina a quella dello stracchino. “Non volevo proporre un piatto, ma invitare a riflettere” dice. E per farlo porta in assaggio cubetti di mozzarella liofilizzata, da idratare in bocca per studiarne la consistenza, in abbinata al liquido di governo e al latticello da bere. Un'esperienza che rivela le sfumature, anche le più forti e inaspettate, del latticino e invita a scoprire le ragioni del nostro piacere nell'assaporarlo. Un viaggio dentro la mozzarella, nient’altro che la mozzarella.

 

Nonostante la manifestazione sia incentrata su un prodotto e necessariamente sulla cucina, non sono mancati alcuni richiami al valore fondamentale della sala, uno dei fratelli Costardi e l'altro di Scabin, perfettamente allineati su un concetto di base: senza la sala non c'è cucina che tenga. “I giovani devono dunque capire che fare il cameriere è un lavoro dignitoso che comporta diventare maitre, sommelier e cameriere allo stesso tempo”. Chiosa Scabin presentando il suo prossimo progetto dedicato alla formazione e alla sala.

 

LSDM | Paestum (SA) | Savoy Beach Hotel | il 18 e 19 aprile | www.lsdm.it

 

a cura di Antonella De Santis a Annalisa Zordan

 

Per leggere LSDM 2016 Report. Prima giornata: Crippa, Klugmann, Colagreco clicca qui

 

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram