Martin Parr e il cibo. Intervista con il fotografo più dissacrante di sempre

1 Feb 2017, 13:30 | a cura di

Le sue foto sono molto forti, con colori saturi e un impatto agli antipodi dalle classiche immagini del cibo gourmet. Ha uno stile riconoscibile, che occhieggia al food porn e indulge con ironia a cibo di consumo quotidiano, junk food incluso.

Martin Parr è uno dei fotografi più provocatori del panorama contemporaneo, sempre in bilico tra ricerca antropologica e uno stile dissacrante, noto per i suoi scatti molto saturati e per i soggetti pop che caratterizzano le sue immagini. Alla fine del 2016 è uscito Real Food (ed. Phaidon), una raccolta dei suoi migliori scatti che hanno come tema il cibo peggiore che si possa desiderare, ma che viene quotidianamente acquistato in tutto il mondo.

 

Martin ParrMartin Parr

 

Cosa è il “foodporn”?

Siamo circondati dal food porn. Ormai tutti quanti fotografano il cibo specialmente quando vanno in un ristorante costoso. Possiamo definirlo un cambiamento nelle mode sociali.

 

In un periodo storico come questo che stiamo vivendo, dove qualsiasi cibo diventa elemento esibizione e richiamo pubblicitario, quanto conta il piacere estetico e il gusto in ciò che effettivamente mangiamo?

Ovviamente c'è bisogno del cibo per vivere, ma col benessere il cibo diventa più sofisticato, e comprare dei pasti più elaborati e andare fuori a mangiare è diventato molto popolare. E questo specialmente in Italia dove c'è una forte tradizione gastronomica e dove il cambiamento comunque è meno evidente, mentre in un paese come la Gran Bretagna la trasformazione dell'approccio al cibo è stata molto più drammatica. Il piacere sensoriale è certamente importante e ovviamente un piatto deve essere anche bello e ben presentato. Io però non fotografo solo cibo gourmet, ma anche junk food perché permette di fare foto molto più interessanti.

Martin ParrUno scatto di Martin Parr

 

Qual è il suo punto di vista su Instagram? È la fine della fotografia come l'abbiamo sempre intesa o può essere uno strumento per interpretare la realtà che ci circonda?

Lo uso da poco, diciamo da meno di un anno. Mi piace Instagram, e mi piacciono tutte queste piattaforme dove le persone possono postare foto perché in passato questo settore era ristretto a un piccolo gruppo di persone come editori e fotografi professionisti, quindi sono favorevole.

 

Qual è il suo rapporto con il cibo? I suoi piatti preferiti? Qual è la sua cucina preferita?

Sono un grande fan del cibo italiano. Mi piacciono tutti i classici della cucina italiana e i suoi prodotti. L'altra mia cucina preferita è quella giapponese.

 

Cosa le piace mangiare quando si trova in Italia?

Un buon piatto di pasta è difficile da battere.

 

Qual è il cibo più strano che hai mangiato durante uno dei tuoi tanti viaggi in giro per il mondo?

Quando vado in Cina rimango stupito. Loro sono abituati a cucinare tutto ciò che ha delle gambe, a parte i tavoli, quindi probabilmente ho mangiato qualcosa che non sapevo cosa fosse e non voglio saperlo neanche ora. Mangiano veramente di tutto, anche le zampe d'anatra.

 

Si trova mai nella situazione di mangiare cibo a cui normalmente dedicherebbe solo uno scatto?

Generalmente no, anche se non mi dispiace il junk food. Spesso mi capita prima di fotografarlo e poi di mangiarlo. È raro che trovi qualcosa che mi disgusti a tal punto da non riuscire ad assaggiarlo.

 

Pensa che la critica gastronomica possa godere oggi di un aiuto in più nella food photography o che questa debba essere riservata solamente al marketing e al canale pubblicitario?

Certamente, la fotografia che trovi sul menu o su Tripadvisor può aiutare i clienti nella scelta.

 

Henri Cartier-Bresson, suo grande estimatore, diceva che lei veniva da un altro pianeta. Nella sua vita ha trovato anche colleghi che non hanno capito il suo stile e il suo approccio (penso a Philip Jones Griffiths che nel 1994 non sostenne l'ingresso alla Magnum come full member). Oggi rivede in qualche giovane fotografo il suo stile dissacrante e di analisi antropologica della società?

Bresson era un po' ambivalente sul giudizio delle mie opere. Ne aveva apprezzate molto alcune, mentre altre non gli piacevano proprio. Per quanto riguarda i giovani suppongo di sì, puoi vedere l'influenza a volte, ma è difficile pensare a dei nomi in particolare in questo momento. Sono consapevole che ci sono delle persone che prendono spunto dal linguaggio che io ho sviluppato, ma è normale. Da sempre si prendono in prestito idee: è successo a me e succede agli altri. È un modo salutare di scambiarsi idee.

 

Perché nel 1983 ha deciso di passare dal bianco e nero al colore scegliendo di usare toni così saturi?

Perché è il linguaggio delle campagne pubblicitarie commerciali.

 

Marti ParrUno scatto di Martin Parr

 

Per ottenere questi colori sceglie giornate od orari particolari?

No, io fotografo 24 ore al giorno, non tutti i giorni, ma comunque a qualsiasi ora.

 

E riguardo alla luce e al flash? Quali sono le sue scelte?

Per le foto di cibo uso quasi esclusivamente il ring flash perché mi dà il look che voglio avere in quel tipo di scatti.

 

Chi sono stati i fotografi che ha sempre considerato degli esempi da cui imparare?

Stephen Shore per esempio, professionisti come lui.

 

Sua figlia Ellen è una chef che, insieme alla designer Alice Hodge, gestisce un sito di organizzazione eventi e cene tematiche chiamato The Art of Dining. Nel 2014 in Giappone ha svolto una serie di cene che avevano per tema le ricette dei suoi scatti. Le ha fatto impressione assaggiarli? Mangia spesso i piatti di Ellen?

Le cene tematiche le ha fatte in Giappone, a Londra e in Germania. Lei è una chef molto brava e i suoi piatti sono estremamente gustosi. È molto surreale mangiare quello che io ho fotografato. Si, mangio i suoi piatti anche se non troppo spesso, ma cerco sempre di andare ai suoi eventi. Non torna spesso a casa, ma quando viene è lei che sta dietro i fornelli.

 

Real FoodReal Food. Martin Parr

 

a cura di Indra Galbo e Michela Becchi

 

 

 

 

 

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