Pantelleria e Salina. Ovvero le isole dei capperi

29 Set 2017, 13:00 | a cura di

Elemento essenziale per insaporire i piatti, insieme alla vite e all'olivo, è un prodotto simbolo delle colture mediterranee e fa parte del patrimonio identitario della cultura insulare. A fronte di un consumo nazionale di circa 10 mila quintali all'anno, la nostra offerta non supera i 2500

Seppur molto lontane tra loro, oltre 550 km, Pantelleria e Salina, hanno in comune delle antiche tradizioni agricole. A partire dal vino che entrambe producono con sistemi di appassimento assai simili, dalle uve zibibbo nel primo caso e dalle uve malvasia nel secondo, ma anche per la coltivazione dei capperi, che subiscono un processo di lavorazione simile cioè prima in salamoia e poi sotto sale marino. Non a caso, le due piccole isole sono il riferimento della produzione nazionale di qualità.

Nel nostro Paese ogni anno si producono circa 2500 quintali di prodotto. Il 70% proviene da Pantelleria, che tra l'altro produce circa il 30% del fabbisogno nazionale, e circa 200-300 quintali da Salina mentre la restante parte viene prodotta più che altro in Puglia e anche in Sardegna (per esempio, nell'agro di Selargius, se ne raccolgono una ventina di quintali).

 

Il Cappero di Pantelleria

Il raccolto 2017 è andato decisamente migliore del pessimo 2016. "Quest'anno sta andando molto meglio dell'anno scorso – solo 500 ql - perché la pioggia tra dicembre/gennaio ha rimesso le cose a posto" dice Saro Cappadona, responsabile marketing della Cooperativa Agricola Produttori Capperi "L'acqua infatti non solo ha dissetato una terra esausta per la siccità ma ha decimato le uova della cimice asiatica che lo scorso anno aveva duramente colpito le piante. Nel 2017 la produzione è tornata a circa 1000 quintali. Anche la remunerazione per i contadini è buona – circa 9.50 al kg- tanto che alcuni si sono sentiti invogliati ad impiantare nuovi cappereti".Dal 1996 il Cappero di Pantelleria è a Indicazione geografica protetta (Igp), l’unico in Italia ad avere il riconoscimento europeo, ed è il frutto di una selezione genetica operata dai contadini panteschi nel corso dei secoli (Capparis spinosa, varietà Inermis, Cultivar nocellara).

 

Il Cappero di Salina

Daniela Virgona, produttrice di malvasia e di capperi – quest'anno ne ha raccolti 20 q.li - è presidente del Consorzio di tutela del Cappero e Cucuncio di Salina, presidio Slow Food da quindici anni - a cui aderiscono 5 aziende e diversi piccoli produttori. Ci racconta che "Ormai però il cappero si raccoglie solo da maggio a luglio e non più fino a settembre come si usava una volta. L'effetto del clima e gli attacchi degli insetti, influisce ogni anno di più sulla produzione totale".

Capperi di PantelleriaCapperi di Pantelleria

I danni degli insetti

A Salina dal 1985 la cavolaia, un lepidottero, ha provocato non pochi danni alle piante di cappero, intaccandone la corteccia. Poi si è aggiunto un dittero, una sorta di mosca, che specialmente d'estate aggredisce i cappereti, facendo diminuire la produzione. Insomma gli stessi effetti nefasti che a Pantelleria che provoca la Bagrada hilaris, una cimice di origine asiatica, presente sin dagli anni Settanta che a causa dell’aumento delle temperature e della siccità, ha ampliato la sua diffusione in altri areali. L’insetto, iniettando una saliva tossica, provoca l’arresto della produzione di clorofilla, interrompendo così la normale cadenza del ciclo produttivo.

 

Il futuro è nel biologico?

Gabriele Lasagni, amministratore delegato della Bonomo&Giglio, capperificio commerciale ma anche azienda agricola e laboratorio, esporta capperi di Pantelleria in 25 paesi nel mondo proponendo specialità tra cui foglie di cappero in olio, capperi croccanti, polvere di capperi, granella di cucunci "Noi pensiamo che il futuro della produzione sarà nel biologico" dice Lasagni "e per questo ci siamo attrezzati fondando una società agricola biologica con un cappereto. Oggi è necessario ri-pensare e re-inventare un modo sostenibile per l'approccio all’agricoltura dell’isola, solo così si riuscirà a dare futuro e prospettiva al prodotto".

 

La richiesta della Igp per il Cappero di Salina

Pur essendo la coltivazione una tradizione diffusa in tutte le isole Eolie, Salina da tempo ha affermato il suo ruolo di punto di riferimento, anche quantitivo, della produzione dell'arcipelago tanto che si stima che nelle altre isole si produca meno del 10% del totale di Salina "Attualmente siamo impegnati in un censimento del numero di piante presenti nei nostri cappereti, l'unico strumento in grado di fotografare realmente la situazione degli impianti" continua Daniela Virgona "anche perché questa sarà la base per presentare un nostro disciplinare di produzione e attivare all'Igp Cappero di Salina, isola che da ben 26 anni celebra, nella prima settimana di giugno, la Sagra del Cappero".

 

La battaglia dell'identità tra Salina e il resto delle Eolie

Nel luglio 2016 nell'isola di Lipari un gruppo di 67 soci ha costituito l’Associazione Cappero delle Isole Eolie Dopcon l'obiettivo di valorizzare e salvaguardare la produzione – per lo più familiare - anche delle altre isole eoliane. L'intento sarebbe di valorizzare l’intero territorio dell'arcipelago promuovendo e tutelando il prodotto "si creerebbero opportunità di sviluppo"sostiene l'Associazione "con ricadute positive sull’occupazione, sul reddito e sulla qualità della vita delle popolazioni locali". Attualmente però l'intera produzione delle isole eoliane è circa un decimo, forse meno, di quella di Salina.

A luglio 2017 è stato proposto, durante un'adunanza pubblica alla presenza dei funzionari Mipaaf, il disciplinare del Cappero delle Isole Eolie Dop. Un disciplinare che ha provocato non poche perplessità, per la produzione annua cumulativa prevista (capperi e cucunci) max di 90 q.li/ettaro considerata molto elevata quando nella realtà oggi si raccolgono circa 2 kg per pianta e 40 q.li/ettaro.La proposta di disciplinare non è stata accolta anche per l'opposizione sia dei produttori di Salina sia dei Sindaci Clara Rametta, Riccardo Gullo e Domenico Arabia, rispettivamente primi cittadini dei comuni di Malfa, Leni e Santa Marina Salina, i quali sostengono che "se Dop (denominazione origine protetta) deve essere, deve denominarsi Cappero di Salina, esattamente come è conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo, e non genericamente cappero delle Eolie. I capperi provenienti da altri paesi" hanno puntualizzato i sindaci "non devono essere spacciati per quelli di Salina" . Lotte di campanile a parte - perché c'è anche questo aspetto - il problema potrebbe essere risolto con il buon senso dando il giusto riconoscimento al lavoro che a Salina è stato svolto e grazie al quale, la domanda di capperi eoliani, continua a crescere.

 

Un grande spazio di mercato per tutti

In Italia il consumo di capperi si aggira sui 10mila quintali all'anno mentre la produzione non supera i 2500. Insomma il mercato c'è e la domanda pure. Sul fronte dell'offerta nazionale si può fare ancora molto proprio a partire dalle piccole isole dei capperi, Salina, Pantelleria e tutte le altre che, turismo e vino a parte, non hanno altre grandi opportunità agricole. Non a prezzi da svendita però. Il cappero non è solo gustoso ma anche molto prezioso. La fatica e la qualità, devono essere giustamente ripagate.

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

 

 

 

 

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