Il ritorno di Eynard, elfo della Val di Susa

19 Lug 2012, 12:57 | a cura di

Walter Eynard non è soltanto un grande chef. È uno che si mette in gioco e  che ama giocare, con i gusti e con le materie prime del territorio. Ed è curioso, sempre. «Bisogna essere curiosi» sentenzia convinto. Delle sue molte qualità aveva già dato prova diversi anni fa (più di 30 a voler essere pignoli, era il 1981) quando aveva rilevato Flipot, storico ristorante di Torre Pellice, nelle valli piemontesi, e aveva cominciato la sua avventura nella cucina di ricerca. Le ricette storiche dei valdesi, le tradizioni della cucina di montagna e delle erbe. Poi aveva rinunciato alle sue due stelle per riprendersi un po’ la vita, e aveva aperto a due passi La crota dl’ours (la cantina/tana dell’orso, in piemontese) uno spazio conviviale e più informale, senza troppi orari da rispettare.

Quindi, di nuovo Flipot, ma con misura, per eventi, su prenotazione.

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E oggi inizia una nuova avventura (o forse, meglio, sempre la stessa, ma rivisitata) al Capricorno, delizioso hotel-chalet, 4 stelle, a 1800 metri sulle montagne della Val di Susa, ai margini del parco naturale del Gran Bosco di Salbeltrand. Anche l’hotel ha la sua bella storia, cominciata negli anni ‘60 ed è uno di quei posti dove ti rilassi davvero e sei coccolato tutto il tempo: solo 10 camere, un’atmosfera da casa privata dove ci sente ospiti-amici, molto legno, fiori, collezioni di ceramiche Lenci e quadri, una vera costellazione di dipinti a tema San Giorgio, il “patrono elettivo” del posto, l’orto, le casette per gli uccellini, i caprioli che vengono a brucare nel prato all’alba… una location magica.

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Quello fra il proprietario, un  medico torinese appassionato d’arte e buona tavola, e Walter Eynard è stato uno di quegli incontri fatali: stessa identità di vedute, stesso entusiasmo. E dopo lunghe chiacchierate e serate passate a provare e degustare piatti (si narra di una degustazione-fiume, 24 portate e 8 dessert!), è nato il nuovo corso del Naskira, il ristorante del Capricorno (Naskira è una stella, la più luminosa: e quassù di stelle se ne vedono un’infinità).

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Incontriamo Walter sulla terrazza inondata di sole dello chalet. La barba un po’ più bianca, ma la stessa luce negli occhi e il sorriso divertito del ragazzo di trent’anni fa (ma  forse in realtà è un elfo delle montagne, a cui qualche incantesimo ha dato fattezze umane).

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È nel suo elemento, la montagna, giusto un paio di valli più in là della Val Pellice dove è nato. E subito ci spiega il suo metodo, in apparenza così semplice: scoprire e lasciarsi guidare dal territorio.

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«Qui esco, e trovo le erbe delle mie montagne, come quel cespuglio di timo serpillo, o gli aghi di pino, e mi metto a creare. Giorni fa con un ramo di pino ho inventato il gelato agli aghi di pino, con un po’ di panna, latte, miele, zucchero, gin. E poi le ortiche, i fiori: tutto può diventare commestibile qui».

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Uno dei piatti nel menù che propone al Capricorno è la Trota cotta nella corteccia di larice ai sentori di sottobosco: «È nato mentre passeggiavo nel bosco con il mio cane. E ho pensato: mi piacerebbe portare in tavola il profumo del bosco».

La cucina delle erbe e delle piante di montagna è sempre stata un credo assoluto, per Eynard. Che anche in Val di Susa punta a ritrovare le tradizioni più autentiche e l’identità di una cucina del territorio che rischia sempre di più di venire omologata.

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«Penso che la cosa più importante sia fare rete, ossia creare una rete di produttori della zona: il formaggiaio che porta le tome giù al mercato di Sauze, il produttore di patate di montagna, di miele, di vino, come il Ramié del Pinerolese…». E nella nuova carta del Capricorno, qual è il filo conduttore? «Abbiamo mantenuto diverse delle ricette storiche di Maria Rosa, la vecchia cuoca, come il Portafoglio di sottofiletto spesso con la fontina e il prosciutto, cotto in padella con un po’ di brandy e le erbe aromatiche. E poi l’insalata russa, il finto pesce: i piatti tradizionali della cucina casalinga in Piemonte. Io ho aggiunto le mie ricette: aspic di coniglio e foie gras in gelatina di passito di Chiomonte, lepre alle bacche selvatiche, gnocchi filanti di patate della Val Susa, carrè di agnello cotto nel fieno di maggio (nella foto)… Anche un banale prosciutto e melone che ripropongo come “crudo in gioco”. 4: diversi prosciutti, San Daniele, Parma, Patanegra e Sauris (e stiamo cercando di avere anche un prosciutto della valle, ma per ora la produzione è troppo limitata) con 4 diverse consistenze di melone: al barolo chinato, in gelée, in versione spuma sifonata, in sorbetto. Oppure il vitello tonnato classico, che servo con una quenelle di acciughe, fiore di capperi e tonno».

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Il menù è una scoperta invitante, e la carta dei vini da rifarsi gli occhi e il palato, con la raffinatezza di una serie di vini tutti accomunati dal nome del vigneto, San Giorgio. Ma come sarà la carta della prossima stagione? «Beh, invece della trota ci saranno carpe o il baccalà, altra tradizione piemontese; un filetto di cervo cucinato con pino mugo e spezie; carni rosse, o magari la faraona, con estratto di pigne; la pasta fatta con la farina di castagne… E in autunno magari penseremo anche a incontri per raccontare i sapori e i colori della montagna, quando questi boschi si accendono di tutte le sfumature di rosso».

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Ancora il leit motiv del territorio e dei profumi della montagna… «Certo, sempre con materie prime di qualità e le erbe e le piante della montagna. Quando ho lavorato con Georges Blanc a Vonnas, facevamo  la crêpe parmentière con salmone affumicato e caviale sopra. Io nel mio ristorante ne proponevo una versione del territorio, con la mustardela e i porri,  piaceva molto e costava molto meno».
Ecco, i costi e i prezzi! Oggi sono una discriminante nell’impostazione di un menu, di una linea di cucina? «Qui al Capricorno proponiamo il mio menù degustazione di 4 portate a 60 euro. Ma alla carta, un primo piatto costa 13-15 euro e un secondo tra 18 e 24. Certo, oggi occorre stare più attenti anche ai costi: ma quello in cui credo davvero è la necessità di sperimentare nuove proposte, più abbordabili ma ugualmente interessanti. Il risotto per esempio io non lo preparo con un Barolo, ma con l’Avanà, un vino della valle di Susa: è meno facile rispetto a un grande vino, occorre equilibrare con attenzione l’acidità, ma il risultato è piacevole, e il prezzo più contenuto. E poi occorre badare un po’ a tutti i costi: attorno al ristorante di Blanc per esempio ruotavamo in decine di persone; in un piccolo ristorante curato come questo posso contare su quattro giovani bravi e appassionati: Andrea, pasticcere (e i dolci che prepara per la colazione sono una delizia, ndr), Lorenzo, Simone e Cristina».(nella foto qui sotto)

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Poi ci sono Paolo, che coordina la sala e l’hotel, e Mauro (nella foto qui sopra). Tutti e due sono barman  di talento: la carta dei cocktail è impeccabile e il cocktail Naskira, analcolico alla frutta e il Capricorno,con vodka e prosecco, sono da provare, con stuzzichini giusti, formaggi e grissini sottili come fili.

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Ci congediamo da Walter, che ha lavorato con grandi chef un po’ in tutto il mondo, da Blanc a Troisgros, giusto per citarne un paio, con un’ultima curiosità: dove va la gastronomia di oggi, quale sarà la tendenza, il futuro della ristorazione? «Negli ultimi c’è stata un po’ un’ubriacatura, utile per carità: ma ora tocca tornare secondo me al territorio e alle tradizioni. Io credo molto  nel valorizzare e promuovere la cucina e i prodotti di montagna, e far nascere una rete di sinergie operative in tutta la valle. Quel che succederà poi… ci penserò quando sarò un po’ più vecchio». Bugia. Gli elfi delle montagne non invecchiano mai.

Ristorante Naskira | Chalet Il Capricorno | via Case Sparse 21 | Sauze d'Oulx-Via Lattea (TO) | tel.0122 850 273 | www-chaletilcapricorno.it

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testo di Rosalba Graglia
foto di Dario Bragaglia

19 luglio 2012

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