Olio di qualità. Nasce il PIQ, l’indice che misura il valore qualitativo dell’extravergine italiano. Guardando alla filiera

19 Giu 2015, 09:56 | a cura di
È un settore in crescita, di pari passo con una consapevolezza del consumatore che aumenta stimolata da strumenti che orientano la scelta, come la guida Oli d’Italia del Gambero Rosso. Ma il 40% dell’extravergine italiano continua a essere di qualità superiore. Ecco come riconoscerlo con il PIQ.

Olio made in Italy. Quel 40% di qualità superiore

Il comparto oleario made in Italy regala grandi soddisfazioni (come dimostra ogni anno la qualità degli oli premiati dalla guida Oli d’Italia del Gambero Rosso). E altrettanti rischi dovuti a una cattiva conoscenza della materia, ancora sconosciuta ai più, che si accontentano di acquistare un prodotto di qualità scadente senza prestare attenzione a provenienza, lavorazione , prezzo (un olio extravergine d’oliva che risponda a una filiera d’eccellenza non può costare poco!).
Eppure, il 40% dell’olio extravergine di oliva italiano è qualitativamente superiore al resto della produzione nazionale, lo dice la ricerca che Symbola e Cra (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’economia agraria) hanno portato avanti per arrivare a determinare il cosiddetto PIQ, in collaborazione con Coldiretti e Unaprol.

Il PIQ. Cos’è?

Di cosa si tratta e quali sono i parametri presi in considerazione? Il discorso si sposta su un piano che va ben oltre il riconoscimento della qualità organolettica del prodotto, e guarda alla filiera in tutti i suoi passaggi - dalla terra alla molitura, alla distribuzione – per verificarne sostenibilità, rispetto per il capitale umano, gestione di risorse e rifiuti, certificazioni e capacità di ridurre l’uso di fitofarmaci, anche in funzione dei parametri di qualità salutistica. Ecco come nasce il PIQ, prodotto interno di qualità, presentato a Expo presso il Padiglione Coldiretti alla presenza del Ministro Martina con l’intento di tutelare la filiera dell’extravergine italiano.
E sono ben 102 gli indicatori che vanno a sommarsi nel definire un pannello completo di informazioni sulle diverse fasi produttive dell’olio, che garantirà anche di tenere sotto controllo il ricorso a pratiche scorrette adottate come correttivi in annate sfortunate.

La forbice del comparto oleario: qualità o quantità?

Anche perché è giusto premiare quella aziende che con impegno e coraggio continuano a alzare l’asticella della qualità a dispetto di un panorama nazionale che si polarizza sempre di più, facendo registrare un grande divario tra le realtà virtuose e le aziende in difficoltà che scelgono di tagliare sulla qualità puntando sulla quantità (il rapporto è di 39,2% contro il 60,5% calcolati sul totale nazionale).
Il Piq quindi potrà essere considerato il primo database per valutare gli olii in commercio, a vantaggio di una trasparenza di cui beneficiano tutti: le istituzioni di controllo, le imprese del settore e – non ultimi – i consumatori (considerando che in rete il 12,8% degli utenti dichiara di scegliere “un olio qualsiasi”). Insomma, uno strumento per riconsiderare il valore economico alla luce della qualità produttiva: quanta parte del Pil del nostro Paese è riconducibile alla qualità?

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