Cile. Approvati i parchi marini di Juan Fernández e Cabo de Hornos

30 Gen 2018, 15:30 | a cura di

Il Consiglio dei ministri per la sostenibilità cileno ha approvato la creazione dei parchi marini a Juan Fernández e Cabo de Hornos. Progetti annunciati dalla Presidente Michelle Bachelet a giugno del 2017, messi però sotto attacco dalle lobby di pesca industriale.  

Il Consiglio dei ministri per la sostenibilità, presieduto dal Ministro dell'ambiente Marcelo Mena, ha approvato la creazione di due nuovi parchi marini in Cile, che insieme raggiungono oltre 420 mila chilometri quadrati di area marina protetta, la più grande delle Americhe. “Celebriamo la creazione storica di due nuovi parchi marini nell'Arcipelago Juan Fernández e a Cabo de Hornos, che si traduce in un'area di conservazione che consentirà il recupero di specie attualmente sovrasfruttate che proteggono ecosistemi unici, come l'otaria orsina di Juan Fernández, il bacalao de profundidad (Nototenide della Patagonia) o il centollón (Paralomis granulosa) nella zona di Cabo de Hornos”, ha dichiarato il Ministro. Sono circa 130 le specie oggetto di conservazione, tra cui ci sono anche il tonno rosso, lo squalo mako, la tartaruga liuto. “Questa è la più grande creazione di un'area di conservazione marina nella storia dell'America continentale, e ci pone in prima linea nella conservazione globale dell'oceano”. Una storia andata a buon fine, ma che è stata oggetto di ostruzionismo da parte della lobby di pesca industriale.

Il parco marino di Juan Fernández e i suoi pescatori

La prima di queste nuove aree protette corrisponde al parco marino dell'Arcipelago Juan Fernández, il cui nome deriva dall'omonimo navigatore spagnolo che lo scoprì tra il 1563 e il 1574. Usato anche come covo di pirati e corsari, oggi è un ecosistema ricchissimo, caratterizzato da diverse specie endemiche. Questo anche grazie agli abitanti di Robinson Crusoe, unica isola abitata dell'arcipelago (il nome è legato all'avventura di Alejandro Selkirk, diventata mitica grazie al romanzo di Daniel Defoe), che hanno saputo sfruttare le loro risorse in modo sostenibile per decenni, diventando un esempio per il mondo. Una visione conservazionista, onesta, consapevole del fatto che le risorse possano essere eterne purché siano curate e rispettate. Un chiaro riflesso di questa visione è il modo in cui pescano le aragoste, la loro principale fonte di reddito: si pescano solo tra il 1° ottobre e il 14 maggio, calando in mare trappole rettangolari fatte dagli stessi pescatori con i rami del maqui, un albero locale. Se poi non hanno almeno 12 anni di età vengono rigettate in mare, così vuole il Sindacato dei Pescatori Artigianali dell’Arcipelago Juan Fernandez, che porta avanti questo modo di pescare in collaborazione con Slow Food. Una modalità che rispetta le risorse, l'ambiente e gli altri pescatori; non solo quelli attuali ma anche quelli delle generazioni future.

Pesci nell'arcipelago di Juan Fernandez

La petizione #sueñodejuanfernández

Questi pescatori sono avanti a qualsiasi regolamento governativo grazie alla propria conoscenza dei cicli biologici dell'aragosta; nel mondo non ci sono molti casi come questo. Non solo, quando hanno visto che la proposta dei parchi marini stava rischiando di non andare in porto perché messa sotto scacco dalla pesca industriale, che voleva ridurre dell'80% le dimensioni dell'area marina protetta, hanno dato vita a una mobilitazione che denunciasse la lobby e diffondesse il loro modello di pesca artigianale centenario. A sostenere la loro causa molti attivisti, figure pubbliche come Miguel Bosé e chef come Andoni Luis Aduriz, Jordi Roca, Gaston Acurio, Diego Guerrero, Mitsuharu 'Micha' Tsumura, Virgilio Martinez, Sergi Arola, Massimo Bottura, Mauro Colagreco. Che hanno deciso di esprimere il loro appoggio tramite i social network, specie su Instagram con l'hashtag #sueñodejuanfernández. Missione compiuta. E a dire il vero superata: la seconda area marina protetta è quella di Cabo de Hornos, che copre un'area totale di 140 mila chilometri quadrati. Una bella storia a lieto fine, che è diventata anche oggetto del documentario di NatGeo, “Juan Fernández: The Sea Forever”.

 

a cura di Annalisa Zordan

 

 

 

 

 

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