Quanto Basta. Il film con Vinicio Marchioni che supera la diversità in cucina

19 Feb 2018, 13:30 | a cura di

Arturo è un ex chef di successo, rovinato dalla sua aggressività; Guido un ragazzo affetto da sindrome di Asperger, intelligenza brillante e talento da vendere in cucina. Quando i due si incontrano nasce un’amicizia profonda, e chi deve aiutare finirà per essere aiutato a sua volta. L’ultimo film di Francesco Falaschi porta in scena le risorse della disabilità, attraverso il potere comunicativo del cibo. 


Una storia di cucina e amicizia

Quanto Basta è un film che del mondo della cucina porta molto sul grande schermo. Il titolo, dunque, che attinge al gergo tipico delle ricette, non mente. Ma chi si aspetta di entrare in sala per vedere l’ennesima parabola di qualche chef in cerca delle stelle o assistere alla scintilla che scocca tra due innamorati complici proprio fornelli e corteggiamenti a tavola (i copioni del genere, ormai, non si contano più) dovrà ricredersi. Perché Quanto Basta, per la regia di Francesco Falaschi (sceneggiatura di Ugo Chiti Filippo Bologna), sull’amore e la riscoperta dell’altro costruisce sì l’intera regia del film che uscirà nelle sale il prossimo 5 aprile, ma con l’obiettivo di portare in scena il valore della diversità nel senso più concreto del termine. E cioè quella capacità, inaspettata, di farsi sorprendere dalla tenacia di un altro, incontrato per caso, che ha sempre vissuto in un mondo molto diverso dal proprio. E così le prospettive cambiano: l’uno impara dall’altro, in un percorso di sostegno reciproco che porterà entrambi a crescere. Grazie alla cucina. Il film prodotto da Notorious Pictures, insomma, non è la solita commedia: protagonista sulla scena è Vinicio Marchioni, che molti ricorderanno alla prova col Freddo di Romanzo Criminale, e, a Roma, è pure proprietario di un ristorante, Casa Ripetta.

Lo chef burrascoso, il ragazzo “diverso”

A lui il compito di interpretare il più classico dei cliché, Arturo, chef di grande talento ma intrattabile, che proprio per colpa dell’aggressività ha finito per compromettere la sua carriera (nel calderone degli stereotipi ci finisce un po’ tutto: le tre stelle Michelin conquistate e poi perse una dopo l’altra, gli arresti per percosse e lesioni aggravate), ma non riesce a vedere oltre il suo naso, e la colpa di quanto è successo la addossa agli altri. Questo fa di lui un disadattato alle prese con il suo fallimento, e lo costringe a prestare servizio sociale presso un centro di riabilitazione per ragazzi autistici. Qui, con la complicità di Valeria Solarino, nei panni di un’assistente sociale, conoscerà Guido, ragazzo affetto dalla sindrome di Asperger con la passione per la cucina, che al primo assaggio riesce a riconoscere anche gli ingredienti più nascosti. E all’inizio il rapporto tra un disincantato Arturo e un ragazzo bisognoso di attenzioni come Guido sarà tutt’altro che facile. Eppure i due finiranno per avvicinarsi proprio grazie alla cucina, su un terreno di scambio che li pone sullo stesso piano davanti a ingredienti da dosare con cura e ricette da condividere, con il cibo che rivendica il suo ruolo comunicativo, e la cucina letta come luogo di socialità privilegiato.

 

Le risorse dell’autismo in cucina

Guido, interpretato da Luigi Fedele, si muove sul set insieme ad altri otto ragazzi davvero affetti da autismo, che il cast ha raggiunto per le riprese nella scuola di riabilitazione in Toscana: e infatti Quanto Basta porta in scena, seppur romanzandola, una storia nient’affatto surreale. Che i ragazzi con sindrome di Asperger dimostrino una certa sensibilità e predisposizione alla cucina (e alle discipline creative e manuali in generale) non è un mistero e in Italia sono molte le associazioni che investono sulla possibilità di offrire loro una formazione in materia che potrebbe fornirgli strumenti validi per l’inserimento nel mondo del lavoro. Pensiamo, per esempio, all’esperienza del Tortellante di Modena, promossa dall’associazione Aut Aut con la complicità delle sfogline emiliane, che oggi si avvia a diventare un laboratorio di produzione della pasta fresca con spaccio adibito alla vendita: dietro, oltre all’impegno dei volontari, la grande capacità dei ragazzi autistici coinvolti nel progetto, che in laboratorio sfoderano una manualità e una precisione fuori dal comune. Storie ordinarie e straordinarie insieme, quindi, come quella dell’amicizia fraterna che unirà Arturo e Guido, offrendo al primo la possibilità di riscattarsi, tornando ad apprezzare la vita e ciò che ha saputo costruire. E sull’orizzonte di una normalità che si nutre di sentimenti e della capacità di condividere obiettivi più che mettere in mostra le abilità del singolo, il rapporto tra le parti si inverte: chi pensava di dover aiutare l’altro, senza neppure troppa convinzione, finirà per essere salvato a sua volta. Il tema è complesso, ma la leggerezza e l’approccio antiretorico di un film che alterna mistery box, fogli rosa e talent per aspiranti cuochi (sullo sfondo i panorami della Tenuta di Dolciano, in Maremma) sono le qualità che più si fanno apprezzare in una commedia che la regola del “quanto basta” sembra averla presa alla lettera.

 

a cura di Livia Montagnoli

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