Il cibo italiano continuerà a spopolare fino al 2050. Parola d’ordine: sostenibilità

4 Lug 2018, 08:30 | a cura di
Che il made in Italy sia apprezzato in tutto il mondo, ormai, è una certezza. Ma il cibo tricolore continuerà a scalare la vetta dei consumi internazionali, puntando sulla pesca e l’agricoltura sostenibile, senza dimenticare l’importanza dell’export e dell’e-commerce. Il report di Confcooperative. 

 

Il boom del made in Italy

La dieta vegana è di tendenza ormai da tempo, ma oltre alle mode e alle nuove filosofie di approccio al cibo, il concetto chiave che guida le scelte dei consumatori è la sostenibilità, la tracciabilità della filiera, il biologico e il rispetto per la natura e la salute. A confermarlo, Confcooperative, che durante l’assemblea “A portata di futuro. Scenari, tendenze e rivoluzioni del cibo che verrà” ha fornito le previsioni dei numeri dell’agroalimentare italiano per i prossimi 30 anni. Eccellenze made in Italy per 9 italiani su 10, anche nel 2050, per una media di 1 consumatore su 10 che sceglie di mangiare abitualmente cibo italiano. È questa l’istantanea offerta dall’associazione guidata dal presidente GiorgioMercuree dal vicepresidente PaoloTiozzo. Salumi, formaggi, ma anche pesce, carne, pizza, pasta, pane, latte e ortofrutta si posizionano in cima alle classifiche, a patto che siano di qualità: “Per 4 italiani su 5 la tracciabilità e la sicurezza alimentare sono must irrinunciabili nella scelta di cosa e dove acquistare”.

Il valore della sostenibilità

È proprio il settore agroalimentare, infatti, a investire maggiormente in Italia nella battaglia per la sostenibilità ambientale: “Basti pensare che 7 cooperative su 10 sono impegnate in diversi progetti: 1 su 2 investe in risparmio d’acqua tra microirrigazione, droni, sensori ed energia elettrica”. C’è poi il riutilizzo dei materiali, senza dimenticare le tecnologie a basso impatto ambientale. Durante l’assemblea è stata poi mossa l’accusa che il comparto sprechi risorse idriche preziose. Subito smentita, perché “in un anno, in media, gli acquedotti italiani perdono il 40% della portata d’acqua con punte del 77% in alcuni capoluoghi del Centro Sud. Questo la dice lunga su chi davvero sprechi risorse vitali nel nostro Paese a danno degli utenti: famiglie e imprese”.

Lo shopping online e l’arrivo degli insetti

Continua poi a svilupparsi sempre di più il mondo dell’e-commerce, che secondo Confcooperative crescerà di 5 volte entro il 2025, andando a rappresentare il 20%del mercato totale, per un giro di affari di 100miliaridi dollari. Ma niente paura per le attività storiche, dalle botteghe ai negozi, perché ogni e-commerce avrà bisogno di show room e punti vendita. C’è chi teme, invece, il declino dei prodotti tradizionali in favore dei nuovi cibi, i novel food, insetti in primis, ma anche gli alimenti stampati: “Insetti e cibi stampati in 3d arriveranno sulle nostre tavole, ma saranno sirene poco seduttive per i nostri gusti”.

L’export

Presentati anche i dati dell’export italiano, indubbiamente in crescita, ma ancora poco evoluto: “Sulla via dell’export e dell’internazionalizzazione dobbiamo fare più sistema. Qualcosa si è mosso rispetto agli scorsi anni ma dobbiamo accompagnare le imprese sia investendo su comunicazione all’estero, sia riuscendo a essere più presenti sugli scaffali della Gdo internazionale”. Lavorando, quindi, in maniera compatta, creando sinergie e collaborazioni efficaci. “Il mondo ha fame di made in Italy e noi possiamo provare a recuperare spazio dalla fetta di mercato rubata dall’Italian Sounding. Una problematica che “crea danni al nostro agroalimentare per oltre 75 miliardi di euro”. Uno spazio che, invece, deve essere “intercettato dall’agroalimentare italiano”. Ecco perché nei prossimi 3 anni è previsto un aumento dell’export di 15miliardidi euro.

Il ruolo delle aggregazioni

Ad accrescere il settore, poi, saranno le aggregazioni agroalimentari, che hanno determinato una crescita dell’occupazione del 3,7%.Passando dai 65.355addetti nel 2007 ai 67.800del 2017. E aumentando di conseguenza anche il fatturato (13,8%),che dai 25.035miliardidi euro del 2007 è arrivato a 28.5 miliardinel 2017. “Le aggregazioni spingono aggregazione ed export, ma occorre insistere per gareggiare ad armi pari con le imprese straniere”. Tra le 20 cooperative agroalimentari più grandi d’Europa, infatti, l’Italia non è presente, anche perché “quando proviamo a fare operazioni più ambiziose ci stoppa qualche autorità”.

a cura di Michela Becchi

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