Cina a Expo 2015. I contenuti del padiglione

31 Mar 2015, 11:13 | a cura di
Un'onda di grano rinnova a Milano il legame tra il popolo cinese e la natura. È il Padiglione della Cina, un'architettura che nasce dalla consapevolezza che la terra, fin dalle origini, ha nutrito l’uomo, e dalla speranza che continui a farlo.

Il concept: terra di speranza, cibo per la vita

È la prima volta che la Cina partecipa a un'esposizione universale che si tiene oltreoceano. E lo fa con un Padiglione self-built di 4.590 metri quadri, scegliendo un tema che incarna l’atteggiamento di gratitudine, di rispetto e di cooperazione del popolo cinese nei confronti della natura, con la consapevolezza che la terra, fin dalle origini, ha nutrito l’uomo, e la speranza che continuerà a farlo.
Sono quattro le aree intorno a cui ruota l’esposizione: un’area Paradiso mostra attraverso installazioni multimediali i ventiquattro periodi del calendario agricolo cinese, corrispondenti alle diverse posizioni del sole, e il loro significato nella cultura e nella produzione agricola del Paese. L’area Human dedicata alla rappresentazione di sedici elementi tipici della tradizione e della cultura cinese: dalle iscrizioni su ossa oracolari della provincia di Henan ai terrazzamenti di riso della provincia di Yunnan, dalla cultura del tè nella provincia di Fujian fino al riso ibrido sviluppato dal professor Yuan Longping. L’area Terra immerge invece il visitatore nella natura multiforme del paesaggio cinese, fra campi sterminati, fiumi e montagne che, grazie all’uso di tecnologie a fibra ottica, attraversano le varie stagioni dell’anno. L’ultima area, dall’evocativo titolo Armonia, è il cuore del Padiglione cinese e ne rappresenta il messaggio principale: la ricerca di equilibrio tra uomo e natura, propria della filosofia cinese e perseguita attraverso i grandi passi compiuti nell’uso razionale delle risorse e nell’impegno verso uno sviluppo sostenibile. Il Padiglione è solo uno dei tre grandi spazi espositivi dedicati alla presenza cinese all’Expo: la Cina viene rappresentata anche dal Padiglione della Repubblica Popolare, disegnato dai creativi della Tongji Architectural Design & Research Institute Co Ltd, e dal padiglione del colosso immobiliare China Vanke, a firma di Daniel Liebskind.

Il padiglione: un'onda di grano nella terra di speranza

Il design del Padiglione cinese è interamente integrato con le forme e le strutture architettoniche tradizionali cinesi, ma anche con le più moderne idee di design. Il risultato? Un'architettura simile a un'onda di grano che si propaga nella terra di speranza, con il tetto realizzato in bambù per far filtrare la luce naturale, permettendo così di ridurre i consumi energetici. È sempre la natura, nelle sue forme e colori, a ispirare il logo del padiglione cinese: linee curve e piatte, che vanno dal blu del cielo al verde dei prati, l’oro dei cereali e il rosso per rappresentare la vita umana e il colore dell’inchiostro tipico della tradizione culturale cinese. A fare da mascotte due personaggi: He-he e Meng-meng. L’ideogramma cinese “He (和)” è composto da due pittogrammi che rappresentano, nella cultura cinese, il legame tra grano e uomo, mentre “Meng (梦)” significa affrontare il futuro, simbolo dunque di aspettative e di speranza per un prospero raccolto.

Percorso espositivo

Un’area di attesa accoglierà i visitatori con monitor LCD grazie ai quali potranno iniziare a esplorare il padiglione e i suoi contenuti. Il Padiglione sarà poi animato da un fitto programma di eventi: cerimonie di apertura e chiusura, performance teatrali, forum e seminari, scambi culturali, attività finalizzate a consolidare la cooperazione fra Italia e Cina sui temi dell’agricoltura, dell’alimentazione e dell’economia. Fino al coinvolgimento, per la prima volta, di Province e Municipalità che si alterneranno in giornate o settimane dedicate a rappresentare gli elementi più tipici delle loro tradizioni. I piatti preparati da chef provenienti da otto famose scuole di cucina cinesi e momenti di show-cooking concretizzeranno l’esperienza dei visitatori.

a cura di Annalisa Zordan

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