Marocca di Casola e testaroli. Lunigiana antichi mestieri e giovani artigiani

7 Feb 2014, 16:36 | a cura di
Sono due storie con molti elementi in comune, quella di Fabio Bertolucci e Mattia Bergamaschi: due esempi di ritorno alla terra attraverso il pane della tradizione, di un recupero del passato con le competenze e la consapevolezza di oggi . Così hanno trovato nella Marocca di Casola e nei testaroli gli strumenti per approdare a una vita più ricca di armonia, dignità e soddisfazione.

Il ritorno alla terra è un dato di fatto: sono sempre di più i giovani in Italia che lasciano un lavoro in ufficio, sicuro o incerto, per quello all'aria aperta. E così gli antichi mestieri vivono un nuovo rinascimento. Non un ripiego ma una scelta consapevole che passa per una rilettura di antichi saperi in chiave moderna, attraverso l'incontro tra tradizioni e innovazione, strizzando l'occhio al rispetto per l'ambiente e a uno stile di vita più armonioso. E questa manualità riscoperta ha coinvolto anche le terre della Lunigiana, una bella valle a metà strada tra il mare di Massa-Carrara e le cime delle Alpi Apuane, trait d'union tra Toscana, Liguria ed Emilia Romagna. Oggi parliamo di Fabio Bertolucci che ha recuperato un antico forno a legna di Casciana per produrre la Marocca di Casola, e di Mattia Bergamaschi che ha abbandonato dall'oggi al domani il suo impiego nel settore degli impianti fotovoltaici per dedicarsi alla società agricola Tradizioni & sapori. Ma andiamo con ordine.

FABIO BERTOLUCCI – 33 ANNI
Studi di economia e sociologia alle spalle, ben presto capisce che queste materie andavano applicate alla vita reale, come? Dedicandosi al suo territorio, la Lunigiana, e alle tradizioni che rischiavano pian piano di scomparire. Prima fra tutte la produzione di Marocca di Casola. Fabio ha così ereditato il grande patrimonio culturale di un comitato di tutela della Marocca per poi rilevare l'antico e unico forno a legna di Casciana. Oggi, dopo aver acquistato il Forno in Canoàra, sta attivando un circuito di spedizioni in tutta Italia, tanto che il suo prossimo obiettivo è creare un sito di e-commerce anche grazie all'alta conservabilità di questo tipo di pane.
Ma che cos'è la Marocca? È un pane antico fatto principalmente con la farina di castagne, setacciata fine, che compro da piccoli produttori e castanicoltori della Lunigiana e della Garfagnana, ma quando le richieste aumentano mi rivolgo anche ad un paio di mulini più grandi che comunque lavorano in maniera artigianale. A questa va aggiunta una piccola quantità di farina di grano, alcune patate lesse schiacciate, per dare una consistenza spugnosa, olio evo e lievito madre. Oggi non la fa praticamente più nessuno ma nell'immediato dopo guerra, quando il grano scarseggiava, era il pane quotidiano”. La Marocca si presenta in pagnotte rotonde, di colore scuro e dal profumo intenso. Il nome deriva da marocat, termine dialettale per indicare una cosa poco malleabile, anche se ci sono altre teorie secondo le quali il nome Marocca nasce dal termine marra, che significa mucchio di sassi, o da marrone, proprio per via del suo colore.
La domanda che nasce spontanea nell'ascoltare queste storie è come si possa conciliare un mestiere così antico ai ritmi odierni, Fabio ci risponde con l'entusiasmo di una persona che ha finalmente capito quale sia la sua strada: “Faccio uno dei mestieri più antichi del mondo e, nonostante ciò, lo faccio in una struttura modernissima, progettata dalla stessa Asl. Questo mi fa sentire parte integrante dell'umanità e assolutamente non tagliato fuori dal contesto odierno, tanto che, quando sono stato costretto a casa per problemi di salute, non vedevo l'ora di ritornare al forno. Perché? Perché ne vale la pena, perché tutte le ore di sonno arretrate, che sto pian piano accumulando, sono ripagate dall'enorme soddisfazione che provo quando sforno un prodotto così antico. Iniziare un percorso agricolo significa smettere di pensare a cose inutili e cominciare a vivere in maniera autentica, dove ci si deve adattare a ritmi e dinamiche dettate dalla natura, con l'umiltà che l'uomo dovrebbe sempre avere. Ho imparato a rispettare e a comunicare con la natura, senza frenesia e vivendo appieno il tempo. Quando sono al forno mi riconcilio con il mondo”.

MATTIA BERGAMASCHI – 29 ANNI
Vendeva impianti fotovoltaici ma non era per nulla soddisfatto. Così, dopo aver frequentato un corso organizzato dalla condotta locale di Slow Food sulle tradizioni agricole locali, tenuto dagli anziani della zona per tramandare conoscenze ormai in via d’estinzione, decide di iscrivere alla Camera di Commercio la società agricola Tradizioni & sapori assieme a due amici, Lorenzo e Mattia.
L'obiettivo? “Tradizioni & sapori si occupa di produzioni con metodi tradizionali di agricoltura biologica e preparazioni secondo le antiche ricette, con l'obiettivo di portare avanti tradizioni e saperi della Ludigiana in via di estinzione. Il Testarolo in primis”. Ossia una sorta di pane azzimo, che oggi viene prodotto solo da tre aziende, fatto con farina di grano autoctono coltivato a Zeri, il ventitrè, acqua tiepida e sale. La sua peculiarità sta nella cottura, forse unica in Italia e tipica della Lunigiana, che avviene nel testo di ghisa. “I testi sono composti da due parti: quella inferiore chiamata sottano, dove viene messa la pastella di grano, acqua e sale, e quella superiore, il soprano, che fa da coperchio. Entrambi vengono messi ad arroventare a fiamma viva e quando il sottano raggiunge la temperatura giusta viene tolto dal fuoco e vi si versa la pastella, lasciandola cuocere e coprendola con il soprano. È un metodo veloce e comodo di cottura, tanto che durante la prima guerra mondiale i testi risultavano utili per poter allestire cucine mobili e cuocere il cibo in qualsiasi situazione”. Una volta pronto, il testarolo artgianale si presenta come un disco del diametro di circa 40-45 centimetri e di spessore sottile, viene poi tagliato in rombi e fatto rinvenire in acqua bollente, a fuoco spento, per pochi minuti. La ricetta tradizionale prevede che venga poi condito con Parmigiano o Pecorino, basilico tritato e olio evo. Ma dove si compra? “Noi lo vendiamo ai ristoratori locali ma stiamo anche trattando con il canale di vendita di Eataly e ovviamente stiamo progettando un sito di e-commerce per poter commercializzarlo anche al di fuori dei confini nazionali attraverso la conservazione in sottovuoto”. Mattia è visibilmente soddisfatto della sua scelta, considerata inizialmente da molti bizzarra e rischiosa: “abbandonare uno stipendio sicuro per dedicarmi alla terra e per avere un rapporto intimo con tutto quello che le mie mani producono attraverso essa, è stata la scelta giusta”.

La riscoperta della manualità, del vedere risultati concreti in seguito a sforzi altrettanto concreti, è quello che sta spingendo molti giovani a rimboccarsi le maniche per lavorare con le proprie mani attraverso un approccio moderno, consapevoli che oggi le tecnologie a disposizione consentono di proiettarsi, con costi accessibili, sul mercato nazionale e internazionale. Mai come ora sporcarsi le mani di terra sta riacquistando dignità, la dignità che lavori come il contadino o il pastore, il casaro o il panettiere, si meritano da sempre. E che la fase di crisi sta contribuendo a rilanciare. Mai come in questo caso crisi è da leggersi nella sua accezione etimologica greca: un cambiamento, non sempre negativo.

Il Forno in Canoàra di Fabio Bertolucci | via Villa di Regnano, 99 a | Casola in Lunigiana (Ms) | tel. 0585.983017 | lamaroccadicasola.blogspot.it

Tradizioni & Sapori | via Garibaldi | Pontremoli (Ms) | tel. 348.7463499 | www.tradizioniesapori.com

a cura di Annalisa Zordan

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram