Degustazioni. Vini dalla Slovenia in un palazzo di Roma

9 Gen 2014, 10:15 | a cura di
Heaps Good Wine, Marjan Simčič, Movia. La Slovenia del vino raccontata attraverso tre cantine e diverse etichette nella degustazione organizzata a Roma a Palazzo Ferrajoli. Abbiamo assaggiato vini di carattere, intensi, che certo non lasciano indifferenti.

La Slovenia del vino è una continua scoperta. Vuoi per le caratteristiche dei suoi territori, vuoi per la continua sperimentazione dei produttori che hanno passione e tempra da vendere. Dalla Slovenia con Amore, la manifestazione organizzata anche quest'anno da Andreja Lajh con il supporto dell'Ambasciata della Repubblica Slovena di Roma, ci dà lo spunto per approfondire. Alcuni assaggi ci hanno convinto più di altri, ma il percorso è stato interessante dall’inizio alla fine.

Partiamo con una realtà poco nota in Italia: Heaps Good Wine, fondata nel 2010 dal neozelandese Nicholas Gee e dalla moglie Marija. Siamo a Slovenska Bistrica nella regione di Stajerska, nel settore ovest sloveno. Nicholas, dopo aver passato anni a lavorare in cantine di Nuova Zelanda, Australia, Germania, Francia e Stati Uniti, si è stabilito in Slovenia, paese di origine della moglie. I suoi vini sono freschi, vibrano di note minerali e acide, diretti. Il primo è un Blaufränkisch 2011 tutto pepe e frutti neri, schietto e immediato, ben profilato. A colpirci sono stati i due Pinot Nero, entrambi del 2011, ma con una gestazione sensibilmente diversa. Il Pinot Noir 2011 ha passato poco tempo in botti che hanno già conosciuto altri passaggi, e ha un naso cangiante, con note di pietra focaia, melograno e fiori rossi, al sorso è reattivo, sapido: piacevolissimo. Il secondo, The Gambling Priest Pinot Noir 2011, matura in botti nuove: è appena più chiuso all’inizio su note di spezie e cuoio, ma nasconde un palato di ottima presa, buona materia e una grinta sapida che promette un brillante futuro.

Ci spostiamo al banco dove è Marjan Simčič a raccontarci e servirci i vini che la sua azienda produce. La cantina si trova nel piccolo paese di Ceglo, nella regione del Collio sloveno (Goriška Brda), vicino al confine con l’Italia, l’uva viene raccolta a mano, non vengono utilizzati fertilizzanti sintetici e insetticidi. Ad affascinare di questo territorio, oltre a conferire un carattere unico alle uve locali, è la composizione del suolo, estremamente ricco di sostanze minerali derivanti dal mare che in era preistorica era qui. La Rebula Opoka, da vigne con un'età media di 50 anni, è un vino meraviglioso. Macerazione di almeno dieci giorni sulle bucce e poi invecchiamento in barrique usate. Il 2009 propone note di sesamo, mandorla, un naso fragrante e una bocca equilibratissima nei suoi toni grassi poi appena amari e sapidi. Il 2008, assaggiato la sera precedente, aveva un pizzico di tensione in più, in ogni caso la Rebula Opaka di Marjan è un vino che sa rapirti, t'invita continuamente al riassaggio: l'evoluzione nel bicchiere è impressionante. Da mettere in cantina e gettare la chiave. Poi, il Sauvignon Opoka 2009, passaggio in botte grande, per un sorso pieno, grasso che gioca su toni di anice e nocciola, note di frutta matura e un buon equilibrio complessivo. Infine, il Merlot Opoka 2007, dal frutto rosso caldo e avvolgente, più facile da approcciare, bella precisione tecnica ma tutt'altro che seduto, con un allungo finale di razza.

L’ultima tappa dei nostri assaggi ha visto protagonista la storica cantina Movia. Come nel caso di Simčič, i vigneti sono a metà tra il Collio friulano e la Slovenia. La filosofia di Ales Kristancic è complessa: un autentico sperimentatore, approccio in vigna più naturale possibile e pratiche enologiche peculiari. Vi segnaliamo due vini. Per entrambi l'uva, diraspata a mano, effettua in botti nuove la fermentazione, la macerazione e l'affinamento sulle bucce per circa otto mesi. Nessuna filtrazione. Precauzioni per l'uso: lasciate la bottiglia in piedi per almeno una settimana prima di stappare. Sono vini che gratificheranno l'acquisto del vostro decanter, mai visti tali depositi in bottiglia. Il risultato? Vini non per tutti ma noi li abbiamo trovati, una volta ancora, molto affascinanti ed espressivi nel bicchiere. Iniziamo con lo Chardonnay Lunar 2008, tutto giocato su sensazioni di lime, crosta di pane e un palato ricco ma sostenuto da una sciabolata acida che lascia il segno. Finale appena fumé, bevibilità estremamente pericolosa. Chiudiamo in grande stile. Il Lunar 2007, ribolla in purezza, offre note iodate, di erbe officinali, scorza d'arancia e fieno; al palato è un mix di sensazioni sapide, acide, con una tensione delicatamente tannica che conduce a un finale lungo e ben ritmato. Se cercate l'equilibrio, almeno quello canonico dei libri di studio, fuggite altrove.

A cura di Alessio Noè e Lorenzo Ruggeri
foto di Daniele Amato

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