12 etichette per il 2015. Primo trimestre: Pepe, Bottega Feudo Maccari

20 Gen 2015, 17:17 | a cura di
Il calendario del vino è l’occasione di assaggiare etichette poco note (con qualche eccezione...), ma che meritano davvero di essere stappate. Un percorso lungo un anno da fare fino in fondo, e con le apposite istruzioni per l’uso. Ecco il primo trimestre e i primi tre vini.

C’è stato un periodo in cui una bella in carriera non poteva dirsi davvero in auge se non ne aveva fatto uno… Poi – tra un Pirelli e un Barbanera – c’è il classico di Frate Indovino. Sì, parliamo di calendari. E poiché l’anno vecchio è finito ormai e il nuovo è già iniziato, arriviamo in corsa anche noi con il nostro. Un calendario del vino: 12 etichette per 12 mesi, con tanto d’indicazione per l’uso. Diciamocela tutta, si tratta anche di un espediente per inserire tra i buoni propositi quello di assaggiare le bottiglie che abbiamo selezionato a futura memoria 2015. Con le seguenti dichiarate accortezze: no ai totem stragrandi e strafamosi (troppo facile mettere in fila 12 Sassicaia e/o equivalenti), ma con un’eccezione: Emidio Pepe, che ha festeggiato nell’anno che va in archivio una ricorrenza eccezionale, augurabile a ogni vero vignaiolo italiano, e dunque ideale per aprire l’anno entrante (il suo Montepulciano è il vino di gennaio), e un rinforzo: quello del premiato Paltrinieri (gioia d’agosto).

Per le altre etichette, invece, più spazio a belle (magari un filo meno viste) ma autentiche scoperte (ce ne sono) e vini che per vari motivi sin qui non hanno ancora avuto troppo spazio nelle pagine di una rivista come la nostra che al cibo e al vino (e ai relativi terroir) è interamente dedicata. Ovviamente, chi legge prenda pure il mazzo delle figurine e le rimescoli come vuole. Unico impegno, se si ha voglia di prenderlo: assaggiarle tutte. Poi a fine anno faremo report e conti.

GENNAIO

EMIDIO PEPE
Sembra un attore americano, un “great ol’ man” alla Lancaster o alla Gable, elegantissimo in una sorta di country chic tutto suo, baffo curato, viso disteso, sorriso (un po’ ironico) sempre pronto. E invece lui (che è di Torano Nuovo, Teramo) l’America l’ha vista, sì, e spesso: ma per portarci, quando nessuno lo faceva, il suo rosso; da apostolo del Montepulciano, dell’Abruzzo di cui è figlio e della sua propria religione enoica, quella decisamente ante litteram del vino naturale, salubre, di alta qualità e perciò capace di traversare il tempo. Negli Usa poi tornava per incassare (non sempre era facile, un po’ come da noi oggi), aiutato da un amico ristoratore di successo (e “paisano”…) che lo faceva scarrozzare per New York dal suo autista, in limousine, a riscuotere.
Emidio Pepe ha festeggiato nell’anno appena concluso la vendemmia numero 50. E l’82esimo anno d’età. È un grande in tutti i sensi. E la sua azienda, oggi cogestita dalle figlie Daniela e Sofia e dalla giovanissima nipote globetrotter Chiara, è all’apice di una parabola già super e che, sia chiaro, può crescere ancora. Ma sempre fedele ai suoi must: vigne vecchie, conduzione “ecolòs”, raccolta, etichette e travasi a mano, pigiature con i piedi, solo cemento, stoccaggio (senza limiti di tempo) di corpose quote di bottiglie per ogni annata a maturare in cantina perché si è certi della loro longevità. E dunque catalogo pazzesco, che copre oltre trent’anni. Un mito contadino. E il miglior modo per iniziare l’anno nuovo ricordando che la chiave del futuro è nella memoria. Quella giusta.

MONTEPULCIANO D’ABRUZZO 2007
Otto anni… e sembrano otto giorni. Potete scriverlo su un biglietto d‘amore per la vostra/o compagna/o il giorno dell’anniversario, o – serenamente – sul carnet d’assaggio di uno dei rossi più freschi, brillanti, vivi del suo millesimo, e non solo nella sua tipologia. “Scrocchia”, per dirla in abruzzese, il 2007 di Pepe; è “croustillant”, croccante e scabro ancora, ma dal tessuto fantastico, scalpitante come un puledro (ne ha l’età soggettiva: è un ragazzino) e che, sgabbiato, aperto a dovere all’ossigeno, guadagna bosco e frutto variabilmente proporzionati e sapidissimi via via che cresce nel bicchiere. Bevetene una, nascondete il resto… Prezzo 60 euro. Valutazione: 92/100.

Emidio Pepe | Torano Nuovo (TE) | via Chiesi, 7 | tel. 0861 856 493 | www.emidiopepe.com

FEBBRAIO

BOTTEGA
La storia è cominciata – poco meno di 40 anni fa – da dove in genere la storia di chi fa vino marca l’ultima tappa: in una distilleria. Casa Bottega (scusate il bisticcio di parole), due fratelli e una sorella, è partita dalla grappa (Alexander il brand di punta, varato nell’87) per poi risalire la filiera, con stile tutto proprio e una vocazione al marketing evidente, contemporanea, quanto incisiva ed efficace (bottiglie speciali e specialissime, grappa spray per correzioni “aeree”, il recupero a tutto tondo del Fragolino, il varo di una propria “soffieria” del vetro sono solo alcuni degli esempi), approdando infine alla produzione e alla distribuzione di vino su larga scala. Partenza territoriale: i Bottega sono veneti, meglio trevigiani, e dunque via con il Prosecco, declinato nella loro Cantina (battezzata “dei Poeti”) via via in tutte le versioni possibili, compresa quella “col fondo” e il tappo a corona. Ma poi, ormai da qualche anno, ecco le migrazioni e le espansioni verso altre mecche del vino italiano: l’Amarone anzitutto, vicino illustre di casa, con i fratellini Valpolicella e Ripasso; ma anche un Brunello di Montalcino, e poi in fila indiana Chianti, Moscato, Chardonnay, Pinot Grigio… Sempre sotto l’insegna dei Poeti e della poesia. Ma con una concretezza, un intuito e un’abilità che conoscono e interpretano perfettamente anche la parte in prosa che il crescere e l'espandersi nel settore oggi richiede.

IL VINO DEI POETI ROSÉ GOLD BRUT
Basterebbe l’insieme di bolla e bottiglia – veste metallica glam, riflessi ramati che virano al rosa pieno proprio quando il vino è pronto da bere e la superficie della boccia è appannata dal freddo – per farne il vino esteticamente perfetto (e diabolicamente premeditato) per un brindisi di San Valentino… Ma si sa, non c’è festa che tenga se il contenuto del calice non va. E allora eccolo, il contenuto: Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese, terra vocata, a costruire la base per questo spumante dal perlage delicato e la bocca amabile, semplice, appena morbida, facile come gli amori ai primi baci (i casini, si sa, arrivano in genere dopo…) e dai gentili sentori di fragola e lichees a tener banco. Prezzo: 15 euro. Valutazione: 77/100.

Bottega | Godega di Sant’Urbano (TV) | loc. Bibano | tel. 0438 4067 | www.bottegagold.com

MARZO

FEUDO MACCARI
Si potrebbe cominciare con una battuta, dicendo che “il resto… è Noto”. Perché se Noto è la patria straordinaria di quest’azienda che ha fatto in pochissimi anni passi straordinari, il resto è… il Moretti world. Antonio Moretti, imprenditore non prestato, ma decollato dalla fashion e atterrato sul pianeta vino con l’accortezza e le capacità rodate dal training di un astronauta provetto, incarna ormai una delle griffe di maggior successo del panorama nazionale. I suoi vini toscani primogeniti, l’Oreno e il Crognolo, generati a Setteponti, mietono consensi e razzolano premi (ultimissimo, il podio tra i 50 dei Biwa, gli award con giuria internazionale); l’emanazione bolgherese di Orma idem. E Feudo Maccari, inaugurato in questo paesaggio così speciale, con pieno rispetto dell’habitat e delle sue forme di allevamento, negli anni Novanta, ha subito preso la direzione di famiglia: quella verso la gloria (mentre il conducator, mai appagato, intanto preparava anche uno sbarco e una testa di ponte sull’Etna). Qui regna il Nero d’Avola. Declinato dal rosa al… Nero, appunto, in tutte le sue potenzialità, e affiancato in azienda da un Grillo e un altrettanto territoriale Moscato di Noto. Stavolta però a salire a proscenio è il più inusuale (e insieme il più doveroso dei generi rispetto all’attuale trend generale di mercato) dei prodotti della casa: lo spumante. Tanto per ribadire che a Maccari con quel che si ha, non ci si fa mancare nulla…

ROSÉ BRUT
Cosa si può fare col Nero d’Avola? Quasi tutto. Esempio: sfruttarne i giochi d’aromi, così decisi, in un vino più leggero nel colore e nella trama “chinosa”, un rosato figlio di una svinatura volante, e poi, perché no, utilizzare il rosato come base spumante e tirarne fuori un Rosé Brut figlio di alberello, cioè di viti di 10 anni, e di produzione minima (30 quintali a ettaro), dunque di uve preziose e speciali. Il Rosé di Maccari è questo; con gli optional della criomacerazione delle uve, per tirarne fuori il meglio della fragranza e dei profumi, e di una spumantizzazione Martinotti curata a dovere. L’esito è carezzevole e insieme tipico, floreale e fragoloso, e con una minima vena morbida a rendere più trasversale la beva. Risveglio di primavera… Prezzo 9 euro. Valutazione: 79/100

Feudo Maccari | Noto (SR) | s.da p. le Pachino - Noto km 13,5 | www.feudomaccari.it

a cura di Antonio Paolini

Articolo uscito sul numero di Gennaio 2015 del Gambero Rosso. Per abbonarti clicca qui

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