Vino italiano all'estero: Ocm promozione od Ocm bocciatura?

25 Set 2015, 12:00 | a cura di

Tagli ai contributi per l'overbooking di domande sul multiregionale. E il sistema va in tilt. Sotto accusa le Regioni. Nuovo appello della categoria al ministro Martina per chiedere una revisione del decreto, regole più semplici e una regia unitaria.

Più che promozione una bocciatura per l'Ocm Paesi Terzi. Non per la misura in sé, che in questi anni sta contribuendo a spingere l'export di vino italiano, quanto per il modo in cui è gestita a livello nazionale e regionale. Il bando 2015/2016 sta lasciando molta insoddisfazione nella filiera. Non è la prima volta che accade.

 

Che cos'è l'Ocm

L’Ocm vino è la normativa unica dell’Unione Europea che regolamenta il settore vitivinicolo, sia per quanto riguarda le norme di produzione che i contributi a fondo perduto assegnati alle aziende del settore. L’Ocm vino Paesi Terzi assegna contributi a fondo perduto per le spese relative alla promozione del vino all’estero, come la partecipazione a fiere, la degustazione nei ristoranti, o la semplice pubblicità. Molto importante la possibilità di finanziare il vino utilizzato nelle degustazioni all’estero oppure di finanziare l’incoming di potenziali clienti presso la propria cantina. Della revisione del decreto n. 4123 del 2010 (a firma Galan) che ne regola il meccanismo, si parla da qualche anno.

 

L'Ocm Paesi Terzi e il problema dei fondi multiregionali

Ammonta a 102 milioni di euro il contributo Ocm vino per la promozione nei Paesi Terzi nel 2015-2016. Per il 70% è gestito dalle Regioni e per il 30% dal sistema nazionale. Il Mipaaf riserva un terzo dei fondi della quota nazionale ai progetti multiregionali, che devono coinvolgere almeno due regioni (che contribuiscono alla spesa da un minimo del 5% a un massimo del 25%). Il bando è uscito a maggio. Le Regioni hanno presentato entro il 17 luglio l'elenco dei progetti approvati, chiedendo al Mipaaf di stanziare 14,6 milioni di euro.

In pratica, essendo esauriti i fondi del bando nazionale a causa delle molte richieste dello scorso anno, le aziende e i consorzi si sono tuffati sul bando multiregionale, emanato a maggio, che in passato aveva registrato pochissime adesioni. E alcune Regioni hanno approvato un gran numero di richieste, ampliando troppo la torta dei beneficiari, dando l'ok a progetti ma accordando importi inferiori rispetto a quanto previsto dai regolamenti. Stavolta, invece, i progetti presentati sul multiregionale (36) sono andati oltre le attese con richieste superiori al 30% del plafond (la quota Mipaaf è era fissata in 10,1 mln pari al 25% del costo totale del progetto), il contributo richiesto è stato ridotto in relazione alle richieste. il Mipaaf, considerando la generale disomogeneità territoriale nell'interpretazione del decreto promozione, e le troppe domande, ha diminuito il contributo previsto su tutti i piani approvati.

Il problema principale ha riguardato dunque la riduzione in corsa, attraverso tagli lineari, dei contributi: progetti e iniziative multi-regionali, già approvati e con lettera di finanziamento, hanno avuto una sensibile riduzione, in alcuni casi anche del 50%. Il risultato è che ora, i 36 consorzi e associazioni (che pagano il 50% delle spese) per portare i propri vini all'estero dovranno rimettere mano al portafogli.

 

La posizione di Istituto Grandi Marchi e Italia del Vino

A sollevare il caso sono stati alcuni tra i più attivi consorzi del vino italiano, come Istituto Grandi Marchi e Italia del Vino. Molto duro il comunicato congiunto, in cui si parla di “ennesima beffa perché nonostante i recenti richiami della Corte dei Conti e della Commissione Ue si persevera in una gestione poco fruttuosa di fondi ritenuti strategici dal settore. E dopo anni di cattiva gestione delle risorse, si stima in cento milioni l’ammontare degli stanziamenti non spesi negli ultimi tre anni”, scrivono i due consorzi “e quest’anno si rischia di fare ancora peggio”. Per Andrea Sartori (Italia del Vino), il Mipaaf invece che dare l'ok incondizionato alle graduatorie regionali, a fine luglio avrebbe dovuto aprire con le stesse Regioni un confronto sul tema del rispetto delle regole: “Non so se le elezioni 2015 possano aver influito sul gran numero di progetti approvati. Potrei anche capire l'intendimento politico di concedere i cosiddetti finanziamenti a pioggia. È certo, però, che occorre applicare un filtro, basato su un criterio di merito. C'è bisogno, quindi, a livello centrale di un sistema di premialità che riconosca il contributo di quei soggetti che hanno ottenuto migliori risultati nella promozione del vino italiano all'estero”.

Di fronte a questa confusione, Piero Mastroberardino, presidente dell'Istituto Grandi Marchi (che ha subito tagli tra 25% e 30% del budget) rileva il rischio sanzioni da parte di Bruxelles: “Se ogni Regione sceglie criteri diversi di valutazione, che talvolta possono essere anche diversi da quelli che detta la normativa, siamo davanti a un quadro di regole e comportamenti che potrebbero essere sanzionati a livello europeo. Significa che stiamo creando al nostro interno un'alterazione dei principi della concorrenza. Potrei sembrare cinico, ma di fronte a situazioni del genere ci sarebbe da augurarsi un controllo da parte dell'Ue”.

La richiesta di Grandi Marchi e Italia del Vino (che assieme valgono il 15% del totale dell'export di settore) è che il Mipaaf intervenga a sanare “sperequazioni e inefficienze” delle Regioni, invitandole a mantenere il rigore nel quadro normativo, vigilando sul loro operato, ripristinando corrette procedure di accesso alle agevolazioni e di valutazione dei progetti promozionali: “L'auspicio” dicono “è che Martina attivi un ‘tavolo di strategia imprenditoriale’ funzionale al sostegno delle esportazioni vinicole italiane nel mondo”. Un po' quello che avrebbe dovuto fare il Comitato per la strategia e il coordinamento per la promozione del vino, previsto nell'articolo 10 del decreto Galan. Ma è evidente che qualcosa non va come previsto.

 

Ora su chi peseranno questo tagli?

Di fronte alla sforbiciata del Ministero, i beneficiari si sono visti costretti ad accollarsi ulteriori spese. Come è il caso del Consorzio del Lugana Doc che, ad esempio, ha subito una riduzione del contributo Mipaaf da 62 a 43 mila euro per un piano promozionale da 250 mila euro totali, ma il progetto non corre rischi: “La nostra Doc è compresa tra Veneto e Lombardia” spiega il direttore Carlo Veronese “e per coprire il budget mancante il Veneto ha deliberato un trasferimento di fondi da altre misure, mentre la Lombardia non ha fatto altrettanto. Ora i soldi che mancano li metterà il Consorzio”.

È chiaro che a rimetterci sono le aziende e tutto il sistema vino” commenta Silvana Ballotta, ceo di Business Strategies, società di consulenza proprio sull'Ocm vino “e se questo accade significa che la macchina funziona male, con forti disallineamenti tra i vari istituti che gestiscono la promozione. In questo caso, il sistema è andato in tilt perché alcune Regioni hanno deciso che tutte le domande presentate nei termini, nel rispetto dei requisiti formali, dovessero essere ammesse. Di fatto, si è agito senza una direttiva centrale. Dallo scorso anno si parla di rivedere il decreto del 2010, senza ottenere risultati. Ma è chiaro che occorre una regia a monte, che applichi criteri chiari e univoci”.

 

Le richieste della filiera al Ministro Martina

Richiesta, quest'ultima, arrivata nuovamente lunedì 21 settembre sul tavolo del ministro delle Politiche agricole, Maurizo Martina. A firmarla sono Assoenologi, Alleanza delle Cooperative, Cia, Confagricoltura, Federdoc, Federvini e Unione italiana vini. Una lettera-appello (non è la prima) in cui si parla di “danno”, “disagi”, “criticità che hanno superato da tempo le condizioni di tolleranza” e in cui si paventa la possibilità che a causa delle carenze di iniziativa di alcune Regioni si perdano i fondi europei, fondamentali per il vino. Il paradosso, secondo le sigle, è che tutto ciò accade mentre il Governo Renzi raccomanda al settore vinicolo di moltiplicare gli sforzi per aumentare la quota export e compensare i minori consumi interni. La filiera chiede l'intervento di Martina, perché non è possibile - sostengono - che alcune amministrazioni rendano impossibile mettere in atto investimenti sulla promozione del vino. Si chiede una nuova riunione del settore per trovare il modo di cambiare le modalità di gestione dei programmi di promozione. Il rischio più grande è che l'Italia perda la partita sui mercati nei confronti di importanti competitor europei che, al contrario del nostro Paese, trovano negli enti dello Stato un aiuto e non un ostacolo.

 

a cura di Gianluca Atzeni

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 24 settembre 

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