Lazio, cosa c'è di nuovo per la viticoltura regionale?

29 Set 2017, 15:00 | a cura di

Da una parte l'accelerata della Doc Roma, dall'altra la nuova rete d'impresa Vigna di Roma. Sarà davvero la volta buona per far uscire la regione dal “terzo mondo” in cui versa il suo sistema vitivinicolo? Intanto riapre l'Enoteca Regionale ed esce il bando per l'assegnazione dei terreni agricoli


Un Consorzio per la Doc Roma

"La Doc Roma è forse l'ultima possibilità per poter rilanciare il nostro vino e il nostro territorio in modo credibile, uscendo dal terzo mondo enologico in cui versa la nostra Regione”. Non ci gira attorno Tullio Galassini, presidente dell'associazione della denominazione laziale nata nel 2011. "Entro l'anno" annuncia "dovremmo riuscire a costituire il Consorzio, cosa che ci consentirà, poi, di esercitare l'erga omnes. Ma questa non è la nostra principale preoccupazione: quello che ci interessa è continuare a crescere con la stessa qualità".

In questa direzione vanno anche le ultime modifiche al disciplinare che hanno introdotto l'imbottigliamento in zona e una versione della Doc più amabile molto apprezzata sui mercati esteri. Oggi, tra produttori e imbottigliatori, sono 17 le realtà vitivinicole della provincia di Roma che hanno aderito alla denominazione, e gli ettari rivendicati sono passati dai 35 del 2011, ai 125 del 2016, ma ci si aspetta di raddoppiare in quest'ultimo anno. Per il 2018 l'obiettivo è di arrivare a 500 mila bottiglie. Sull'annata 2017 Galassini mostra un certo ottimismo: “I nostri principali vitigni Montepulciano e Malvasia sono tardivi, per cui non dovrebbero esserci gli stessi problemi che hanno avuto le altre denominazioni. Le uve appaiono sane e prevediamo di iniziare a vendemmiare intorno al 15 ottobre con un clima da ottobrata romana”.

 

Mercato e obiettivi

Com'è facile immaginare, una denominazione che porta il nome di una città così famosa, quale Roma, gode di riscontri positivi soprattutto all'estero. "La Doc Roma non è un prodotto da mercato nazionale" ci conferma Galassini "l'80% di vendite lo facciamo fuori dall'Italia. Tra i mercati più forti? I Paesi Scandinavi, il Canada, gli Usa e il Giappone. Al momento, non essendo ancora un consorzio, non abbiamo un bilancio e di conseguenza non possiamo partecipare ai bandi Ocm, ma cerchiamo comunque di essere presenti agli eventi internazionali. E poi, per dirla tutta, la domanda oramai è davvero alta, ma il prodotto ancora poco”.

Buoni i rapporti con le altre Doc laziali ("al momento utilizziamo la stessa sede del Consorzio della Doc Frascati"), sebbene la prerogativa per il presidente dell'associazione è "non fare la fine dei Castelli Romani. Dobbiamo essere bravi a non banalizzare il nostro prodotto, come purtroppo è già successo qui nel Lazio. Da enologo, posso dire che la qualità regionale è alta, ma in molte aziende – non quelle della Dop – non c'è stato un rinnovo delle piattaforme ampelografiche, per cui c'è un gap notevole rispetto ad altre regioni".

Non solo, Galassini punta il dito anche contro un sistema vitivinicolo italiano nordcentrico: "Oramai anche il Lazio sta subendo la migrazione dei diritti di impianto verso Nord e qui sempre più terreni restano incolti o si decide, sotto l'input della Regione, di coltivare altro.La sensazione è che anche il Ministero sia completamente appiattito sul Nord Italia e sul Prosecco: d'altronde il mondo vitivinicolo ha interesse a globalizzare e punta su quelle Doc che si allargano inopportunamente. Noi no: abbiamo escluso delle aziende e non abbiamo allargato ad altre provincie proprio perché non rientrerebbe nei nostri standard qualitativi. Speriamo, però, che l'importanza della Doc Roma venga capita e si possa, in questo modo, rilanciare tutta la viticoltura regionale".

 

Nasce Vigne di Roma: 14 aziende vinicole per una rete di imprese

Intanto, a movimentare lo stallo in cui versa la viticoltura laziale, è arrivata pochi giorni fa anche la presentazione di Vigne di Roma, una nuova rete di imprese che riunisce 14 aziende vinicole del Lazio (Marco Carpineti, Casale del Giglio, Casale della Ioria, Castello di Torre in Pietra, Cincinnato, Consoli, Famiglia Cotarella, Federici, Donato Giangirolami, Papalino, Poggio Le Volpi, Principe Pallavicini, Tenuta Sant’Isidoro e Terre di Marfisa). Si tratta di un nuovo (l'ennesimo?) tentativo per mettere insieme le più importanti realtà produttive con l'obiettivo di rilanciare la vitivinicoltura della Regione. I buoni propositi autunnali ci sono, ma bisognerà guardare ai risultati nei prossimi mesi e soprattutto ai programmi nel breve periodo. "Abbiamo necessità di aggregarci e di condividere progetti e programmi, costituendo una nostra lista di priorità" ha dichiarato AntonioSantarelli (Casale del Giglio) "L'accesso ai fondi Psr ci permetterà di avviare delle azioni per rilanciare i nostri prodotti che ormai rappresentano meno del 5% delle carte dei vini dei ristoranti di Roma. Per farlo, abbiamo bisogno, non solo di promozione ma anche di ricerca sui nostri vitigni autoctoni". "Rappresentiamo già tutte le province del Lazio" ha aggiunto Paolo Perinelli (Casale della Ioria)"ma Vigne di Roma è una rete aperta a tutti". Per Marta Cotarella (Falesco) non ci sono dubbi: "Dobbiamo investire perché la qualità dei vini Lazio è poco nota". Marco Carpineti ha messo l'accento sull'importanza di "portare la nostra cultura del vino tra i ristoratori di Roma".

E a proposito di ristorazione, il mese di ottobre segna anche la riapertura dell'Enoteca Regionale del Lazio di via Frattina, già operativa in soft opening.Chiuso il capitolo della vecchia gestione, che nelle parole dell'amministratore unico di Arsial, AntonioRosati:perdeva 600 mila euro l'anno, senza pagare l'affitto”, si riparte – dopo i lavori di restyling - con la società Retail Food di Niccolò Marzotto, Vyta (Santa Margherita). La scelta di affidare la gestione a un privato, dovrebbe, secondo lo stesso Rosati “portare a introiti annui di 400 mila euro”.

 

Terreni agricoli e vigneti. Il bando regionale

E non è finita. In questo momento di grande attenzione mediatica sui vini laziali è arrivato anche il nuovo bando della giunta Zingaretti che assegna 5 mila terreni agricoli (per 8 mila ettari), o a vocazione agricola con lo strumento della Banca delle terre agricole, istituita a livello regionale nel 2016. Èstato, infatti, approvato l'elenco dei beni, secondo quanto previsto dal Regolamento 11/2017 e a seguito delle disposizioni del Collegato agricolo. Una novantina i vigneti censiti nel lungo elenco di terreni, dislocati in diversi comuni laziali, da Viterbo a Sezze, da Fiumicino a Castiglione in Teverina. Grazie alla convenzione con Ismea, fa sapere la Regione, sarà possibile incrementare l'efficienza funzionale ed economica delle imprese agricole e favorire l'attivazione della multifunzionalità delle imprese stesse. L'obiettivo è valorizzare e promuovere il territorio rurale e creare nuove opportunità imprenditoriali, soprattutto giovanili.

L'assessore regionale al Bilancio, demanio e patrimonio, AlessandraSartore, ha parlato di “opportunità per chi cerca terreni da poter coltivare di accedere facilmente al database e di avanzare una proposta d'acquisto o di affitto a seguito dell'avviso pubblicato dalla Regione”. Per i conduttori dei fondi rustici ci sarà la possibilità di prorogare i propri contratti. “Per i giovani di presentare una domanda per l'avvio di un'impresa agricola. E questa” sottolinea Sartore “è una grande novità”. In particolare, il 55% dei terreni non oggetto di rinnovo dei contratti andrà in affitto a favore dei futuri imprenditori tra 18 e 40 anni, con la possibilità di agevolazioni tramite Ismea. Èpossibile consultare caratteristiche dei terreni, posizione, tipo di coltivazioni e valori catastali sul sito della Regione Lazio.

http://www.regione.lazio.it/binary/rl_personale_demanio/tbl_news/Banca_della_terra.pdf

 

a cura di Loredana Sottile e Andrea Gabbrielli

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 28 settembre

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