Prosecco Doc. E se il futuro fosse rosé?

12 Nov 2018, 15:10 | a cura di

Le bollicine venete potrebbero inserire la tipologia rosata dal 2019. Il presidente del Consorzio della Doc, Stefano Zanette, spiega i motivi economici di questa svolta, che rompe il legame con la tradizione. E fa il punto sulle strategie di mercato, dalla sostenibilità alla lotta contro le frodi.

 

Stefano Zanette lo disse qualche mese fa, appena dopo la rielezione alla guida della più grande Doc italiana: "Stiamo ragionando sulla nascita di una versione rosata del Prosecco". Ragionamento, quello del presidente del consorzio di tutela, che è diventato via via sempre più dettagliato diventando una proposta chiara, che potrebbe aprire le porte a una nuova fase d'espansione. Perché questo gigante del mercato delle bollicine, che tra un anno raggiungerà molto probabilmente quota 500 milioni di bottiglie, non sta meramente approfittando di momento positivo che ormai dura da più di otto anni, ma guarda al futuro, ai nuovi trend di consumo per guadagnare ulteriori spazi.

Gli obiettivi sono investire in mercati emergenti, diminuendo il rischio generato da un'eccessiva concentrazione: la Doc veneto-friulana sta modificando le proprie scelte e i primi risultati sono arrivati in questo 2018. La Russia, dopo alcuni anni di flessione, registra un balzo del +28% negli ordini, Taiwan +115%, Polonia +84,1%, Belgio +63,9%. Curioso il trend in Francia, dove il consorzio non ha mai fatto campagne di promozione. Nonostante ciò, è diventato il quarto mercato. E nei primi 9 mesi 2018 registra un ulteriore +26%. Bene Australia (+38,5%) e Svezia (+40,4%), che testimoniano il buon andamento di mercati relativamente nuovi. Tra le destinazioni storiche, oltre al Regno Unito (+4,9% a valore e -2,3% a volume), si segnalano gli Stati Uniti, secondo mercato del Prosecco, con +3,8% e la Germania che, con un +12,5%, si conferma al terzo posto del podio internazionale. Usa, Uk e Germania valgono il 75% dell'export. E Zanette, in questa intervista, riflette sui nuovi piani di espansione della Doc tracciando anche un bilancio sui temi che riguardano le vendite in Italia, il ricambio generazionale, la sostenibilità e i costi della difesa del marchio dalle frodi.

Stefano ZanetteStefano Zanette

Partiamo dalla vendemmia appena conclusa. Quali le stime di produzione in questo 2018?

Dopo un 2017 difficile, in cui l'ingresso in produzione di nuovi vigneti ci ha consentito di limitare le perdite a 3,25 milioni di ettolitri, la stima per quest'anno è di una produzione conforme al disciplinare, ovvero con rese di 180 quintali/ettaro, che dovrebbero consentirci di raggiungere 3,6 milioni di ettolitri di vino e di farci arrivare fino a ottobre 2019. C'è, poi, da aggiungere la riserva vendemmiale, per circa 500 mila ettolitri, che sbloccheremo a seconda delle richieste del mercato.

Tradotto in bottiglie?

Quest'anno certificheremo 460 milioni di pezzi e il prossimo contiamo di raggiungere quota 500 milioni di bottiglie, se il mercato proseguirà il suo trend positivo, come in nei primi nove mesi, in cui registra un +5% globale.

Alla sua riconferma da presidente non ha esitato a parlare di nuove sfide per il Prosecco in versione rosé. Non c'è il rischio di snaturare l'immagine di un vino che si è affermato come bollicina bianca?

Abbiamo fatto un passaggio in assemblea, la base sociale del Prosecco Doc, e siamo convinti di andare in questa direzione. Il tema è spinoso per chi pensa che ci si scontri con la tradizione, ma dobbiamo tenere a mente una cosa: se, negli anni passati, non avessimo seguito il mercato in un certo modo non saremmo arrivati a questo punto. Persino le altre Dop legate al Prosecco non avrebbero registrato questa crescita. Seguire il mercato è anche un dovere. Non dimentichiamoci che la tradizione è un'innovazione ben riuscita.

Come state procedendo?

Stiamo andando avanti con apposite sperimentazioni, in collaborazione con il Cirve e altri enti, sull'uso dei vitigni. Per il Prosecco rosato, vogliamo operare con il pinot nero. Alcuni vorrebbero usare il refosco per l'area friulana, altri il raboso per quella veneta. Abbiamo deciso che il pinot nero è quello che si adatta meglio alle nostre esigenze, ma stiamo sperimentando altre varietà. Allo stesso tempo stiamo studiando norme viticole da inserire nel disciplinare di produzione, comprese le pratiche enologiche per ottenere un vino dello stesso colore.Vogliamo arrivare a un rosato di qualità, di pregio e con un posizionamento più alto.

Quali le forbici di prezzo?

Intorno ai 5,5-6,5 euro a bottiglia rispetto ai 4,5-5,5 euro attuali. Sottolineo che il 50% dei consumatori stranieri, interpellati in alcuni sondaggi a nostra disposizione, ritiene di avere già bevuto il Prosecco rosato, perché già prodotto come rosato spumante fuori dalla Dop, e si dice disposto a spendere di più per questa tipologia.

Quanto rosé potrebbe andare sul mercato?

Pensiamo a dieci milioni di bottiglie, a un mercato ristretto. La volontà è quella di uscire con un prodotto che abbia un certo valore. Abbiamo appena raccolto le uve, faremo le prove di vinificazione e spumantizzazione, con un metodo Charmat lungo.

Tutto pronto tra meno di un anno, quindi?

Se le prove ci daranno risultati soddisfacenti, per la primavera 2019 potremmo discutere l'approvazione del nuovo disciplinare e poi attendere la decisione del Comitato vini Mipaaft entro giugno 2019.

Questo è il futuro, ma adesso torniamo all'attualità. Ci faccia un bilancio delle quotazioni all'origine, che lo scorso anno sono andate alle stelle.

Un anno fa, considerata la paura per la mancanza di prodotto, il consorzio aveva favorito gli accordi di filiera che, in parte, sono poi stati disattesi. La speculazione registrata ha fatto salire anche a 220 euro a quintale le quotazioni. Quest'anno, invece, tutto è tornato alla normalità, a valori vicini al 2016, con quotazioni di 1,1 euro/kg per le uve e di 1,8 euro/litro per il vino.

Come stanno funzionando le politiche di regolazione del mercato?

La decisione di bloccare gli impianti dal 2011 e di inserire la fascetta di Stato sono stati fondamentali per non far andare a rotoli l'intera Doc. Lo stoccaggio arriva in seguito per frenare una crescita tumultuosa. Lo abbiamo fatto dal 2012 al 2014, mentre nel 2015 e 2016 abbiamo optato per la riserva vendemmiale. Entrambi sono stati utili perché oggi la produzione lorda vendibile ha superato i 20 mila euro per ettaro.

Quali gli elementi critici?

La Doc sta crescendo sia nei volumi sia nella plv. Questo è positivo, ma dobbiamo far sì che la distribuzione del reddito avvenga in tutta la filiera. Qualche sofferenza si registra tra gli imbottigliatori, che hanno avuto difficoltà a trasferire gli aumenti della materia prima negli scaffali. Auspichiamo, come consorzio, che il sistema imprenditoriale dimostri di essere maturo. Occorre, in sostanza, lavorare per la qualità e verso un posizionamento di prezzo coerente con i prezzi base, evitando pericolose aste al ribasso del Prosecco, che impoveriscono sia viticoltori sia imbottigliatori. Il Prosecco non ha più bisogno di sfondare il mercato coi numeri, ma deve consolidarlo.

Che succede all'estero? Sembra siate riusciti a contenere l'effetto Brexit in uno dei mercati per voi più importanti, ma sembra il momento di investire anche altrove. Dove?

La parte del leone in tema di vendite la fanno gli Stati Uniti, dove ci sono aree in cui la nostra Doc deve essere ancora scoperta. Il Canada ci sta dando soddisfazioni, così come Norvegia, Russia, Giappone. La Cina cresce ma non esplode mai. Anche l'Australia sta registrando dei numeri interessanti, nonostante esista una produzione locale di vino Prosecco. Il prossimo anno punteremo in modo diverso a promuovere il Prosecco nel Sud Est Asiatico.

Come vanno le vendite in Italia, che per voi vale almeno cento milioni di bottiglie?

L'Italia per noi è importantissima. Dai dati Nomisma, riferiti ai 12 mesi terminanti a giugno 2018, registriamo un incremento a volumi del 2,6% e a valore del 6,6%. Si tratta di un incremento significativo del prezzo medio. Anche se va detto che ci sono volumi di Prosecco che transitano in Gdo a livelli inferiori. Ecco perché il consorzio deve lavorare a salvaguardare la denominazione. La tutela passa anche per la difesa del valore. Non dobbiamo trovare situazioni tali per cui gli spumanti generici fanno concorrenza alla Dop. Il consumatore che vuole bere Prosecco Doc ed è disposto a spendere una certa cifra non deve andare ad acquistarla a prezzi inferiori. Mi auguro che, attraverso il decreto sui consorzi di tutela nell'ambito del Testo unico, si possa lavorare a strutturare degli accordi di filiera.

Parliamo di partecipazione al consorzio dei giovani under 35. Ci faccia un bilancio

Non avendo a disposizione dati precisi sull'età dei circa 12 mila imprenditori della Doc, possiamo notare che all'ultimo bando multiregionale, tra Veneto e Friuli, che assegna 1.200 ettari di nuovi impianti viticoli, su 755 aziende che hanno ottenuto l'autorizzazione quasi il 30% (221) sono condotte da giovani.

A proposito di strategie consortili, a che punto è la vostra svolta sostenibile?

È fuori dubbio che il tema sia imprescindibile. Stiamo aspettando il passaggio in Comitato vini Mipaaft del nostro disciplinare, in cui sconsigliamo l'uso di fitofarmaci contenenti le tre molecole Mancozeb, Folpet e Glifosate. È in corso un progetto che punta alla certificazione territoriale usando i criteri del protocollo Equalitas: sta per partire una sperimentazione assieme ad alcune aziende. La base di Equalitas è il concetto di produzione integrata, assieme a indicatori di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Ma la nostra scelta sostenibile è anche nei bandi per nuovi vigneti: abbiamo dato un punteggio maggiore a chi ha scelto di impiantare o di mantenere una siepe per una superficie pari al 5% di quella richiesta come incremento in ettari. Questo ha consentito di costituire ben 56 ettari di superficie boschiva all'interno della denominazione. Un segnale concreto.

Infine, occupiamoci di tutela del marchio Dop. Quanto spendete ogni anno?

Nel 2017 abbiamo speso 1,4 milioni di euro solo per la difesa del Prosecco da falsi. Nel 2018, abbiamo contrastato 75 marchi lesivi. Siamo riusciti a togliere dal mercato un falso Prosecco in Ucraina. Alcuni risultati importanti sono stati ottenuti in Canada, Russia, India e Ucraina dove la Dop Prosecco è stata riconosciuta. Stiamo ottenendo una buona protezione in Sud America, nell'ambito dei negoziati Ue-Mercosur, in fase di definizione.

E in Australia?

L'Australia è una partita a sé. Qui la strategia dovrà essere un'altra. E credo che dovremmo riconoscere in qualche modo la loro storicità come produttori di Prosecco e, pertanto, accettare la condivisione delle denominazioni sul mercato. Ma dovrà avvenire attraverso etichette chiare e inequivocabili sulla provenienza.

 

a cura di Gianluca Atzeni

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