La storia da mangiare, il cibo da studiare

26 Mag 2010, 13:03 | a cura di

Basta poco meno di un’ora di viaggio da Roma per arrivare a Tarquinia. Oltrepassando Civitavecchia e proseguendo in direzione Grosseto, la diramazione dell’Aurelia Antica ci porta nel cuore della Maremma Laziale.

Qui il paesaggio cambia, le colline si addolciscono, i filari di cipressi, gli ulivi e i vigneti ci ricordano la vi

cinanza con la Toscana, ma siamo ancora nel Lazio, in quella zona di confine tra la Maremma e l’antico Stato Pontificio, ricca di pagine di storia, di tradizioni che si sono sovrapposte nel tempo, di monumenti e testimonianze archeologiche che ci riportano indietro di tremila anni. Dallo splendore della civiltà etrusca, passando per le vicende dell’epoca medievale, fino ad arrivare ad oggi, con il riconoscimento dell’Unesco quale Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Sulle raffigurazioni parietarie della Necropoli di Monterozzi, dove si può osservare uno dei complessi archeologici più affascinanti al mondo, la vita dell’antica civiltà etrusca è raccontata con toni accesi, narra la quotidianità di donne e uomini coinvolti in danze festose e banchetti opulenti, scene di caccia e pesca, tavole imbandite e ricche di prodotti locali.

  

 

Nella Tomba della Caccia e della Pesca in particolare, lo spirito edonistico e conviviale proprio di questa civiltà spicca chiaramente, dimostrazione di quanto  la consumazione dei cibi fosse sinonimo di piacere e amore per la vita, lo stesso che si cercava di riprodurre e perpetuare negli arredi dei tumuli destinati ad accogliere i defunti nel loro viaggio oltre la vita terrena.

“Le tombe dipinte sono una fonte inesauribile di notizie nel campo nutrizionale” - scrive la professoressa Carla Valdi, studiosa delle abitudini alimentari dell’epoca etrusca :“La vitalità che scorreva nei corpi felici abbandonati sui letti triclinari, dipendeva dalla bontà dei cibi”.
E’ da questa osservazione che inizia il nostro percorso alla scoperta dell’enogastronomia di Tarquinia, in quel solco scavato da un aratro, lungo le sponde del fiume Marta, da cui, secondo il mito,  nacque un giovane chiamato Targete, il quale rivelò a Tarchon, figlio di Tirreno e fondatore della città, i dogmi e le norme dell’aruspicina, la pratica rituale per interpretare il volere divino, quella che sarebbe stata la base della religione del suo popolo.

 

Eliana Mennillo
maggio 2010

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