Omaggio a Elio Fiorucci. Pop e anticonformismo: dall'hamburgeria milanese ai Baci Perugina, alla svolta vegetariana

22 Lug 2015, 14:21 | a cura di

 Nel 1974 offriva ai milanesi la prima esperienza di uno store di abbigliamento con ristorante annesso... Servendo hamburger su piatti Richard Ginori. Quarant'anni dopo la svolta vegetariana e l'impegno per il Pianeta. Nel mezzo tanti successi, colpi di genio, trovate di marketing. Omaggio a un'icona di stile. 


Milano, anni Settanta. Fiorucci travolge la città

1974. Mentre lancia sul mercato bikini, monokini e tanga – che con la consueta portata provocatoria del marchio travolgeranno schiere di adolescenti diventando fenomeno di costume di quell'Italia che si riscopre radical-chic kitsch – Elio Fiorucci si accinge a inaugurare in via Torino, a Milano, il secondo store del brand destinato ad acquisire fama planetaria nei decenni a venire. Qualche anno prima, nel 1967, c'era stato lo store rivoluzionario di San Babila, in Galleria Passarella, progettato da Amalia Del Ponte per dare forma alle idee di un visionario dello stile che negli anni del boom economico (lontana la mestizia del Dopoguerra) irrompeva a Milano con l'atmosfera sopra le righe respirata a Carnaby Street, messa a disposizione di una città composta e borghese che sarà ben felice di farsi travolgere da un mondo di lustrini, colori, gadget, minigonne, icone pop.

Ben presto le vetrine illuminate su piazza San Babila diventano punto di ritrovo per la gioventù degli anni Settanta (persino Keith Haring arriverà qui nel 1983 per dipingere le pareti del negozio).

Lo store di via Torino e gli hamburger sui piatti Ginori

E così Elio Fiorucci replica in via Torino, in quella che in un'intervista a posteriori definiva “la strada più all'avanguardia della città, un po' la Carnaby Street milanese, da cui sono partite tutte le mode, dai punk in su”. A supportarlo nella creazione di questo concept store multisensoriale sviluppato su tre piani, lo studio Thomas Maldonado e Franco Marabelli (fidato compagno delle successive conquiste internazionali, tra King's Road e New York). È così che vede la luce uno spazio che affascina i clienti con fontane d'acqua e profumi di cannella e negli scaffali allinea vestiti e accessori, dischi, oggetti di design e libri. E qui, dove trova posto anche un ambiente adibito alle performance artistiche, Fiorucci concretizza la sua idea di cultura pop a 360 gradi, che non può mancare l'appuntamento con una corrente gastronomica che è quella dell'upper class newyorkese: al secondo piano di via Torino nasce il ristorante che serve hamburger (tra i primi in città!)... Rigorosamente su piatti Richard Ginori, perché la moda è “stile di vita”.

Burghy e i paninari di San Babila

Precursore di tendenze, maestro del design, lo stilista milanese che aveva mosso i primi passi nella ditta di pantofole paterna, si dimostra così antesignano anche sul versante gastronomico, anticipando di dieci anni la nascita di Burghy, declinazione all'italiana (di Luigi Cremonini) del fast food d'importazione americana, che segna l'avvento - ancora una volta in piazza San Babila – della cultura dei paninari, il movimento tutto meneghino che alla metà degli anni Ottanta diventa vero fenomeno di tendenza. Il resto è storia recente (e recentissima) con l'acquisto da parte di Mc Donald's nel 1996 e la definitiva chiusura del primo fast food della città solo qualche giorno fa.

Fiorucci nel mondo. Da Andy Warhol a Love Therapy

Intanto la storia di Fiorucci era andata avanti con incedere trionfale, il celebre logo con i due angioletti (ispirato all'immagine vittoriana di Italo Lupi) esportato in tutto il mondo, la sperimentazione creativa del brand stimolata da frequentazioni “importanti”, da Andy Warhol (“è tutto ciò che ho sempre voluto, tutta plastica!” diceva di quell'estetica così vicina al suo gusto) a Keith Haring, a una giovanissima Madonna (solo per citarne alcuni). Fino al 1990, quando aveva ceduto il marchio alla società giapponese Edwin International, pur continuando a collaborare come direttore artistico. E infatti Fiorucci ha ancora molto da dire, concentrato com'è sulla definizione di una simbologia della felicità (un'estetica dell'amore che ribattezzerà Love Therapy, marchiando anche una linea di accessori per la tavola da pic nic per Weissestal) che attribuisce grande importanza al packaging.

Fiorucci per Baci Perugina. I gadget vanno a ruba

Così nel 1999 si concretizza la collaborazione con Perugina, per cui disegna una serie di confezioni di Baci in edizione speciale per San Valentino. Insieme al celebre cioccolatino, gli innamorati ricevono gadget in stile Fiorucci che faranno registrare l'ennesimo grande successo.

Poi nel 2001 lo stilista terminerà la sua collaborazione con il marchio (e nel 2003 chiude anche lo storico negozio in Galleria), pur restando quell'icona di stile e imprenditore di riferimento per il made in Italy nel mondo che è stato fino a qualche giorno fa, quando si è spento per un malore nella sua casa milanese, all'età di 80 anni.

La svolta vegetariana. L'uomo deve essere un animale gentile

Non prima di essersi fatto portavoce delle istanze di un mondo che necessita di una svolta in modalità sostenibile, abbracciando la dieta vegetariana – ironia della sorte, lui, importatore della prima hamburgeria milanese di tendenza! - e professandosi sostenitore dell'alimentazione consapevole anche in qualità di Ambassador per Expo 2015. E solo un anno fa, in un'intervista rilasciata al magazine di Expo lanciava la sua ultima provocazione: “Secondo me, il nutrimento dell’uomo e il nutrimento del pianeta non partono dalla capacità di fare un formaggio più buono, un salume più buono, ma partono da una presa di coscienza. Fino a quando l’essere umano non si nutrirà in maniera giusta, il mondo sarà malato. Il nutrimento del pianeta è conseguente al nutrimento della mente. Quando gli esseri umani cominceranno a nutrirsi in maniera giusta, anche il mondo guarirà. Questa Esposizione Universale è una grande occasione e non deve essere usata solo per parlare della bontà del cibo italiano, dei formaggi, delle specialità.” 

a cura di Livia Montagnoli

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