Granita, sorbetto, cremolata, grattachecca. Storia e ricette dell'arte fredda italiana

12 Giu 2018, 10:00 | a cura di
Sono i cugini ancor più freddi del gelato, le alternative “ghiacciate” in cono o coppetta, perfette per far fronte al clima caldo dell'estate italiana: granite, sorbetti e simili rappresentano la pausa ideale nelle ore più calde. Ecco la storia dei prodotti e le loro varianti.

 

Che si tratti della granita per la colazione alla siciliana, della grattachecca romana da gustare passeggiando per i vicoli della Città Eterna, la cremolata per i più golosi amanti della frutta o di un sorbetto rinfrescante per concludere un pasto d'autore, le specialità della tradizione dolciaria italiana più fredda sono uno dei capisaldi gastronomici dell'estate tricolore. Da assaporare come street food o dessert, purché siano ben fatti e realizzati con prodotti freschi. Dallo sherbet arabo ai chioschi dei grattacheccari, abbiamo ripercorso la storia delle ricette, adatte per le ore più torride ma da provare anche in inverno, come finale fresco e rigenerante dopo una cena sontuosa.

 

granita

La granita siciliana: lo sherbet islamico

Madre di tutta l'arte del sottozero, la granita siciliana, ideale per la prima colazione se accompagnata dall'immancabile brioche col tuppo. Una preparazione divenuta oggi simbolo della Sicilia più dolce ma che affonda le sue radici nella dominazione araba; un composto di acqua, zucchero e frutta che viene ghiacciato lentamente e mescolato di continuo, fino a ottenere una sorta di pasta fredda densa e cremosa dalla consistenza inconfondibile. Primo antenato di questo prodotto è lo sherbet, una sorta di succo di frutta aromatizzato con acqua di rose e poi ghiacciato, una bevanda molto in voga ai tempi del dominio islamico, che molti storici della gastronomia identificano come versione originale della granita moderna.

La neve dell'Etna

Simbolo per antonomasia di Catania e zone limitrofe, la granita è stata per tempo realizzata a partire dalla neve raccolta sull'Etna (ma anche sui Nebrodi, i Peloritani o i Monti Iblei) dai “nivaroli”, conservata nelle “niviere” in pietra all'interno delle grotte naturali del territorio, in modo da mantenere la sua bassa temperatura. Una tradizione medioevale portata avanti per secoli: stoccata in questo modo peculiare, la neve si trasformava in ghiaccio che veniva grattato via e addizionato di sale, prima di essere riposto in un contenitore di acciaio. Mescolando di continuo ghiaccio e miele, i siciliani riuscivano a ottenere una consistenza pastosa e morbida, perfetta per essere assaporata a cucchiaiate, con spremute di limone fresco o arance. Nel Cinquecento nasce il pozzetto, un secchiello di zinco posto all'interno di un tino di legno, nuovo strumento utilizzato per il rimescolamento della granita, con tanto di pale per impedire la formazione dei cristalli di ghiaccio. Bisogna attendere il Novecento, con l'avvento delle nuove tecnologie, perché il pozzetto venga sostituito dalla gelatiera e la neve dall'acqua.

 

granita e brioche

La granita oggi

Parliamo dunque di un dolce al cucchiaio che ha attraversato secoli di storia, imponendosi fin dall'inizio come uno dei prodotti più popolari dell'isola, che oggi viene declinato in tante sfumature diverse. I gusti, infatti, non sono più solo quelli classici: pasticceri e artigiani si divertono a creare sapori nuovi abbinando fra loro gli ingredienti più disparati, impreziositi con aromi e spezie. I veri amatori della granita siciliana, però, contemplano solo pochi gusti, quelli tradizionali: mandorla, pistacchio (molto spesso anche abbinati fra loro), gelsi bianchi e gelsi neri, agrumi. Ma c'è anche quella al caffè, al cioccolato, al mandarino, al fico d'India, al limone, alla fragola o alla pesca.

Il sorbetto, dal Medioevo al caffè parigino

C'è poi il sorbetto, alternativa senza lattosio al gelato, ormai presente in tutte le gelaterie della Penisola. Molti storici della gastronomia ritengono che anche in questo caso l'etimologia del termine sia da rintracciare nello sherbet arabo, ma c'è anche ci sostiene che il nome derivi dal turco sharber, “sorbire”, oppure ancora dal verbo latino sorbere. In qualsiasi caso, stiamo parlando di una bevanda che ha iniziato a diffondersi durante il Medioevo, ancora una volta realizzata con la neve. Nel Cinquecento, poi, la tradizione dei sorbetti ha cominciato ad affermarsi sempre di più nelle corti italiane, soprattutto quelle dei Medici, grazie ai nuovi strumenti messi a punto, stando ad alcune testimonianze, dall'ingegnere Bernardo Buontalenti. Un uomo che, come si legge nel “Del vitto e delle cene degli antichi” di Giuseppe Averani, “fabbricò per primo le conserve del ghiaccio”. L'apice del successo del dessert, però, arriva in Francia, nel locale parigino Café Procope, fra i più antichi d'Europa, inaugurato nel 1686 da FrancescoProcopiodeiColtelli, emigrato a Parigi da Acitrezza. È lui a diffondere il consumo dei sorbetti presso l'alta borghesia europea, tanto da guadagnarsi l'esclusiva alla corte di Luigi XIV per la fornitura di acque gelate, fiori d'anice e fiori di cannella.

 

sorbetto

La composizione

Acqua, zucchero e polpa di frutta: questi gli ingredienti che costituiscono la struttura del sorbetto, solitamente contenente almeno il 50% di frutta e al massimo il 25% di zucchero. Un dolce a grana fine, che ha bisogno di incorporare molta aria: l'acqua viene trasformata in zucchero e a mano a mano che i cristalli di ghiaccio si separano dalla soluzione, lo zucchero si concentra e le temperature vengono ulteriormente abbassate per formare nuovi cristalli. In assenza delle proteine e i grassi del latte, che nel cugino gelato aiutano le bolle d'aria a stabilizzarsi, nel sorbetto è la soluzione zuccherina a inglobare aria, raffreddandosi e diventando sempre più viscosa. In passato, per facilitare questa operazione veniva aggiunto spesso l'albume d'uovo parzialmente montato, una pratica poi abbandonata nel tempo.

 

cremolata

La cremolata, una granita con frutta a pezzi

Più simile alla granita ma con un quantitativo maggiore di frutta è la cremolata (o gramolata), un composto di acqua, zucchero e circa l'80% di frutta. In questo caso, la frutta viene prima frullata grossolanamente e poi ghiacciata, per essere infine grattata e ridotta in piccoli cubetti e mescolata. Caratteristica fondamentale della cremolata sono i pezzi di frutta ben visibili nel bicchiere, di dimensioni più o meno grandi a seconda del gusto del pasticcere o gelatiere che la prepara. Dalla consistenza granulosa più fine rispetto alla granita, la cremolata più celebre è quella pugliese a base di fichi, anche se è ancora piuttosto diffusa anche in Sicilia, dove però resta al secondo posto rispetto alla granita.

 

grattachecca

La grattachecca, l'arte del ghiaccio a Roma

Nella Capitale, invece, è la grattachecca a dominare la scena: emblema delle estati romane, questa bevanda è composta da ghiaccio “grattato” da un singolo blocco di grandi dimensioni e sciroppi di frutta. Il nome deriva dal verbo grattare e dalla parola checca, con cui un tempo, prima dell'avvento dei frigoriferi, si identificava il blocco di ghiaccio usato per refrigerare gli alimenti. I primi chioschi dei “grattacheccari” hanno iniziato a diffondersi fra i vicoli trasteverini all'inizio del Novecento, periodo in cui i romani hanno preso l'abitudine di passeggiare per la città sorseggiando la bevanda fresca, una pratica che continua ancora oggi. Una sorta di street food da bere, ben presto divenuto popolare in tutti i quartieri e anche nel resto della Penisola, dov'è conosciuto come ghiacciata (grattatella a Palermo, granatina a Napoli, grattamarianna a Bari).

 

chiosco grattachecca

Oggi è molto raro trovare dei chioschi che realizzano ancora la grattachecca nella maniera tradizionale, partendo da un unico blocco di ghiaccio grattato manualmente, un'usanza che è andata perduta nel tempo in favore di metodi più pratici e veloci come l'utilizzo di un tritaghiaccio elettrico, in grado di triturare il ghiaccio in piccoli pezzi, ai quali vengono poi aggiunti succhi di frutta o sciroppi.

Granita e brioche

Indecisi sul gusto della granita, abbiamo deciso di fornire tre ricette diverse per realizzare una granita al caffè, una classica alla mandorla e una più semplice e veloce al limone. Tutte accompagnate dalla brioche.

Per la brioche

400 g di farina

20 g di lievito di birra

8 uova

200 g di burro

30 g di zucchero

Qualche cucchiaio di latte

Per la granita di caffè

500 g di caffè espresso

150 g di zucchero

50 g di panna fresca

Per la granita di mandorla

100 g di pasta di mandorle

250 g di acqua

Per la granita veloce di limone

2 limoni non trattati

150 g di zucchero

400 g di cubetti di ghiaccio

Per le brioche

Impastare 100 g di farina con il lievito sciolto nel latte tiepido. Far lievitare il panetto fino al raddoppio. Nel frattempo far ammorbidire il burro e tenere le uova a temperatura ambiente. Unire al panetto lievitato 300 g di farina, incorporare le uova, lo zucchero e il burro. Impastare fino a ottenere un impasto liscio e ricavare delle pagnottelle e altrettante palline da posizionare in cima a ognuna. Mettere a lievitare per almeno due ore. Infornare per 35 minuti circa a temperatura media fino a quando le brioche saranno gonfie e dorate.

Per la granita al caffè

Sciogliere lo zucchero nel caffè caldo, mescolare e congelare nel portacubetti. Al momento di servire tritare i cubetti spatolando a lungo per rendere morbida e setosa la granita. Guarnire con un ciuffo di panna appena montata senza zucchero.
Per la granita di mandorla

Frullare la pasta di mandorle con l’acqua, versare il latte ottenuto in un contenitore basso o nel portacubetti di ghiaccio e congelare. Al momento di servire tritare i cubetti spatolando a lungo per rendere morbida e setosa la granita.

Per la granita di limone

Con l’apposito rigalimoni ottenere dei fili di scorza e tenerli da parte. Pelare a vivo i limoni eliminando tutta la parte bianca. Inserire nel mixer lo zucchero e metà della scorza di limone e portando tutto ad alta velocità rendere lo zucchero “a velo”. Unire i limoni (eventualmente tagliati a pezzi per eliminare i semi) e i cubetti di ghiaccio e frullare tutto spatolando. Servire subito con la restante scorza come guarnizione.

Sorbetti misti fatti in casa

Anche per i sorbetti, tre diverse opzioni, per scoprire nuovi abbinamenti e contrasti di sapori: pera e fave di cacao, fragola e pomodoro, yogurt, ananas e finocchio.

Per il sorbetto alla pera e fave di cacao

500 g di pere mature

150 g di zucchero

il succo di 1 limone

50 g di fave di cacao tostate

Per il sorbetto alla fragola e pomodoro

500 g di fragole mature

2 pomodori maturi

150 g di zucchero

il succo di 1 limone

Per il sorbetto allo yogurt, ananas e finocchio

500 g di ananas già sbucciato

1 finocchio lessato;

150 g di yogurt intero

150 g di zucchero

il succo di 1 limone

Per il sorbetto alla pera e fave di cacao

Portare ad ebollizione lo zucchero con 250 g d'acqua, ottenere uno sciroppo e lasciar raffreddare. Frullare le pere sbucciate con il succo di limone, unire lo sciroppo e le fave di cacao e mescolare. Versare il composto in un contenitore largo e basso e far congelare. Al momento di servire tagliare a pezzi e mantecare nel mixer. Servire subito o conservare in freezer.

Per il sorbetto alla fragola e pomodoro

Portare ad ebollizione lo zucchero con 250 g d'acqua, ottenere uno sciroppo e lasciar raffreddare. Frullare le fragole mondate con il succo di limone, unire i pomodori spellati e tagliati in pezzi e frullare ancora. Aggiungere lo sciroppo di zucchero e mescolare. Versare il composto in un contenitore largo e basso e far congelare. Al momento di servire tagliare a pezzi e mantecare nel mixer. Servire subito o conservare in freezer.

Per il sorbetto allo yogurt, ananas e finocchio

Portare a ebollizione lo zucchero con 250 g d'acqua, ottenere uno sciroppo, unire il finocchio tagliato a cubetti e lasciar raffreddare. Frullare l'ananas con il succo di limone e lo yogurt, unire lo sciroppo e il finocchio e mescolare. Versare il composto in un contenitore largo e basso e far congelare. Al momento di servire tagliare a pezzi e mantecare nel mixer. Servire subito o conservare in freezer.

a cura di Michela Becchi

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