La Capanna di Eraclio. La grande cucina di Maria Grazia Soncini

6 Dic 2018, 15:30 | a cura di

Nel delta del Po, tra risaie, nebbie e atmosfere suggestive c'è un ristorante che per molti è un luogo dell'anima. In un territorio bonificato, a sei metri sotto al livello del mare e qualche chilometro dall'Adriatico più settentrionale.

 

Sei metri sotto il livello del mare. È a questa profondità che ogni giorno Maria Grazia Soncini de La Capanna di Eraclio (Due Forchette per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso) entra in cucina, accende i fuochi, pulisce pesce e cacciagione e offre, a chi la viene a trovare, i suoi piatti del ricordo.

Il territorio

Il ristorante, che da molti anni riceve premi e fa parlare di sé, si trova in un posto difficile da raggiungere e che, forse, ne aumenta anche il fascino. Da Ferrara bisogna percorrere la vecchia strada che collega Iolanda di Savoia (luogo di sconfinate risaie e grandi spazi aperti) a Codigoro. Il navigatore spesso si confonde ma la capanna - cosi viene chiamata dai frequentatori - la si trova lì, a dodici chilometri dall’abbazia di Pomposa e altrettanti dal mare. In territorio bonificato, la struttura si trova sotto il livello del mare per quasi sei metri, circondata da campi e lunghe distese agricole. L’affascinante scenario del delta del Po che si unisce al mare si trova a due passi. Ferrara, Ravenna e Bologna sono i territori di riferimento. Chi pranza al suo ristorante lo sceglie, non ci passa quasi mai per caso. Maria grazia lì è cresciuta con tutta la famiglia, si è allontanata quando era giusto andare ed è tornata per restare.


Anguilla

Il ristorante

Ventiquattro coperti, undici tavoli e una cucina che racconta un territorio di confine: di fronte c’è il mare Adriatico e il fascino del delta, alle spalle grandi spazi aperti dove volano gli uccelli che popolano le ampie valli e gli acquitrini. Nelle cucine arrivano ogni giorno anguille, moeche, sgombri, piccoli gamberetti, vongole e molluschi, canocchie e branzini, ma anche germani e cacciagione.

Il ristorante è li dal 1922. È stato osteria, tabacchi, alimentari e persino sala da ballo. È stato sempre gestito dalla famiglia che, attraverso la perseveranza e la caparbietà dei genitori, è riuscita a traghettarlo nel corso degli anni. “I figli di ristoratori hanno quasi sempre il destino segnato” dice sorridendo Maria Grazia. “A sette anni passavo tutte le estati ad aiutare miei genitori in cucina. Pulivo rane. E così per tutte le estati dell’infanzia e adolescenza. Quest’aria la respiro da sempre”. A diciannove si iscrive a medicina a Ferrara, lascia la capanna ma poi torna. “Tutto era uguale a come l’avevo lasciato, ma le cose attorno al mondo della cucina stavano cambiando”. E così con la complicità del fratello Pierluigi e dei genitori, disposti a lasciar fare a quella figlia dall’animo un po' rock, mette mano a quel locale fuori dal mondo. Guarda incuriosita a cosa stava accadendo nel panorama della ristorazione (andava spesso al Trigabolo di Argenta del suo amico Igles Corelli) e decide, con i genitori, di apportare piccole - ma significative - modifiche alla sua sala (mette i fiori freschi sui tavoli, una vera novità per il momento) e alla cucina, regno incontrastato della madre Wanda che ancora oggi, a novant’anni, aiuta figlia e nipoti.

Calamaro scottato nella padella di ferro, polenta bianca e lattuga di mare

La cucina

Noi facciamo solo piatti che ci piacciono, in fondo è casa nostra” dice Maria Grazia che oggi è a capo di una cucina matriarcale (mamma Vanda, lei, la figlia Elettra e il nipote Nicolò). “Una semplice padellata di scampi e mazzancolle che cucinava mia madre ai sui tempi” dice “è stata arricchita da me con pomodorini e basilico fresco. L’anguilla è arrosto, in umido e servita su una polenta bianca morbida. Da sempre”. La pasta è tirata rigorosamente a mano e la maionese è tra le più buone in circolazione. La materia prima arriva da vicino, da rapporti di lunga data, familiari, umani, con pescatori e allevatori che abitano in zona.

Dal duemila la critica gastronomica inizia ad accorgersi di lei e di quel posto fuori dai circuiti, così buono e affascinante (il Gambero Rosso, insieme ad altre guide, lo conferma ogni anno).

Mio fratello Pierluigi è un grande uomo di sala e spetta a lui, assieme a Maurizio, accogliere chi decide di venire da noi. Si ricorda di tutti e tutti si ricordano di lui. Io sto in cucina assieme a mia figlia e mio nipote, che sono la nuova generazione, e faccio uscire tutti i piatti”. Fra quelli più apprezzati ci sono la pasta alla chitarra con sgombro fresco, capperi, pomodorini e olive, i cappellini con i “giotoli” (molluschi), il germano con cipolla e vino rosso e il famoso risotto di cacciagione di valle. I sapori sono quelli di un tempo, di quelle estati passate a pulir pesce per la cena; la tecnica invece è quella di oggi.

Branzino fritto

I clienti arrivano un pò dappertutto, magari facendo anche molti chilometri” dice “e si aspettano di trovare nei piatti il sapore della tradizione e del nostro territorio. E noi facciamo in modo che escano sempre soddisfatti”. D’estate si mangia sotto il pergolato e da lì arriva anche l’uva che serve, a settembre, per fare i dolci.

Viaggia spesso per eventi assieme alla figlia. Insegna e impara da ogni serata passata fuori dalla sua cucina confrontandosi con i molti amici colleghi, ma se le chiedi di descrivere il suo ristorante lei taglia corto e risponde così: “è casa nostra, è nella nostra anima”. Benvenuti a La Capanna di Eraclio.

 

La Capanna di Eraclio - Codigoro (FE) - Località per Codigoro, 3 - via Per Per Le Venezie 3 - 0533 712154

 

a cura di Tommaso Costa

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