Pastry chef. Intervista ad Elnava De Rosa chef pasticcere del ristorante Oliver Glowig di Roma

5 Dic 2014, 12:30 | a cura di
Uno chef famoso va a cena in un ristorante, rimane colpito dai dolci e poi torna per portare con sé chi l'ha realizzati. No, non è un film, ma la storia di Elnava De Rosa. Oggi pastry chef del ristorante Oliver Glowig di Roma. Volete sapere come è andata? Leggete qui.

Elnava, l'eroina dei dolci. Si potrebbe intitolare così l'intervista a Elnava De Rosa (del resto il suo nome deriva da quello della protagonista dell'omonima opera lirica), pastry chef del ristorante Oliver Glowig. Lei, a differenza di molti colleghi, non ha frequentato la scuola alberghiera bensì un liceo classico. Questo non le ha impedito però di seguire la sua passione per i dolci: una volta convinta la mamma a iscriverla alla scuola Cordon Bleu di Roma entra finalmente nel magico mondo della pasticceria, prima alla Pergola, con il suo mentore Heinz Beck, poi da Pierre Hermé a Parigi. È però al ristorante Comandante dell’hotel Romeo che incontra Oliver Glowig, il quale si innamora dei suoi dolci e la convince a seguirlo al Capri Palace. La storia però non finisce qui...

Quando e perché ti sei avvicinata alla pasticceria?
In realtà i dolci li ho sempre fatti, impastare mi rilassa e in un certo senso mi estranea dal mondo. A livello professionale, però, devo a Heinz Beck e alla sua intuizione di inserirmi fin da subito nel reparto pasticceria de La Pergola, il mio ingresso nel mondo dei dolci.

Come è stato lavorare con Heinz Beck?
Un’esperienza unica. Lui è un maestro attento e rigoroso ma lascia la libertà di provare e di esprimersi. D’altro canto la pasticceria è creatività prima di tutto. A lui devo la mia autonomia e soprattutto la ricetta della pasta sfoglia: ogni giorno ci mettevamo con le mani in pasta finché il risultato non soddisfaceva entrambi.

Dopo cinque anni passati alla Pergola, durante i quali hai avuto l’occasione di frequentare molti corsi, sei andata da Pierre Hermé a Parigi. Cosa hai imparato?
A non sottovalutare il lato estetico dei dolci. Questa è una prerogativa tipica dei francesi, che a noi italiani un po’ manca. Non mi sono fermata e sono andata a Londra, prima di tutto per imparare l’inglese. Qui ho lavorato in una pasticceria (ora non c’è più) nel cuore del quartiere chic della capitale inglese: Kensington and Chelsea. I clienti cercavano la pasticceria tradizionale e io li accontentavo.

Dopo le esperienze estere sei tornata in Italia.
Prima al Palazzo Sasso con lo chef Pino Lavarra, poi a Les Paillotes a Pescara, dove c'è la consulenza di Heinz Beck, infine a Napoli al ristorante Comandante dell’hotel Romeo. È qui che lo chef Oliver Glowig si è accorto di me: una sera venne in veste di cliente e rimase colpito dai miei dolci così, al termine del contratto, mi ha chiamato per lavorare con lui al Capri Palace. Quando lo chef si è trasferito a Roma ho deciso di seguirlo. Sono passati ben tre anni da allora.

Secondo te perché i tuoi dolci hanno piacevolmente stupito lo chef Oliver Glowig?
Credo sia la leggerezza che li caratterizza. Cerco sempre di inserire nei miei dolci delle note salate e acide per evitare l'effetto stucchevole e renderli un'idonea conclusione di un menu degustazione.

Cucina e pasticceria sono diverse?
Sono diverse le prerogative che bisogna avere per intraprendere l’una o l’altra strada: la pasticceria ha bisogno di estrema precisione, bisogna pesare gli ingredienti e questo la rende più simile alla chimica, necessita di più tempo e non ammette sbagli: non si può rimediare a un errore aggiungendo o togliendo un ingrediente. Anche da un punto di vista organizzativo la pasticceria è diversa se non opposta alla cucina: la prima richiede molta preparazione durante l’arco della giornata e poi, durante il servizio, si tratta perlopiù di assemblare. In cucina avviene invece il contrario. Io per esempio non potrei mai fare cucina.

Perché?
Non ho il carattere per lavorare in cucina: sono dolce, leggera, precisa, calma, ovvero l'esatto contrario di quello che serve per lavorare tra i fornelli! Non prendetemi per pazza ma secondo me la pasticceria è donna. Ed è forse per questo che nei miei dolci c'è sempre un tocco di rosa o di viola, ed è sempre per questo che amo lavorare con altre donne, Antonella Mascolo in primis, perché mi sembra sia tutto più armonioso, più ordinato, più preciso.

Oltre alla serenità che ti trasmette cos'altro ti attrae della pasticceria?
Mi piace comunicare, tramandare questo mestiere, dando spiegazioni tecniche a chi si approccia per la prima volta alla pasticceria.

Attraverso il dessert cosa vuoi comunicare?
Molto spesso i miei ricordi. Per esempio la Sfogliatella, che è tuttora in carta, trasmette i profumi e le emozioni che ho vissuto durante l'infanzia.

Che rapporto hai con Oliver Glowig?
Di estrema fiducia.

L'ingrediente indispensabile?
La passione

La tua ultima creazione?
La nostra ultima creazione? La torta di carote. È un po’ magica perché viene bagnata davanti al commensale con un infuso di erbe aromatiche che le fa cambiare colore all'istante, donandole delle note rosa viola.

Un dolce per tutte le occasioni?
La classica crostata con crema pasticcera e frutta. Il dolce tipico delle mamme, un po’ croccante, un po’ morbida, fresca e un po’ acida. Un dolce confortevole.

Oliver Glowig all'Aldrovandi Villa Borghese | Roma | via U. Aldrovandi, 15 | tel. 06.3216126 | www.oliverglowig.com

a cura di Annalisa Zordan

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