Un "inviato speciale" a scuola di Tempura

13 Lug 2011, 12:34 | a cura di

"Non sono nuova ai corsi di cucina del Gambero Rosso ma è sempre divertente passare una serata  tra i fornelli". Esordisce così Martina, appassionata di cucina giapponese, che ha deciso di mettersi in gioco partecipando, lunedì, al corso amatoriale del Gambero Rosso su il tempura, sotto la supervisione dello che f Davide Mazza. Ecco la sua esperienza.

Lunedì sera lo chef, Davide Mazza, mi ha svelato i segreti della tempura, ovvero: il fritto alla giapponese.

 

Per preparare la pastella servono: 200 grammi di farina 00 (in Giappone si usa quella di riso in realtà), un uovo intero e mezzo litro di acqua ghiacciata e frizzantissima (tipo Perrier). Poi bisogna tagliare carote, zucchine, melanzane e peperoni a julienne, pulire e privare della testa i gamberi e gli scampi senza, però, togliere la coda. Passare verdure e crostacei in pastella e poi giù nell’olio bollente, olio rigorosamente di arachidi o EVO. Sapete come scoprire quando l’olio ha raggiunto la temperatura ideale? Ecco uno preziosissimo trucco da chef: prendete uno stecchino di legno (quelli da spiedino) e immergetelo nella padella con l’olio, se dalla punta dello stecchino “fuoriescono” delle finissime bollicine, come quelle dello champagne, è fatta.

 

Una delle cose più divertenti di questi corsi è che tra vicini di fornelli, inevitabilmente, scatta la competizione. Con amarezza devo ammettere che i miei vicini di ieri sera, una casalinga romana ed un ingegnere milanese, erano molto più bravi di me. La loro tempura era croccante e leggera mentre la mia, soprattutto la prima versione, triste e molliccia.

 

Non male anche le variazioni sul tema, si perché nonostante tutti gli sforzi dello chef di parlare di tempura e solo tempura durante la preparazione delle falde di pollo e verdure in tempura con roasty di patate e salsa agrodolce, nessuno è più riuscito a trattenersi  e sono partite a raffica domande e commenti sui più svariati usi e costumi in cucina: “Spaghetti o linguine per la pasta alle vongole?” oppure “No, mai la cipolla nella amatriciana!”. Infine abbiamo affrontato la spinosa questione del vino si o vino per la cottura delle vongole (a quanto pare assolutamente no) e abbiamo scoperto quanto può essere utile per tantissime ricette, ad esempio per mantecare il risotto,  conservare dei cubetti ghiacciati di bisque o salsa di crostacei nel congelatore.

 

L’unico vero inconveniente dopo un corso di cucina è che, ed è una certezza, gli amici si auto-inviteranno a cena a casa vostra con la scusa di testare i vostri progressi in cucina. Come quella volta che ho frequentato il corso di Thanksgiving: come preparare un perfetto tacchino farcito all’americana. E ho deciso poi (assolutamente costretta), una domenica pomeriggio, di replicare con una tacchinella ripiena di castagne. Io, una bottiglia di vino rosso e un gallinaceo da quattro chili e mezzo nel mio forno che speravo con tutto il cuore non si seccasse. Quasi cinque ore dopo la tacchinella era perfetta, dorata e croccante al punto giusto, ma io avevo un tale mal di testa che me ne sono andata a dormire.

 

Martina Zanetti

13/07/2011

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram