I volti di Gourmet. Matias Perdomo

18 Ott 2016, 09:32 | a cura di

Uruguaiano di nascita, milanese d'adozione, italiano per vocazione. È Matias Perdomo, lo chef di Contraste, dove il menu è rappresentato da uno specchio.

Prenotati a La costruzione del menu domenica 13 novembre dalle 10.00 alle 11.30 

 

Matias Perdomo

Bazzica in cucina da quando ha 14 anni: obiettivo numero uno? Lavorare nel primo hotel 5 stelle del suo Paese. Matias Perdomo non ce la farà causa la giovane età, ma il traguardo da raggiungere la dice lunga sulle sue ambizioni. Quattro anni dopo, si fa le ossa nelle cucine di un ristorante italiano a Montevideo, dal quale salpa direttamente verso la Madonnina per dare una mano all’amico chef, uruguayano come lui, che lavora al Pont de Ferr. Questa la storia passata. Ma da poco più di un anno Perdomo ha intrapreso un nuovo viaggio, insieme a Thomas Piras e Simon Press, tutto orientato al confronto con i clienti.

Niente egocentrismi i cucina (a cui spesso ci siamo abituati), niente menu prestabilito, niente rigidità. Solo uno scambio autentico tra cucina, sala e clienti. Al Contraste di via Giuseppe Meda, all'interno di un cortiletto in un vecchio appartamento borghese, il cameriere diventa quasi psicologo per recepire i desideri dell’ospite e aiutarlo a elaborare un menu su misura, che si apre con uno specchio riflettente, per l'appunto, il viso del cliente. E la cucina, quella di Matias, dal canto suo ha schedato i piatti in menu, seguendo un indice di “tradizione” e “innovazione” applicato a 4 parametri: forma, gusto, consistenza, temperatura. È così che sono riusciti ad affinare quello che potremmo definire un database di gusti e preferenze dei clienti abituali. Lo spiegherà meglio, insieme a Thomas Piras, durante Gourmet Expoforum, domenica 13 novembre nella Sala Forum. Nel frattempo leggetevi l'intervista.

Simon Press e Thomas Piras

 

A un anno dall'apertura di Contraste come va?

Bene, siamo contenti! Ovvio che ancora dobbiamo raggiungere l'equilibrio ottimale.

In che senso?

Il giusto equilibrio tra il numero del personale, dei clienti, l'incasso, i giorni di lavoro. È questione di matematica.

I pro e i contro di essere uno chef uruguaiano in Italia?

Ho un'apertura mentale decisamente più sviluppata quando si tratta di tradizione. Per me la tradizione gastronomica italiana non rappresenta un limite: la rispetto, ovvio, ma non percepisco la pressione e mi sento libero di riformularla.

Effettivamente la pressione di cui parli la percepiamo durante le Strade della Mozzarella, dove solitamente sono gli chef stranieri a portare i piatti più interessanti.

Nell'edizione dell'anno scorso avevo preparatola Muffarella, una mozzarella stagionata con l'aiuto di una signora che produce formaggi di capra. Avevo portato il prodotto da un estremo all'altro, dalla massima freschezza al massimo punto di invecchiamento. Temevo il linciaggio, fortunatamente mi sbagliavo!

Pensi mai di ritornare in Uruguay?

Vivo in Italia da 16 anni, ormai qui ho una vita...

Ma?

Mi piacerebbe (una volta messo a regime Contraste) poter attivare delle collaborazioni con il mio Paese, magari coinvolgendo gli studenti di scuole uruguaiane. Vorrei attivare degli stage itineranti per far vivere loro più esperienze possibili qui in Italia.

Come vivi la tua professione in una città come Milano, dove quasi ogni giorno apre un locale nuovo?

Per me più siamo, e meglio è. Vorrei che Milano fosse vissuta come una città caratterizzata da mille proposte, quindi ben vengano tanti locali dove ci siano, in ognuno, un'identità e una genuinità ben definite.

Non temi che il vostro progetto sia già considerato “sorpassato”?

No, anche perché il nostro progetto non sarà mai una realtà fatta e finita: una delle variabili imprescindibili è data dal cliente, e finché cambiano i clienti, cambierà anche la nostra cucina. Questo non vuol dire che cucino quello che vogliono i clienti, sia ben chiaro, piuttosto significa che i piatti sono il risultato del confronto con le persone.

Cosa rispondi a chi ti “accusa” di preparare lo stesso menu per tutti i commensali, andando così contro alla dichiarazione di intenti del Menu Specchio?

Sinceramente eviterei di farmi coinvolgere da tutta questa ansia. Noi siamo in dodici ragazzi che danno il 100%, ma non è sufficiente per la riuscita della serata. Credo che la volontà e la voglia di fare una bella serata ci debba essere anche e soprattutto da parte del cliente, perché il 50% del successo lo fa la persona seduta al tavolo. Detto questo, se vedo arrivare una coppia preferisco farli viaggiare assieme, così si possono confrontare e possono condividere un momento. Lo considero alla stregua dell'andare al cinema assieme, solitamente si guarda lo stesso film.

Perché questa scelta del Menu Specchio?

Ho voluto spogliarmi da qualsiasi forma di egocentrismo, concentrandomi principalmente sui clienti. Poi mi annoierei a preparare un menu unico per tre/quattro mesi.

È questione di improvvisazione?

No, ci sono delle preparazioni ben precise e un menu prototipo, che poi vado a variare in base al confronto con il cliente. È chiaro che dietro questa libertà c'è un'organizzazione maniacale: solo così si può essere creativi.

Cosa dire a un ragazzo che vuole intraprendere questa carriera?

Non è tutto bello come sembra. La sovraesposizione degli chef è da un lato positiva, perché avvicina la gente alla nostra professione, dall'altra negativa perché racconta il nostro mestiere in maniera edulcorata. I ragazzi devono sapere che bisogna fare delle rinunce, a cominciare dalle domeniche, ai compleanni, alle fidanzate.

Così ne metti alla prova la passione?

La passione non deve essere l'unico motore: bisogna individuarla, ovviamente va crescendo nel tempo, ma deve sempre essere canalizzata attraverso la formazione, che consente di imparare giorno dopo giorno qualcosa di nuovo, altrimenti è solo fanatismo. Tutto questo senza pressioni e senza perdere la fantasia.

In Italia esistono scuole valide?

Sì, bisognerebbe solo rinfrescarle un po' con un maggior numero di lezioni pratiche, magari attivando più collaborazioni con cucine vere, andando oltre la concezione dello stage come sfruttamento della persona. Per me non è così, anch'io l'ho fatto quando ero giovane e posso assicurare che all'epoca non c'era soddisfazione più grande della pacca sulle spalle da parte dello chef.

A che punto sta la cucina italiana oggi?

Vive un periodo molto positivo, e anche in generale, nel mondo, la cucina sta vivendo un periodo florido.

I clienti sono cambiati?

Sono decisamente più informati, ma...

Ma...?

Ma hanno un bagaglio storico meno solido.

 

Contraste | Milano | via Meda, 2 | tel. 02 49536597 | www.contrastemilano.it

 

Gourmet 2016 | Torino | Lingotto Fiere, padiglioni 2 e 3 | dal 13 al 15 novembre | Tutte le informazioni per partecipare sono disponibili sul sito www.gourmetforum.it

 

a cura di Annalisa Zordan

 

I volti di Gourmet

Giancarlo Perbellini

Iginio Massari 

Igles Corelli 

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