Cantina Settesoli e Selinunte: triste storia di un restauro mancato

19 Nov 2015, 16:30 | a cura di

14 mesi per cercare di restaurare un sito archeologico. Poi la rinuncia di fronte a mille difficoltà. Il caso della Cantina Settesoli e del Parco Archeologico di Selinunte e Cave di Cusa. Così le istituzioni rifiutano il finanziamento da un privato.

Tutto inizia nell’estate 2014 quando le Cantine Settesoli di Menfi, la più grande azienda vitivinicola siciliana, con 6.000 ettari di vigneto e 2.000 viticoltori associati, decide di avviare una campagna per sostenere il Parco Archeologico di Selinunte e Cave di Cusa. I siti, tra i più grandi d’Europa, da tempo sono sotto osservazione della stampa nazionale e locale a causa del degrado e in generale della scarsa manutenzione.

 

Il progetto

Settesoli diventa così promotore di un progetto di “interesse pubblico” integrato con il fund raising che avrebbe previsto un’intensa campagna di marketing e di pubbliche relazioni, per attivare un apporto diretto di fondi privati (in primis dalle Cantine Settesoli) e una contestuale raccolta fondi (dai donatori) da destinare ad interventi di manutenzione, restauro e valorizzazione dei beni del Parco ed in particolare del “Tempio C”. L’obiettivo del progetto è raccogliere minimo 500.000 € e aumentare la conoscenza di Selinunte tra i turisti italiani. “Il nostro progetto nasce” spiega Vito Varvaro, presidente della cantina “perché noi siamo un’azienda profondamente inserita nel territorio e d’altra parte il nostro vino s’identifica con il territorio stesso e con la sua storia. I templi del sito archeologico di Selinunte, non molto distanti da Menfi, sono una parte integrante di questo contesto storico, culturale e artistico. Non siamo una cantina ricca però abbiamo pensato che un contributo per la manutenzione o per qualsiasi altro fine fosse il modo per migliorarne la fruizione turistica. In cambio avremmo avuto la possibilità di utilizzare il nome e l’immagine di Selinunte che oltretutto ci sarebbero serviti per moltiplicare i fondi”.

 

Le difficoltà

La proposta sin dall’inizio suscitò interesse tanto che la direzione del Parco Archeologico decise di dare priorità al progetto. Terminata la prima fase tutto l’incartamento passò alla Regione Siciliana per le dovute approvazioni. “Se come controparte ci fosse stato il Ministero dei Beni Culturali” racconta Varvaro “probabilmente la vicenda si sarebbe svolta diversamente perché in questi anni la situazione è molto migliorata. Ma i Beni Culturali in Sicilia sono appannaggio della Regione Siciliana. Per cercare di superare gli ostacoli di carattere burocratico abbiamo anche messo a disposizione uno studio legale specializzato in veste di consulenti ma nemmeno questo è bastato per ottenere il via libera, versare il denaro e dare inizio alla campagna”. Aggiunge Salvatore Li Petri, direttore generale di Settesoli “Durante gli innumerevoli incontri – oggetto di un articolato dossier dell’azienda con date e nomi dei funzionari presenti alle riunioni e distribuito a tutti gli attori della vicenda - l’atmosfera era stupenda e collaborativa, il progetto veniva considerato pilota e non c’erano interessi contrapposti, però c’era sempre un ostacolo: una norma o la sua assenza, un regolamento da promulgare o una procedura da mettere a punto che di fatto impedivano di procedere”.

 

La conclusione

Ora dopo 14 mesi di rinvii, Settesoli ha deciso di non proseguire rendendo pubblico quanto è accaduto sinora. Vale a dire l’impossibilità per la Regione Sicilia e per lo Stato di accettare un aiuto da un privato. “Il marketing territoriale” spiega ancora Vito Varvaro “è parte integrante del nostro lavoro come azienda vinicola, se non riusciremo a sbloccare l’impasse, investiremo questi soldi in altre attività. D’altra parte le idee non ci mancano. In ogni caso ritengo che sia un dovere portare all’attenzione dell’opinione pubblica quanto è accaduto in questi 14 mesi. Un dovere sociale e d’impresa del tutto coerente con il nostro essere una cooperativa che ha radici profonde nel nostro territorio”. La campagna e tutto il materiale, dai collarini per le bottiglie ai depliants alle varie attività di comunicazione legate a Settesoli sostiene Selinunte è pronta. Riuscirà il vino a battere le procedure kafkiane ? Speriamo di sì, innanzi tutto per Selinunte. Ne ha bisogno.

 

Il precedete: il caso della Tod’s e il restauro del Colosseo

Seppur con delle diversità rispetto a Settesoli, il caso dellaTod’s e il Colosseo, è rimasto negli annali per le tante difficoltà affrontate. L’idea dell’azienda di Diego Della Valle era di stanziare 25 milioni di euro per finanziarne il restauro a fronte dell’esclusiva sull’immagine del monumento per 15 anni, la gestione del marketing del biglietto d’ingresso, la possibilità di organizzare campagne fotografiche e di riprese all’interno, ecc. Dalla firma dell’accordo nel 2011 con il Sindaco di Roma e il Ministro dei Beni Culturali, fu un lungo susseguirsi di polemiche ma soprattutto di ricorsi al Tar Lazio. Tra gli avversari della sponsorizzazione, per tenacia, si distinse il Codacons. Poi alla fine la situazione si sbloccò e i lavori finalmente iniziarono. Da questa vicenda in qualche modo scaturì l’Art Bonus che consente la detrazione dalle imposte fino al 65% dell’importo donato, a chi effettua erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano. Il bonus ha permesso di incassare 34 milioni di euro da 790 mecenati. In questo modo enti, imprese e privati cittadini hanno assicurato 272 interventi sul patrimonio artistico, culturale e monumentale del paese.

 

a cura di Andrea Gabbrielli

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram