Giovanni Luca Di Pirro: la mia cucina di territorio al Castello del Nero

22 Apr 2015, 08:30 | a cura di

A Tavarnelle Val di Pesa Giovanni Luca Di Pirro è l'anima del ristorante La Torre e de La Taverna, all'Hotel Castello del Nero. Due insegne per una doppia linea di cucina, creativa e tradizionale. Ma sempre fortemente legata al territorio. Ce ne parla lo chef.

Giovanni Luca Di Pirro, toscano di adozione ma con origini romagnole e abruzzesi è l'executive chef del Castello del Nero. Resort nato all'interno di un castello del XII secolo nella campagna del Chianti, a un passo da Firenze, Pisa, Siena. Una struttura circondata da 300 ettari di vigneti e uliveti, in cui godere di un'esperienza gastronomica che viaggia su due canali paralleli. Da una parte il ristorante La Torre (2 Forchette del Gambero Rosso, 1 Stella Michelin), nelle ex scuderie del castello, raffinato e dall'impronta più creativa, dall'altra La Taverna, nelle antiche cucine, che propone piatti della tradizione. Quindi se alla Taverna è possibile gustare, per esempio, i pici tirati a mano (nella versione primaverile con pomodorini alle erbette e baccelli) nel più elegante La Torre si trovano piatti come il Risotto mantecato alla crema di piselli e melissa con crudo di gamberi rossi di porto S. Stefano, lime e primule o la Spugna alla menta su passata di fragole, gelato all’alloro, olio extravergine del Castello e sale nero. In un'atmosfera scaldata, in inverno, dal grande camino monumentale, mentre nella bella stagione è la vista sulle colline toscane, che si gode dalla terrazza panoramica, a fare da contorno al menu. Incontriamo lo chef per conoscerlo meglio.

Come ha iniziato?
Sono partito dalla scuola alberghiera, poi ho fatto esperienze all’estero: Londra, Francia, Germania e anche una breve periodo in America. Ho lavorato ad Alba cinque anni e alla fine sono arrivato a Montalcino.

Quanto è differente l’esperienza a Castello del Nero da quella del suo ristorante a Montalcino?
Qui sono entrato in un contesto diverso, dove abbiamo messo a punto diversi aspetti, riuscendo anche a centrare degli obiettivi che a Montalcino non avevo ancora completato o raggiunto. Sono ripartito e sono riuscito a progredire venendo a lavorare in questo posto molto bello, e ho raggiunto da dipendente quello che non avevo ottenuto come imprenditore.

Quante persone collaborano con lei in cucina?
Nella mia brigata lavorano 9 persone, per lo più toscane.

Che età hanno?
Il più vecchio ha 28 anni, il più giovane 19. Amo i giovani, credo in loro. E credo sia giusto offrirgli delle opportunità come le ho avute io: le mie esperienze lavorative sono state belle, seppure fatte diversi anni fa, con difficoltà e tecnologie diverse rispetto a ora.

Da che storia vengono?
Li ho conosciuti tre anni fa, praticamente da quando ho iniziato ho la stessa brigata di ragazzi che provenivano da altre esperienze, ma si sono messi in discussione e mi hanno ascoltato, comprendendo quali i miei obiettivi. Uno in particolare ha iniziato da commis ed è diventato uno chef di partita. Sono molto contento di loro, sono ragazzi straordinari, e mi piace trasmettergli l’amore per questo lavoro, ma devono avere delle motivazioni per svolgere un’attività così impegnativa e io credo di avergliele date. Lo scorso anno, 2014, gli ho detto: questo è l’anno della stella Michelin! È stato un evento bellissimo per tutti, perché questa stella è anche loro, non è soltanto mia, la condivido pienamente con loro.

Perché la scelta di due ristoranti a Castello del Nero e come li gestisce?
Semplice: un hotel con un solo ristorante propone un solo tipo di ristorazione. La clientela chiedeva anche di mangiare piatti tradizionali in un contesto più informale. Con la Taverna abbiamo voluto creare un ambiente tipico toscano dove gustare una bistecca o una lasagna, senza dover necessariamente andare fuori dalla struttura. Ma la mia cucina resta in entrambi i casi italiana ed è legata al territorio: il pesce viene da Castiglion della Pescaia, la carne finora è stata toscana, anche se penso di sostituirla con quella piemontese. A questo aggiungo un po’ di creatività, ma sempre con l'obiettivo di mantenere il giusto equilibrio, dare la spinta che mette in risalto l’ingrediente principale in ogni piatto.

Quale piatto le sarebbe piaciuto inventare?
Il ragù. Secondo me è un must nel mondo.

I prodotti che acquista sono a chilometro zero?
Non mi piace chilometro zero come definizione, però mi piace che il territorio sia presente. L’etichetta chilometro zero come regola mi sembra un po’ eccessiva, non mi sembra realistica e non mi piace dire sciocchezze.

Ha instaurato sinergie con il territorio o con i colleghi?
Abbiamo partecipato a una cena per beneficenza per bambini affetti da SLA. Abbiamo organizzato cene con ristoranti di altre regioni, abbiamo proposto una cena con altri colleghi sul tema dell’olio. MI piace collaborare con altri colleghi, per esempio con cene a più mani. Il 19 luglio andrò a Milano, al ristorante Unico, per partecipare a una cena a quattro mani.

Per la ricerca dei prodotti come si comporta?
Il fornitore del pesce l’ho scelto andando in azienda. Hanno delle barche che partono da Castiglion della Pescaia fino a Viareggio. La frutta e la verdura arrivano da una bottega di Tavarnelle e con l’esercente ho instaurato un rapporto di totale fiducia. Ovviamete privilegio i prodotti stagionali freschi.

Nei due ristoranti usa i prodotti dell’orto biologico di Castello del Nero?
Il nostro team (composto di tre manager) ha scelto di impiantare un orto biologico che mi fornisce soprattutto le erbe aromatiche, che amo molto, mentre le verdure non sono sufficienti all’intero fabbisogno dei due ristoranti. Nel periodo delle zucchine quelle prodotte qui le utilizzo per il ristorante. Gli aromi provengono tutti dall’orto bio.

A che tipo di clientela si rivolge, italiana, straniera?
La clientela all’inizio è stata prevalentemente americana, ora si stanno avvicinando di più gli italiani, i brasiliani e quindi c’è più assortimento. Ci sono clienti esterni che vengono qui a cena e che non risiedono in albergo.

La sua famiglia ha origini romagnole ma anche abruzzesi, cosa ha importato della cucina abruzzese?
Nel mio Dna c’è sicuramente l’agnello, un piatto tipico abruzzese, a volte faccio, come entratina, le pallotte cacio e uova, servite con crema di pomodoro .

Quali sono i suoi progetti futuri al di fuori o dentro il ristorante La Torre?
Non mi piace parlare dei miei progetti futuri, ne ho tanti e vediamo nel tempo cosa ne verrà fuori. Questo inverno sono stato a Città del Messico, portando lì la cucina di Castello del Nero. In un’altra nazione cambiano i prodotti, la farina… È stata una esperienza bella e anche dura, ma sono riuscito a fare ravioli, tagliatelle e anche il ragù. Ho eseguito un menù completo: cinque antipasti, cinque primi e cinque secondi. Una settimana dedicata a Castello del Nero con due menù ed è stato un bel successo, quindi cucina tipica italiana con prodotti del luogo.

Preferisce essere chiamato chef o cuoco?
Siamo soprattutto dei cuochi, l’appellativo chef è di moda da alcuni anni. Sono fiero e contento del mio lavoro, di essere un cuoco. Le mie mansioni sono di executive chef, praticamente un manager di cucina, mi occupo del coordinamento di tutta la parte food, per le cucine, della gestione degli acquisti e così via. Fondamentalmente sono un cuoco, sono ai fornelli e faccio da mangiare e mi piace far da mangiare, amo ancora cucinare e ne sono orgoglioso. Non a caso Michael Ellis, direttore internazionale guide Michelin, durante la cerimonia di assegnazione delle stelle Michelin ha detto: “Facciamo entrare i cuochi”.

La Torre | Castello del Nero | Tavarnelle Val di Pesa (FI) | via Spicciano, 7 | tel. 055.806470 | www.castellodelnero.com/

a cura di Antonella Cecconi

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