Antonio Ciminelli: “torno al Relais Le Jardin di Roma con Gigi Nastri”

18 Dic 2015, 12:30 | a cura di

Torno dove tutto è cominciato” con queste parole Antonio Ciminelli ci introduce il suo rientro a Roma, nientemeno che a quel Relais Le Jardin che forse non tutti ricordano come ristorante, ma che è nato proprio con lui e che – erano la fine degli anni '80 – ha segnato una tappa fondamentale della ristorazione romana (e non solo).

Ci sono entrato da ragazzo nel 1982 per uscirne nel '90. E il '90 è una vita fa”. Una vita segnata da tante tappe di rilievo nel panorama ristorativo italiano. A partire da quel posto, il Relais Le Jardin che Antonio Ciminelli ha contribuito a creare e far crescere sul finire degli anni '80, per arrivare a oggi, con alle spalle esperienze come quelle al Pellicano de La Torre di Fiuggi (chiuso nel 2012) e l'Osteria Fontana Candida di Monte Porzio Catone, attiva dal 2007 a pochi mesi fa. Perché tornare dopo 25 anni? “La proposta di gestione era molto interessante e mi è parso una di quelle occasioni da cogliere: rientrare all’hotel Lord Byron per curare tutto il food&beverage, e tornare al Relais Le Jardin. Mi sono detto che era come tornare a casa”. C'erano state altre proposte, per esempio quella del The First Hotel, sempre a Roma, orfano di chef Riccardo Di Giacinto e del ristorante All’Oro, ma alla fine la scelta è caduta sul Relais.

 

Il nuovo anno, tra gennaio e febbraio, lo vedrà a Roma, in quello stesso luogo che lo ha tenuto a battesimo come uomo di sala e come primo sommelier del Lazio. Il ristorante del Lord Byron, 5 stelle alle spalle di Villa Borghese. Un posto che negli anni ha perso un po' di smalto dal punto di vista gastronomico, dando vita, nel tempo, a uno dei giganti del catering e banqueting romani: un'attività da grandissimi numeri (sempre della famiglia Ottaviani, la stessa dell'hotel) che ha lasciato alle spalle il ricordo di cosa fosse il Relais tanto tempo fa. Legami con il catering? “Nulla a parte nome e proprietà”. E in effetti organizzare grandi ricevimenti di scala “industriale” è una partita, fare fine dining un’altra.

 

Il Relais Le Jardin atto secondo

Il ritorno di Ciminelli al Relais è accompagnato da un gruppo straordinario, il team Ciminelli, con 4 dei 5 figli di Antonio (manca Chiara, in Svizzera). “Sono tutti cresciuti respirando l'aria del nostro ristorante, dove hanno imparato bene, dalle basi, ma in un contesto sano come quello di Fiuggi” e tutti hanno intrapreso la strada della ristorazione, passando per varie insegne: Pellicano, Locanda Locatelli a Londra, Settembrini. C'è Matteo (27 anni) che arriva dalla Brasserie Chapeau, francese stellato di Londra: seguirà lui la cucina con la mamma Maria, che si occuperà di dolci (anche per le colazioni), pane e pasta fatta in casa. “Mi piace definirlo un progetto famiglia, dove tutti danno una mano”: oltre a Matteo, ci saranno Martina e Ilaria in sala, la più giovane, Ludovica, sarà in pasticceria non appena finito il liceo, ad Antonio il ruolo di tutor e deux ex machina. “Hanno sentito tanto parlare di questo posto senza averlo mai visto fiinora. La vivono come una sfida, sono contenti e anche un po' preoccupati”. Insieme a loro due ragazzi che erano all'Osteria Fontana Candida e il genero di Antonio, che sarà anche lui in cucina. Un volto noto: Luigi Nastri, che mentre continua a cercare il posto adatto per il suo locale, partecipa alla nuova avventura di casa Ciminelli. “Mi ritaglio un ruolo da consigliere” spiega l’ex chef di Settembrini e Gazzetta. 

Si riparte da capo. Adesso non c'è praticamente una clientela salvo quella d'albergo.

 

La mitica cantina del Relais

Voglio riaccendere un faro su Relais”. Mica facile, dopo tutto questo tempo, le incerte vicende degli ultimi anni e un brand che ormai è associato solo a catering ed eventi. Ma Ciminelli non si scoraggia: “Quando sono arrivato era un posto improbabile, praticamente il sottoscala dell'albergo” dice. Ma da lì sono nate tantissime cose. Era un periodo incredibile, con tutta l'opulenza degli anni '80. La cantina è stata per molti anni una delle più interessanti in Italia secondo Wine Spectator. E la cosa bella è che molta roba è rimasta lì: “ho ritrovato tantissime bottiglie che erano in quella cantina che abbiamo realizzato prendendo il legno in Umbria, da antiche scaffalature. Erano gli anni in cui si compravano casse di Romanée-Conti, di grandissime doppie magnum, Sassicaia da tre litri, Montevertine. Pazzesco. Nell'85 abbiamo preso vecchissime riserve dell'800 di Marsala di De Bartoli, e sono ancora lì”. Nella cantina del Relais. E tante altre cose arrivano da quella de La Torre: “porterò giù le mie riserve da Fiuggi”. Ma oggi ha senso una cantina così solo se la si affianca a una più snella: “Serve anche una cantina moderna e quotidiana, magari con protagonista il Lazio, con aziende interessanti, piccoli artigiani del territorio e qualche puntata su vini storici, poi ci sono vecchie annate dei vini di amici chiamati a raccolta. Insomma: per la cantina ricomincio da quattro”. Con la possibilità di fare tante belle serate cibo-vino.

 

Il servizio di sala

Prendemmo la seconda stella quando anche avere la prima era un successo impensabile”. Da niente quel posto un po' strano è diventato il quarto o quinto in Italia. I segreti erano lì, a partire dalla grande cantina di cui abbiamo detto, passando per la cucina di Antonio Sciullo e poi la sala, con un gruppo di 12 persone: “mettere il cliente al centro della serata era la nostra missione”. Dall'accoglienza all'arrivo al momento in cui andava via era tutto curatissimo “Avevamo un servizio di bicchieri mostruoso” ricorda Antonio. E poi c'era la lampada in sala: “la cucina di sala è scomparsa, potrebbe essere qualcosa da far rivivere, un elemento di distinzione in un momento in cui imperversano aperipranzo e apericena”. Oggi il progetto vuole lasciare alla nuova generazione la possibilità di esprimersi, creando qualcosa di nuovo. “Puntiamo sempre molto sul servizio: fatto come si deve, accurato ma non mellifluo, corretto e cordiale quanto basta”. In sala persone giovani, che sappiano creare un'accoglienza moderna ma curata. “In questo sono fondamentali i consigli di Luigi”.

 

Come erano gli anni '80?

Era l'epoca dei vip, come e più di ora, non era raro incontrare in ascensore Michael Jackson nella Capitale per un concerto. Ma in quegli anni c'era anche una cucina in trasformazione: “C'era il turbine della nouvelle cousine, che oggi non ha grande appeal perché viene identificata con le sue storpiature. Invece ha portato a quella di oggi: si svecchiavano molte cose e tante nascevano. Ho dei ricordi bellissimi”. Ma rifare quel Relais non avrebbe senso, anche perché negli ultimi 25 anni tanto è cambiato. “Molte cose però rimarranno: faremo tesoro dell'esperienza di tutti, vogliamo fare una ristorazione vera, che riporta a quel che si faceva a Fiuggi, ma con il tocco moderno di Luigi, che ha dalla sua tantissime esperienze: in Francia, in Oriente e altro ancora. C'è poi l'apporto contaminato francese-inglese di Matteo”.

 

La cucina

Mi sento molto vicino alla ristorazione d'autore, fondamentale per dare lustro a un posto che ha una sua magia”. Ma non è questo che ha in mente Antonio per il Relais: perché l'idea è che quel bel salotto borghese sia accessibile a una clientela ampia, anche per il prezzo. “Non uno street food, ma una proposta non di grandissima creatività: una cucina di territorio, italiana, riconoscibile, comprensibile”. Insomma un bistrot un pochino più elegante. Con un'offerta che va dalla mattina alla sera, con brunch domenicale e il buffet del pranzo come ai vecchi tempi.

 

Il Relais oggi

Ma come è oggi quello spazio? “È delizioso, tenuto molto bene, ha una bella atmosfera, è elegante e ha mantenuto molto fascino”. Entrare dopo 25 anni è stata un'emozione, “ma mi sono sentito a mio agio. E questa forse è la cosa più bella: è un posto che fa stare bene”. Non ci sono più le tinte pastello di un tempo, quell'ambiente un po' lezioso con fiori dappertutto, ora è più ovattato, con qualche dettaglio art déco “ma non pesante”. Qualche cosa da ridefinire, ma poco: “È un ambiente che non ti mette a disagio, una bella casa, sobria, intima, accogliente”. 40 coperti, un ingresso separato da quello dell'albergo in una zona con poco traffico dove si parcheggia facilmente. Lavori da fare in cucina? “Non so, entreremo a gennaio”.

 

Uno sguardo in Maremma

Un caro amico che ha in Maremma un’azienda di vino mi ha parlato di Populonia, un bellissimo borgo sul mare, tra Follonica e San Vincenzo”. E lì Antonio e famiglia si sono innamorati di un casale in pietra in mezzo a un uliveto “perfetto per un’osteria di campagna”. La decisione è stata repentina: “stiamo sistemando tutto per essere pronti nel più breve tempo possibile: lanceremo questo progetto a Roma, da Eataly, dove saremo l'osteria ospite per due mesi a partire da gennaio”. Anche qui una bella sfida: fare propri un territorio e una cucina nuovi, “in questi giorni ci stiamo cimentando con pappardelle al cinghiale, maialino arrostito, e piatti da osteria, ma faremo anche pesce d'estate”. Quindi pendolari fino a marzo, poi si vedrà. Ma in Toscana c'è una dimensione più serena, e Eataly è sulla carta una vetrina importante, per l'osteria e per il redivivo Relais.

 

Hotel Lord Byron Roma | Roma | Via Giuseppe de Notaris, 5

a cura di Antonella De Santis

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