A Mantova rinasce l’orto di Carlo Magno. Frutti antichi ed erbe officinali tra le mura di un monastero

14 Ott 2020, 10:29 | a cura di
Nella Mantova che coltiva l’eredità culturale carolingia, il progetto avviato tra le mura del monastero di Santa Maria del Gradaro è affascinante. A partire dal Capitulare de Villis, tra i più antichi testi che regolano la cura degli orti, è rinato un orto giardino medievale molto speciale.


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L’eredità di Carlo Magno a Mantova

Mantova Carolingia – lo dice il nome - è un’associazione culturale che concentra i suoi interessi in un periodo molto lontano nel tempo, in quella porzione di territorio che in vista della notte di Natale dell’800 d.C. fu attraversata dal corteo reale di Carlo Magno, in viaggio da Acquisgrana verso Roma per ricevere il titolo imperiale da papa Leone III. Un avvenimento epocale cui deve la sua fama quella Via Carolingia che tra VIII e IX secolo fu percorsa a più riprese dai sovrani del regno che anticipò la costituzione dell’Europa, in visita in Italia. Oggi la Via Carolingia, piacevolmente percorribile anche in bici, è una delle attrazioni del Parco del Mincio, che circonda la città di Mantova. E presso la chiesa di Santa Maria del Gradaro, affacciata sulle acque del Lago Inferiore, l’associazione ha ricreato un altro tesoro nascosto ispirato proprio al regno del celebre imperatore.

Il Capitulare de Villis

Il Capitulare de Villis

Nascosto tra le mura del complesso monastico del Gradaro, che dalla metà del Quattrocento alla fine del Settecento ospitò una comunità di benedettini Olivetani, l’Orto giardino Carolingio ideato dall’associazione attinge al Capitulare de Villis emanato verso la fine dell’VIII secolo da Carlo Magno per regolare le attività rurali e commerciali delle aziende agricole presenti sul territorio dell’impero. Il testo, infatti, indica 73 tipologie di ortaggi e 16 varietà di alberi (anche da frutto) che l’imperatore voleva fossero coltivati sulle sue terre, come meloni, zucche, lattuga, cumino, menta, cavoli, cipolle, carote, mele, nocciole, mandorle, fichi, noci, ciliegie: “Vogliamo che nell'orto sia coltivata ogni possibile pianta: il giglio, le rose, la trigonella, la balsamita, la salvia, la ruta, l'abrotano, i cetrioli, i meloni, le zucche, il fagiolo, il cumino, il rosmarino, il careium, il cece, la scilla, […] il coriandolo, il cerfoglio, l'euforbia, la selarcia. E l'ortolano faccia crescere sul tetto della sua abitazione la barba di Giove. Quanto agli alberi, vogliamo ci siano frutteti di vario genere: meli cotogni, noccioli, mandorli, gelsi, lauri, pini, fichi, noci, ciliegi di vari tipi. Nomi di mela: gozmaringa, geroldinga, crevedella, spiranca, dolci, acri, tutte quelle di lunga durata e quelle da consumare subito e le primaticce. Tre o quattro tipi di pere a lunga durata, quelle dolci, quelle da cuocere, le tardive”, spiega l’estratto centrale del documento, chiaramente improntato alla tutela della biodiversità.

Pastinaca nell'orto

L’Orto carolingio a Mantova

Dopo aver ottenuto in comodato d’uso il terreno oggi di proprietà dell’Istituto Maria Immacolata delle oblate dei poveri (che qui, fino agli anni Sessanta coltivavano un orto), l’associazione, da un anno a questa parte, si è impegnata a mettere in opera l’orto giardino, che ora comprende un giardino dei fiori, un orto-erbario, un frutteto e un vigneto, piantumato con le specie previste dal capitolare, che si preoccupava di indicare tutte le varietà vegetali necessarie alla quotidianità di una fattoria o di un monastero (all’epoca tra i principali centri di produzione alimentare per le comunità, oltre che custodi dell’arte officinale). Nel ricostruire un orto filologicamente corretto, l’associazione – che ha coinvolto nel progetto anche i ragazzi del liceo d’arte Giulio Romano – si è avvalsa pure dei piani planimetrici degli orti della celebre abbazia benedettina di San Gallo, che portano traccia di come dovevano presentarsi gli spazi coltivati all’interno dei monasteri nell’VIII secolo.

Pergolato di vite nell'orto di Carlo Magno

Così, dopo l’ingresso attraverso il giardino dei fiori, si prosegue verso il vigneto sviluppato su un pergolato (c’è anche la vite ancellotta, considerata antenata del lambrusco), condiviso con rose rampicanti bianche; per arrivare nell’area delle rarità – ricercate con pazienza da Giorgio Grossi, botanico di Tea Ambiente – con pomarium e viridarium piantati con alberi da frutto antichi, coltivati in parte a spalliera (meli cotogni, peri, nespoli, susini, sorbi, fichi, noccioli, ciliegi, melograni). E non mancano ortaggi e tuberi – quelli conosciuti prima della scoperta dell’America! – dalla bieta al sedano, passando per la pastinaca a l’aglio.

Le visite all’orto

Ora, per consolidare il progetto e trasformarlo in un’attrazione turistica e culturale di richiamo, Mantova Carolingia ha bisogno di finanziamenti e volontari. La manutenzione dell’orto e la sua apertura per le visite richiedono fondi, anche in virtù dell’idea di trasformare l’orto in polo didattico e centro di divulgazione scientifica, in attesa di inaugurarlo ufficialmente nel 2021, dopo lo slittamento della cerimonia ufficiale che avrebbe dovuto tenersi la scorsa primavera. Nel frattempo, periodicamente, Italia Nostra Mantova organizza visite guidate nell’orto, un’esperienza che racchiude tutto il fascino della scoperta di un giardino segreto (ricordate il Giardino mistico degli Scalzi a Venezia?).

 

a cura di Livia Montagnoli

foto dell'Associazione Italia Nostra Mantova

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