A Torino via libera alla Food Commission. Dall’Atlante alle start up Torino Città del Cibo

4 Gen 2017, 15:00 | a cura di

Nel capoluogo piemontese non conosce battute d’arresto il percorso intrapreso anni fa per dotare la città di politiche alimentari che assicurino il diritto e l’accessibilità a un cibo sano, di qualità e al giusto prezzo. Ora la giunta Appendino approva la costituzione di una Food Commission, e intanto i ricercatori presentano l’Atlante del Cibo. 


La food policy di Torino

Che a Torino si lavorasse concretamente perché potesse ambire al ruolo di città gastronomica che le spetta per tradizione, era chiaro già da diversi segnali di modernità. In primis per l’incubazione di un bel polo di ricerca facente capo all’università orientato allo sviluppo di food start up e sistemi di politiche urbane del cibo al passo con i tempi. Sul modello di Milano, che la Food policy ratificata in occasione di Expo cerca di onorarla e aggiornarla da oltre un anno a questa parte. Intanto però, nel capoluogo piemontese, anche la giunta Appendino (già firmataria di Feeding your fair, il decalogo della genuinità) intende valorizzare il lavoro di collaborazione svolto negli anni passati dal Comune, l’Università e la Città Metropolitana, che alla fine del 2015 portava a intraprendere il progetto Nutrire Torino Metropolitana, a sua volta articolato in più obiettivi, come la stesura di un atlante del cibo che rappresentasse gli attori, le risorse, gli spazi e le relazioni che compongono il sistema del cibo torinese (frutto di anni di ricerche concertate tra l’Università di Torino, il Politecnico e l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, e oggi in dirittura d’arrivo).

La nuova Food Commission

E allora negli ultimi giorni dell’anno che si è appena concluso, è arrivato il via libera alla costituzione di una Food Commission – già prevista dal sindaco Fassino -  presieduta dall’assessore Stefania Giannuzzi: un organismo di lavoro che si preoccuperà di rispondere al diritto dei cittadini a un cibo sano, di qualità e dai costi contenuti, già riconosciuto nello Statuto vigente della città. Tempi e modalità sono ancora ignoti, ma l’idea vincente sembra essere quella di favorire una rete di alleanze tra spazio urbano e campagne circostanti, per rappresentare in modo equo tutti i soggetti che fanno parte del sistema, dai produttori alla distribuzione, dai ricercatori ai gruppi d’acquisto, alle associazioni, ai singoli consumatori. Aspirando così a entrare nel circolo delle città virtuose che in Italia e nel mondo hanno scelto di dotarsi di organismi deputati a perseguire politiche alimentari locali, che si tratti di tutelare le produzioni di qualità o favorire lo sviluppo agricolo dei territori circostanti. E certo in questo percorso sarà d’aiuto il già citato Atlante del Cibo, che sarà presentato a marzo alla città dal coordinatore del progetto, il professor Egidio Dansero.

L’Atlante del cibo

L’atlante si è nutrito negli ultimi anni dei dati relativi a mercati ed eccellenze gastronomiche, filiere alternative, orti urbani, mense e aziende del settore; e oggi è in grado di restituire mappe interattive che riassumono l’identità gastronomica della città, aiutando i torinesi a riscoprire una consapevolezza nuova e proiettando Torino tra le mete di interesse gastronomico nazionali e internazionali. Con il merito di coinvolgere i torinesi nello sviluppo del tema: tramite crowdmapping ciascuno potrà popolare la mappa di informazioni sul cibo, alimentando così uno strumento di marketing territoriale partecipato dal basso. Del resto il contesto di riferimento descritto sulla piattaforma che accompagna la costituzione di una Torino Città del Cibo parla chiaro: “Il cibo è una delle vocazioni più forti di Torino e del Piemonte. È un settore economico in crescita e innovazione continua, un fattore determinante per migliorare la qualità della vita e il benessere delle persone, uno dei principali elementi di identità territoriale e uno strumento formidabile di inclusione sociale e sostenibilità”. Così all’Atlante dovrebbero seguire un portale in più lingue per comunicare il sistema alimentare locale, un programma mirato di formazione professionale e una serie di azioni che favoriranno lo scambio tra produttori e consumatore. La sfida è appena cominciata.

 

a cura di Livia Montagnoli

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