Andrea Di Lorenzo: fotografo freelance nato trent'anni fa a Roma, ha collaborato per cinque anni con Cibando, nelle vesti di creative manager, photoeditor e fotografo; ha ideato, insieme all'amico e collega Davide Rinaldi, Food Factory, un'agenzia di creativi, del food ovviamente. Le sue foto ritraggono il cibo bello cosรฌ com'รจ, senza trucchi nรฉ inganni artificiali ma utilizzando luci, contrasti e tutto quello che riesce a trovare nelle varie location.
Quando hai cominciato?
Otto anni fa. Dopo aver studiato cinema al Dams di Tor Vergata, per alterne vicissitudini ho cominciato a fare il fotografo di scena. Poi, cinque anni fa, mi sono avvicinato al mondo del food, quando inviai il mio curriculum a Cibando. La mia prima volta con loro? Dovevo immortalare le creazioni di Anthony Genovese del ristorante il Pagliaccio.
Ci sono delle differenze tra foto di scena e food photography?
Decisamente sรฌ. Sul set sei praticamente l'ultima ruota del carro, le luci non vengono studiate per te e per le tue necessitร , quindi devi cercare di sfruttare questa situazione un po' scomoda, cercando di raccontare delle storie, rappresentando il backstage o immortalando gli attori con dei ritratti. Nel mondo della food photography, invece, sei tu che decidi le luci e lo styling.
Come hai imparato a fotografare?
Ho fatto un corso di fotografia in Portogallo, perรฒ le cose piรน importanti le ho apprese collaborando con i fotografi di scena Philippe Antonello e Stefano Montesi. Poi ho proseguito da solo, conoscendo e studiando altri fotografi, anche non necessariamente legati al mondo del food, come Sebastiรฃo Salgado o Henri Cartier-Bresson. E ogni giorno ne scopro di nuovi, tanto che fare una lista รจ impossibile. Ultimamente sto seguendo molto la fotografa americana Alex Prager, lei riesce a guardare il mondo da un punto di vista incredibile e inusuale.
Che strumenti utilizzi?
La Canon, per l'esattezza la Mark III. Poi, inevitabilmente, mi dedico alla post produzione, che รจ indispensabile, soprattutto con il digitale. In realtร lo era anche con l'analogica, ma forse in maniera meno evidente.
Cosa ti รจ piaciuto del mondo del food?
La libertร espressiva che ti permette. ร un mondo ancora da scoprire, con tanta gente che ci gira attorno che ha ancora tante storie da raccontare. Ed รจ proprio per questo che ci sono rimasto invischiato, sono caduto nel miele e non riesco piรน ad uscirne.
Con chi collabori attualmente?
Essendo freelance collaboro in molti progetti web ma sto cercando di entrare anche nel mondo dell'editoria.
Con quali chef hai lavorato? Il tuo preferito?
Molti, gli ultimi in ordine di tempo sono Roy Caceres di Metamorfosi e Marco Martini di Stazione di Posta entrambi a Roma, con i quali si รจ creato un bel feeling. Loro mi piacciono molto sia a livello gustativo che estetico, perรฒ non ho ancora uno chef preferito, anche perchรฉ ce ne sono ancora tanti che devo provare!
Come definiresti le tue foto?
Non saprei, so solo che sono abbastanza riconoscibili, almeno cosรฌ mi hanno detto. Forse il fatto che piรน mi contraddistingue รจ che cerco di utilizzare e sfruttare qualsiasi cosa che si trovi nella location, tipo pavimenti, sedie, panche. Sempre a detta di altri, riesco a cogliere abbastanza l'anima della cucina e del luogo dove vengono ripresi i piatti, cercando di far risaltare sempre molto bene gli ingredienti principali. Cerco di fotografare qualcosa di vero, autentico, senza ricorrere a trucchetti artificiali. In fin dei conti la prima funzione del cibo รจ quella di nutrire.
Ti ispiri a qualche food photographer in particolare?
Sรฌ, il fotografo storico di Adriร , Francesc Guillamet, poi mi sono appassionato molto a tutta la corrente del Nord Europa. Ovviamente mi ispiro anche a fotografi che non fanno food, riporto degli elementi che solitamente non si usano nel campo gastronomico nelle mie foto di food, in una specie di melting pot tra ambiti differenti.
Che opinione ti sei fatto delle app fotografiche per smartphone come Instagram?
Se usato bene puรฒ rivelarsi un ottimo mezzo di comunicazione per noi fotografi. Io lo uso per far conoscere ai non addetti al settore il mio lavoro, quindi con Instagram fotografo ciรฒ che accade nei backstage. Tra l'altro credo non sia uno strumento che minaccia i fotografi professionisti perchรฉ, รจ vero che siamo bombardati di immagini e ci stiamo abituando sempre di piรน a fotografie brutte, ma รจ altrettanto vero che siamo fortunatamente ancora in grado di distinguere il bello dal brutto.
Il cibo piรน difficile da fotografare?
Quelli che non hanno una tridimensionalitร , semplicemente per il fatto che puoi riprenderli solamente dall'alto e questo รจ limitante.
Quello che ti dร piรน soddisfazione?
Tutti i cibi colorati o che creano dei contrasti interessanti. Guardatevi la foto della gallery che ritrae il piatto degli chef Alessandro Cannata e Francesca Fucci del Moma di Roma: Astice e insalatina di chele e germogli. Mi diverto anche con i piatti che hanno volumetria, meglio se sono piramidali.
Un consiglio ai nostri lettori per fare delle belle foto amatoriali?
Utilizzate il piรน possibile il controluce: prima di scattare ricercate la luce giusta, perchรฉ poi in post produzione non si possono fare miracoli.
www.andreadilorenzo.it
www.foodfactory.it
Foto di apertura: Zuppa Inglese, Chef Marco Martini di Stazione di Posta, Roma
Per leggere l'intervista a Renato Marcialis clicca qui
Per leggere l'intervista a Laura Adani clicca qui
Per leggere l'intervista a Bob Noto clicca qui
Per leggere l'intervista a Serena Eller Vainicher clicca qui
Per leggere l'intervista a Giandomenico Frassi clicca qui
a cura di Annalisa Zordan