Artigianale vs industriale. La sfida dei panettoni, a Gourmet Food Festival

14 Nov 2017, 11:05 | a cura di

Tutto quel che c'è da sapere sui panettoni, a Gourmet Food Festival di Torino. Appuntamento imperdibile con i più importanti maestri lievitisti, alla scoperta del dolce di Natale per antonomasia. 

Non è Natale senza panettone, dolce imprescindibile sulla tavole delle feste dicembrine. Ma come sarà il nostro panettone delle festività di fine anno? Di tradizione o di tendenza? Alto o basso? Mignon o over size? Superaccessoriato di farciture, glasse e condimenti arditi (e spesso improbabili), o essenziale, nudo, senza neanche canditi e uvetta? Ma soprattutto sarà artigianale o industriale? Qualche anticipazione di quel che ascolteremo (e assaggeremo) a Gourmet Food Festival.

Artigianale vs industriale. Riconoscerli

Nell'incontro dedicato al re dei grandi lievitati italiani, il 17 novembre dalle 18.30 alle 19.30, spiegheremo le differenze tra i due tipi di panettone e come deve essere quello artigianale, di pasticceria e di filiera. Lo faremo alla nostra maniera, facendo seguire la pratica alla teoria, il gesto alla parola, l'assaggio alla spiegazione, con l'aiuto di un maestro pasticciere di alta scuola, Pasquale Marigliano,che con il lievito e i suoi dolci compagni di viaggio ci parla. E con l'amichevole partecipazione di uno chef, Nicola Di Tarsia, che del panettone ci proporrà un impiego multitasking, destagionalizzato e creativo, e il maestro gelatiere Marco Serra, titolare dell'omonimo laboratorio del sottozero a Carignano, nell'hinterland di Torino. In assaggio, oltre al panettone di Pasquale Marigliano, anche quelli di Salvatore De Riso, altro maestro pasticciere di prim'ordine, e di Iginio Massari, il più famoso artista del panettone e il suo più efficace ambasciatore nel mondo.

La nascita del panettone moderno

Dolce antichissimo, addirittura fatto risalire al Mille, non nasce così come lo conosciamo oggi. Era un pane tozzo e addolcito. Come per gli spaghetti e la pizza, nel corso del tempo sono state modificate la forma e la ricetta. “La chiave di voltaè stato Angelo Motta”, spiega Achille Zoia, maestro “lievitista” con due Boutique del Dolce nella Brianza, “èstato lui a introdurre il sacchetto per contenere la spinta dell'impasto e costringerlo ad allagarsi in verticale. La seconda svolta l'abbiamo data noi, Iginio Massari ed io (tra i fondatori dell'Accademia Maestri Pasticceri Italiani, n.d.r.), mettendo a punto la ricetta con doppio burro e doppio zucchero, ispirata alla torta Paradiso”. Nasceva così, circa 30 anni fa, il panettone moderno, ad alto cilindro cupolato, dall'impasto superlievitato e ricco di ingredienti.

Secondo la legge

Dal Natale 2006 il panettone si riconosce dal nome. In base al decreto del 22 luglio 2005 dei Ministeri Sviluppo Economico e Politiche Agricole e Forestali, entrato in vigore nel febbraio del 2006, il panettone e i grandi lievitati dolci della tradizione italiana dovranno essere confezionati secondo un disciplinare che regola sia la tecnica di produzione sia la qualità e la percentuale degli ingredienti, a tutela della ricetta, della genuinità e del sapore. Dovranno esseri figli di una lievitazione naturale da pasta acida e contenere almeno il 16% di burro (il 20% nel pandoro), uova di gallina categoria A (fresche, e con non meno del 4% di tuorlo), scorze di agrumi canditi (come minimo il 20%), lievitazione naturale a pasta acida, oltre a farina di frumento e sale. Tra gli ingredienti facoltativi la norma include latte e derivati, miele, malto, burro di cacao, zuccheri, aromi naturali, emulsionanti (mono e digliceridi degli acidi grassi), conservanti (acido sorbico e solfato di potassio) e fino all'1% di lievito di birra. Sono previste le versioni superaccesoriate di farciture, bagne, coperture, glasse, decorazioni, frutta e, per quanto riguarda il panettone, anche una variante impoverita, senza canditi e uvetta. Ci sono pure le versioni mignon denominate, pacioccosamente, panettoncini.

I prodotti non conformi al decreto, confezionati con ingredienti di qualità scadente e più economici – margarina, strutto e grassi idrogenati al posto del burro, uova liofilizzate invece di quelle fresche, zucca in sostituzione delle più profumate e gustose scorze di limone, arancia e cedro per quanto riguarda i canditi – non si possono chiamare panettone ma devono essere identificati con nomi diversi, per esempio Dolce di Natale o altre denominazioni di fantasia. Quindi prima dell'acquisto occhio all’etichetta e verificare l'aderenza di nome e ingredienti alle indicazioni di cui sopra. Anche perché la normativa vale solo per i prodotti italiani e non per quelli del resto d’Europa.

Impasto del panettoneFasi di lavorazione del panettone nel laboratorio di Iginio Massari

Perché la lievitazione naturale a pasta acida

Il decreto del 22 luglio 2005 vuole tagliare fuori tutti gli agenti lievitanti chimici, i cosiddetti baking, per restituire ai lievitati da ricorrenza una grande leggerezza e sofficità, la caratteristica alveolatura allungata e filante e il loro aroma caratteristico. Perché il panettone è la quintessenza della lievitazione naturale: come dice Gabriele Bonci, pizzaiolo romano integralista che possiede una trentina di lieviti di cui due in pista tutti i giorni, “è l'istituzione della pasta lievitata, il punto d'incontro tra la panificazione e la pasticceria, più del panettone non puoi fare”. Sulla lievitazione a pasta acida prevista dalla normativa del decreto arieggiano aliti di scetticismo. Mauro Morandin, grande pasticciere e cioccolatiere di Saint Vincent, Aosta, figlio del grande Rolando (maestro lievitista che nonostante il pensionamento ancora insegna in corsi dedicati e continua a formare generazioni di artigiani del panettone), teme che si aggiri la norma del decreto “facendo pasta acida con il lievito di birra anziché partire dalla pasta madre”. Un dettaglio tutt'altro che marginale del quale si parlerà nell'incontro di venerdì 17 novembre.

Degustazione virtuale del panettone artigianale

L'occhio. Nella versione alta o bassa che sia, all'esterno il panettone si presenta ben sviluppato a cupola, con la crosta aderente alla pasta e di tonalità biscotto; un colore troppo scuro, cuoio antico o marrone intenso, indica una sovracottura, che potrebbe dare al dolce sentori eccessivamente tostati, se non di bruciato, e una nota amara al sapore. La mollica è di un giallo credibile non troppo acceso (la tonalità eccessivamente intensa spesso è dovuta a pigmenti prodotti per via sintetica aggiunti ai mangimi delle galline). Canditi e uva sultanina sono presenti in modo generoso, ben distribuiti e in giusta proporzione tra loro.

Il tatto. Il coltello cede al taglio senza fare resistenza. La struttura è soffice, setosa e leggermente umida, con alveolatura allungata e irregolare ma omogenea: “allo strappo si sfoglia in modo elastico e tende a fare il filo”, spiega Massimiliano Lunardi, pasticcere figlio d’arte e titolare insieme al fratello Riccardo del forno di famiglia a Quarrata, Pistoia, “mentre nel panettone fatto con un lievito diverso dalla pasta madre le occhiature sono tonde e regolari, le fette si sbriciolano e la mollica si asciuga velocemente”. Una volta aperto, il panettone conserva elasticità e sofficità per diverso tempo.

Il naso. Il profumo ricorda gli ingredienti di partenza: note di burro, vaniglia, agrumi e lievito naturale, senza forzature olfattive.

La bocca. Il gusto è pulito, equilibrato e rotondo, accompagnato dalle note avvertite al naso senza artificiosità o pungenze, e da una tessitura morbida, setosa e fondente. “Il panettone artigianale fa godere tutti i sensi, quando si taglia canta”, sorride Alessandro Boglione della storica pasticceria Converso di Bra, Cuneo, “ogni fetta ha una faccia, è diversa l’una dall'altra come uno sguardo, ha un’untuosità naturale e sottile, una leggerezza scioglievolissima”. Buchi e cavità non dovrebbero essere presenti nella pasta, ma potrebbero anche essere la spia che non sono stati usati i mono e digliceridi degli acidi grassi (E471), emulsionanti consentiti dalla legge e usati dall'industria per mantenere soffici i prodotti e allungarne la shelf-life almeno fino a 6 mesi.

Gli altri usi del panettone: l'arte del riciclo e abbinamenti agrodolci

Ce la insegna in cinque mosse Nicola Di Tarsia, chef del ristorante torinese Berbel, che usa il panettone in versione salata per sdoganarlo dal ruolo esclusivo di dolce delle feste natalizie. “Impiegatelo al posto del pane in un panino agrodolce insieme a salumi, formaggi o latticini”, è il consiglio di Di Tarsia. Oppure asciugato e tostato per renderlo croccante come un grissino, abbinato per esempio al parmigiano reggiano, “un dolce salato per finire il vino a tavola, pour la bouche!”. Altra idea multitasking è il panettone al posto di pane e burro: “il burro è già dentro! Si tosta appena e si completa con una spolverata di fior di sale, un pesce d'acqua dolce, una fetta sottile di salmone, con l'affumicatura che arrotonda il gusto, o di pata negra”. Molto interessante anche il tandem con le zuppe, con i crostini di panettone al posto del pane o del pancarré: “nel consommé, in un brodo vegetale o di carne, oppure nella zuppa pavese, con l'uovo che si cuoce nel liquido bollente”. Volete fare un'impanatura aromatica e agrodolce? “Essiccate e frullate il panettone e usatelo in sostituzione di grissini e pane raffermo, per esempio con pesci bianchi, il piccione, la carne di maiale, l'anatra per un accostamento dolce/salato da grand soirée. Come ci insegna l'Oriente da migliaia d'anni”.

 

Gourmet Food Festival | Torino | Lingotto Fiere, via Nizza, 294 | dal 17 al 19 novembre 2017, venerdì dalle 17 alle 23, sabato dalle 10 alle 23, domenica dalle 10 alle 20 | www.gourmetfoodfestival.it

Per info sugli altri appuntamenti: www.gamberorosso.it/it/gourmet-food-festival

Per tutti gli appuntamenti dell'area La dolce vita. Dal croissant al caffè

 

a cura di Mara Nocilla

 

 

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