Basta demonizzare la carne rossa. Le dritte e i consigli di Fabrizio Nonis

5 Giu 2021, 07:58 | a cura di
Spesso demonizzata, ma anche svilita da scelte errate e luoghi comuni, la carne è un universo da scoprire, dalla conoscenza delle razze, ai metodi di allevamento, ai tagli, alle frollature. Ecco qualche dritta svelata da Fabrizio Nonis.

Croce e delizia per la dieta, un cibo con un forte richiamo all’istintività, simbolo di opulenza e di virilità, la carne è dal Neolitico presente nell’alimentazione umana.

Le carni rosse, un po' di storia

Da raccoglitore, a cacciatore o allevatore, le modalità di allevamento, di preparazione e di consumo della carne sono cambiate nei secoli. Nel Medioevo era considerata la portata per eccellenza dei ricchi banchetti dei nobili; spesso veniva servita ricomposta nella forma dell’animale originario con tanto di piume o pelle, oppure farcita con altri animali più piccoli nascosti nel ventre; inseparabile dalle spezie che ne profumavano le fibre coprendo l’odore forte dovuto alla mancata frollatura. La carne rossa e la cacciagione ricoprivano un ruolo fondamentale sulle tavole medievali dei più ricchi: al suo ingente consumo era associata la forza nella lotta e di conseguenza l’imposizione di un individuo all’interno del gruppo. Il grande rispetto meritato nei secoli dai trincianti (servitù addetta al taglio della carne in un banchetto) è riflesso dell’importanza di questo alimento. Si dovrà aspettare il Dopoguerra e lo sviluppo dell’industrializzazione alimentare per portare la carne rossa sulle tavole di tutti i giorni. Arriva dall’America la passione spasmodica per la bistecca che ha invaso l’Italia e l’Europa negli anni del boom economico tanto da averne rovesciato le sorti.

Carni bianche vs carni rosse

Oggi la carne rossa è, a torto o a ragione, tacciata di insalubrità per via di un consumo eccessivo; alimento da limitare nelle diete a vantaggio di quelli che erano sempre stati i suoi cugini poveri: pesce, verdure e pane. Ma le carni rosse continuano a essere le preferite dagli appassionati del genere grazie al loro sapore più intenso rispetto alle bianche. Le carni rosse si distinguono dalle bianche anche per una concentrazione maggiore di proteine e di ferro. Muscoli, dunque, a formare il tessuto connettivo fornendo preziose proteine, ma anche grasso, sali minerali (ferro) e, nelle carni equine, zuccheri. Fanno parte della categoria delle rosse, il bovino adulto, il cavallo, ovini e caprini adulti e la selvaggina da penna (fagiano, pernice, beccaccia, quaglia, piccione, anatra, anatra...). Ogni animale ha una storia, un metodo di allevamento e di macellazione che ne caratterizza diversamente il sapore delle carni e l’impiego in cucina.

Il bovino adulto

L’allevamento di bovini in Europa risale a oltre 8500 anni fa, complici la mansuetudine di questi animali, la loro capacità di adattamento e la buona resa in carne o latte. La forza e la resistenza dei bovini li ha per secoli tenuti lontani dalla cucina a fronte del loro impiego nel lavoro dei campi. Gli Egizi furono i primi grandi allevatori di buoi da soma, e ne mangiavano le carni solo a fine carriera. I Romani volevano buoi e manzi come animali principi da sacrificare agli dei; per questo ne proibirono con severe leggi il consumo alimentare fino al II secolo a.C., quando si cominciò a poter macellare i bovini vecchi e inadatti al lavoro. Le loro carni, frollate per breve tempo, erano molto dure; questo spiega perché venissero cotte nel latte e fatte bollire più di una volta prima di essere mangiate. La durezza delle carni fece sviluppare tecniche di preparazione diverse che prevedevano la loro trasformazione in battuti triturati al mortaio. Da qui alle polpette e agli straccetti il passo fu breve.

Le specie appartenenti alla categoria del bovino adulto

I bovini sono animali erbivori; vitello e manzo sono le due tipologie di bovino adulto presenti in commercio. Mentre il vitello si considera una carne bianca, rientrano nella categoria del bovino adulto il manzo, il bue, il toro, la vacca e il bufalo.

Il manzo è il maschio castrato fino ai 4 anni di età o femmina fino ai 3, che non abbia mai partorito.

Il bue è il maschio castrato da 4 anni e mezzo in su; in passato era molto diffuso come bestia da lavoro ma oggi questo uso è quasi completamente scomparso. Le sue carni hanno una maggiore concentrazione di grasso, e quindi in cottura garantiscono una buona succosità.

Il toro è il maschio non castrato dai 2 anni in su; s’impiega a scopi riproduttivi.

La vacca o mucca è la femmina, generalmente da latte, dai 3 ai 3 anni e mezzo in su, o che abbia già partorito. Le razze bovine si suddividono in base al loro utilizzo: da latte, da carne o da latte e carne. Le razze da carne italiane più pregiate sono la Chianina, la Marchigiana, la Romagnola, la Maremmana e la Piemontese.

I tagli del bovino adulto

La carne, è questione di taglio, di genere ed età

Sulla terminologia regionale adottata per definire tagli e sezioni degli animali che appartengono alla grande categoria del bovino adulto c’è davvero da perdersi: è talmente varia e diversificata che anche un macellaio, varcato il confine regionale, potrebbe avere difficoltà a comunicare quale taglio di carne intende acquistare all’allevatore. Per questioni di comodità e chiarezza, quindi, abbiamo cercato di adottare termini condivisi e riconosciuti su scala nazionale. In ogni caso, è la modalità di cottura prevista che dovrebbe guidare l’acquisto, soprattutto nella scelta del taglio. Al sangue, crudo, semicotto o ben cotto: tutto dipende dal taglio e dalla qualità della carne. Se per la suddivisione in sezioni è possibile fare un discorso unico che vale per tutte le specie appartenenti alla categoria del bovino adulto, per quanto riguarda aspetto e consistenza delle carni sarebbe opportuno sottolineare qualche piccola ma importante differenza. La carne di vacca presenta una grana più fine e un colore meno acceso di quella di bue, che invece sarà di un rosso intenso con grasso piuttosto compatto, di colore bianco avorio. Il manzo, che è un vitellone castrato e lasciato a pascolare per circa tre anni, presenta carni di colore rosso vivo avvolte da uno strato di grasso piuttosto evidente, il cui colore può variare dal bianco al giallino appena accennato. Più gli animali sono vecchi, più le loro carni assumeranno un colore bruno cupo. Quando il toro è giovane presenta carni molto simili a quelle della vacca. Se il grasso è di un colore rosa cupo vorrà dire che l’animale è stato sottoposto a ingrassamento forzato. In ogni caso le carni di bovino adulto devono essere frollate: sarà cura del macellaio prolungare tale processo per almeno due settimane. La frollatura renderà la carne più setosa e saporita.

I diversi tagli di carne: la coscia

La prima sezionatura che subisce l’animale dopo essere stato macellato e scuoiato è in due metà, definite mezzene, dalle quali si ricavano quattro quarti. Ogni mezzena è composta da coscia, schiena, che a sua volta comprende lombo e costata, e spalla. Dalla coscia, partendo dall’interno proprio sotto l’osso dell’anca, si ricava la fesa, la sottonoce, il muscolo, la noce dell’anca e la vera e propria noce, che corrisponde al globo centrale della coscia: “Questi ultimi - consiglia Fabrizio Nonis, meglio noto come Bekér - sono indicati soprattutto per arrosti, stracotti o brasati, ma se ne possono ottenere anche delle buone bistecchine, con le quali fare per esempio degli involtini”. Ancora dalla coscia si ricava la punta di culaccio (o pezza), il girello e il controgirello, il fianchetto e infine la gamba. “La punta di culaccio è ciò che rimane della groppa dopo la separazione dalla lombata: è molto buona brasata. Anche il girello e il controgirello sono i tagli che più comunemente si usano per il brasato, ma se ne ottengono anche degli ottimi carpacci, dato che sono molto magri e dalla rotondità eccezionale. In ogni caso, questi sono tagli duttili, con un perfetto compromesso tra la parte magra, la leggera infiltrazione di grasso e una fibra molto tenera”. Dalla gamba si ricava lo squisito ossobuco; in genere, però, è quello di vitella che si utilizza nelle ricette tradizionali, come il risotto giallo con l’ossobuco o gli ossibuchi con i piselli. Il resto della carne della gamba si presta bene per la preparazione di brodi e gelatine.

La schiena

È dalla schiena che si ottengono i tagli più nobili: il filetto, la lombata e lo scamone. Il filetto presenta forma piramidale e si divide in testa di filetto, una parte meno fine, e cuore di filetto. La prima si utilizza generalmente per saporite bistecche, magari cotte al barbecue; la seconda invece è particolarmente adatta per arrosti tenerissimi. È dalla parte meno spessa del cuore di filetto che si ottengono i tournedos, gustose fettine in genere avvolte da un filo di spago alimentare in modo che mantengano anche in cottura la forma tondeggiante. La lombata si estende dalla punta dell’anca alle prime costole. “È quel taglio che, se lasciato con l'osso, ci dà le costate e le fiorentine (taglio di lombata che comprende il filetto)”. Ed è sempre dalla lombata che si ottengono le deliziose entrecôte (il termine stesso indica fette di carne che devono essere tagliate fra le due ossa della lombata), buonissime alla griglia e alla brace. Poi c'è lo scamone “che è la continuazione del filetto, la parte che si allarga all'interno della coscia a forma quasi di cuore. Anche lui fa parte dei tagli più nobili”. A completare la schiena, il giovarro il collo.

La spalla

La spalla, nel caso del bovino adulto, ha un valore commerciale tra i più bassi di tutte le sezioni. I tagli che ne derivano vengono utilizzati soprattutto per bolliti. Una volta lessate, queste carni sono perfette per ottenere le classiche polpettine di bollito, panate e fritte. La regola da seguire è questa: le parti dell’animale che hanno lavorato di più, i cui muscoli si sono sviluppati particolarmente, sono meno tenere, adatte a cotture lunghe o in umido. Tagli come lombata e il filetto, che si trovano sotto la schiena in cui la muscolatura non è molto sviluppata, sono molto più teneri, adatti anche a brevi cotture.

Il quinto quarto

Ne fanno parte tutti gli organi e le sezioni che non rientrano nei quattro quarti, i due anteriori e i due posteriori, in cui viene tradizionalmente divisa la carcassa del bovino. Si tratta delle frattaglie, contenute nella cavità toracica e addominale, della testa, del muso, delle guance, della coda, delle zampe, delle cervella e degli schienali. Polmoni, milza, fegato, cuore, reni, animelle e tutto ciò che veniva scartato dalla macellazione di vitelli e bovini adulti un tempo finiva sulle tavole delle famiglie povere o dei lavoratori del macello. Oggi, le ricette che si preparavano allora, sono tra le più gettonate.

Questo articolo è tratto dal volume “Carne” dei Manuali di cucina del Gambero Rosso.

a cura di Annalisa Zordan

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