Caffè La Crepa, il Risorgimento italiano della tradizione

15 Mag 2018, 11:30 | a cura di

La storia del Caffè La Crepa, un punto di riferimento a Isola Dovarese e una delle migliori insegne di tradizione che merita Tre Gamberi per la guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso.

 

Isola Dovarese, nomen omen, è una striscia di terra che si situa tra due rami d’uno stesso fiume, e nel proprio nome vanta una storia che omaggia la famiglia Dovara che insieme ai Gonzaga le hanno fatto vivere un’epopea gloriosa di cui oggi restano vestigia intatte.

Un mucchio di case, poche viuzze che convergono nella grande piazza Matteotti, talmente grande da sembrare sproporzionata rispetto alle dimensioni del paese. Un luogo apparentemente silenzioso in cui lo sguardo si perde nell’ipnotico moltiplicarsi delle arcate e dei portici, nelle simmetrie delle finestre dei palazzi cinquecenteschi – seppur abbandonati e in cerca di nuovo fulgore – finché gli occhi si posano sul palazzo della Guardia, su cui campeggia l’insegna, Caffè La Crepa, ancora lì dal 1969, immutata, da quando è stata presa in gestione dalla famiglia Malinverno, dopo aver gestito fin dagli anni 50 la Cooperativa L’Unione, sempre nella stessa piazza, a pochi metri da lì.

Il Caffè La Crepa, da ieri a oggi

La Crepa deve il suo nome forse a una fenditura sulla facciata causata da un bombardamento della Prima Guerra Mondiale, e siccome qui la memoria è fondamentale, un episodio spiacevole si fa emblema di un nuovo corso, una ripartenza. L’antica Locanda del Ciclista, i cui documenti ne attestano l’esistenza dal 1832, diventa un nuovo punto di riferimento per il paese. Nel 1974 l’osteria si amplia con l’enoteca e la bottega, e nel 1976 con la gelateria. Le 4 anime pulsanti del piano terra del palazzo della Guardia sono tutt’oggi attive, ognuna con il proprio ingresso e ambiente dedicato, ma internamente collegate tra loro. Tutto qui è rimasto intatto, anzi, gelosamente conservato, e fresco di restauro, grazie alla sensibilità dei figli di Elda e Giuseppe Malinverno, Fausto, Franco – detto Riccardo – e il di lui figlio Federico, appena trentenne. Tre figure che sono tre pilastri nel mantenere e proiettare in avanti la loro realtà. Fausto, appassionato di storia e arte, racconta con orgoglio i dettagli del Caffè: ognuna delle tre salette ha un’identità propria, a partire da quella d’ingresso con il grande bancone, tavolini e poltroncine Thonet in stile bistrot e opere ai muri di Scalvini e Ugoletti, create appositamente per l’ambiente, la “sala del biliardo”, ex glicine con opere d’arte, e la bellissima saletta il Senato, dedicata al generale Francesco Pistoia, uno dei fautori del Risorgimento italiano, come testimoniato da lettere e cimeli appesi alle pareti.

Federico Malinverno

I vini e la cantina

Qui tutto mira all’autenticità, rendendo l’atmosfera sospesa in un tempo che non si trova altrove, che appartiene a una geografia specifica, lontana dalla città, con un tempo diverso, tutto suo.

E percorrendo il pavimento in cotto antico della bottega e dell’enoteca si sbircia sugli scaffali e si rimane attoniti nel notare prodotti di alta qualità, come le mostarde fatte in casa, di frutta e di mele, là dove negli anni settanta si trovavano le lumache mantovane in lattina, preparate in salamoia, il prosciutto in scatola (“lo stesso che usava Cantarelli per il suo savarèn”) e il foie gras. Ma a saltare all’occhio è anche l’accurata selezione dei vini, vanto del giovane Federico, con un rapporto qualità prezzo strabiliante. “Qui vendiamo vini naturali e biodinamici dai primissimi anni 2000, quando la biodinamica era una parola sconosciuta e associata forse alla stregoneria. Ma a noi piace fare ricerca e abbiamo sempre creduto in questo progetto di cui il tempo oggi ci ha dato ragione. Ma i nostri vini sono anche l’espressione di quanto di bello abbiamo intorno, dal lambrusco all’Oltrepò Pavese, fino ai Colli Piacentini, esattamente come la nostra cucina”. A suggello di questo pensiero vale la pena scendere le scale nel sotterraneo e farsi accompagnare da Federico nel ventre della Crepa, tra i corridoi e le antiche volte che custodiscono bottiglie di annate importanti ordinatamente disposte.

L'aperitivo delle 12.00

Se si è fortunati e si riesce ad arrivare alla Crepa intorno alle 12, si ha il tempo di fare un aperitivo insieme agli abitanti del luogo che oggi come una volta arrivano puntuali prima del pranzo. “Una volta i lavoratori staccavano dal lavoro, nei campi o nelle fabbriche, alle 11,30 e arrivavano qui in bicicletta. Un bicchiere di vino, polpette calde e quattro chiacchiere prima di correre a casa a pranzo dalle mogli.” Racconta Fausto. Il bello è che è ancora così. Alle 11,30 un calice di Franciacorta e due polpette calde, con una panure croccante a schiudere un cuore fondente di carne, patate ed erbe aromatiche, sono quanto di più desiderabile e autentico ci si possa aspettare da un posto in cui il tempo non ha scalfito i gesti.

Il menu

Sufficientemente pronti e affamati, ecco il menu, che è come“puntare un compasso su questa piazza e tracciare un cerchio che tocca Mantova, Cremona, Brescia e il lago di Garda in un movimento solo”, a raccontare un percorso nella storia e nella geografia in cui siamo guidati da Franco-Riccardo Malinverno, cuoco vero, che con i suoi 68 anni è ancora un ragazzo timido e appassionato, circondato da una brigata di giovani entusiasti.

Antipasto de La Crepa. Foto di Lido Vannucchi

L’Antipasto de La Crepa è una cartolina dall’Italia, una panoramica tra salumi, giardiniera e la leggendaria frittata di erbette che ha folgorato Bocuse quando è venuto qui nel '96 insieme all’amico Antonio Santini. Una frittata realizzata con erbe di stagione – in particolare luppolo, dato il periodo primaverile – proprio come la realizzava la mamma Elda, resa particolarmente morbida dalla mollica di pane ammollato nel latte, indimenticabile anche nell’abbinamento col Franciacorta di Arici.

Antipasto d'acqua dolce del Caffè La Crepa.Foto di Lido Vannucchi

Puntando il nostro compasso sul fiume Oglio si incontra il Garda, ed ecco che nello stesso piatto si trovano il luccio, una terrina di barbi, le acquadelle fritte e marinate, la tinca e l’anguilla grigliata. Il pesce d’acqua dolce, naturalmente privo di salinità, viene esaltato dalle note agrodolci, con un dosaggio della componente acetica davvero esemplare grazie all’impiego dell’aceto di mele, meno pungente.

Insalata di Faraona. Foto di Lido Vannucchi

Ma come già anticipato, sedere a questa tavola è percorrere la Storia, quella con la esse maiuscola, e ai Malinverno piace sfogliare libri e ricettari, riproponendone fedelmente ricette che risultano incredibilmente attuali. È così che accade con il testo L’Arte di Ben Cucinare, il ricettario del 1662, del cuoco Bartolomeo Stefani presso il ducato di Mantova, dedicato ad Ottavio Gonzaga principe di Vescovato (Cremona). L’Insalata di Faraona alla Stefani ne è un omaggio regale, con la faraona cotta intera nella creta e servita in un agrodolce davvero contemporaneo. Un purè di patate ne amalgama e mitiga i contrasti, insieme a canditi di cedro e arancia, uvetta, pomodorini datterini, erbe aromatiche dell’orto dei Malinverno e aceto balsamico.

Tortelli amari all’erba San Pietro del Caffè La Crepa. Foto di Lido Vannucchi

Tra i primi piatti, iconici i Tortelli amari all’erba San Pietro, erba spontanea che dei parenti dei Malinverno portavano da Castel Goffredo (MN) e che cucinano incessantemente da 20 anni. Un ripieno di sole erbe, senza ricotta, leggermente amarognole, fresche e con proprietà digestive, per un formato di pasta tipicamente a fazzoletto, triangolare, come solo in queste zone si trova, dai Santini alla Crepa. Grana Padano, burro fuso e salvia croccante unico condimento ammesso per esaltarne l’aromaticità, in una modernità senza tempo.

Savaren di riso con ragù e lingua salmistrata al Caffè La Crepa. Foto di Lido Vannucchi

La Trattoria Cantarelli di Samboseto ha chiuso nel 1982, ma siamo diventati amici e io non ho mai smesso di frequentarli” racconta Riccardo“Peppino e Mirella avevano tante belle bottiglie in casa, whisky, champagne, e quando andavo a trovarli io me ne venivo via con bottiglie di Porto e altro. Poi una sera dell’86, fuori c’era un brutto temporale, Mirella mi invitò a restare da loro e mi insegnò a fare il savaren. Lo abbiamo fatto insieme. Quella stessa notte Mirella ci ha lasciati. Mi sono sentito in dovere di dare continuità al suo lavoro, non potevo permettere che il loro patrimonio andasse perduto, così ho raccolto la sua eredità, ho continuato a fare il suo savaren in omaggio alla loro grandezza e alla nostra amicizia”. Queste parole emozionanti sono il miglior preludio per gustare il Savaren di riso con ragù e lingua salmistrata, un vero viaggio indietro di 50 anni nelle tavole più belle della nostra storia.

Gnòc a la mulinèra del Caffè La Crepa. Foto di Lido Vannucchi

Una menzione d’onore merita lo Gnòc a la mulinèra, marchio registrato nel 2013, piatto tipico del casalasco a base di sola acqua e farina, le uniche materie prime maggiormente disponibili ai mugnai di un tempo. Piatto povero ma realizzato magistralmente nella consistenza soffice dello gnocco come fosse di patate arricchito qui da salsiccia (variante della Crepa) e fagioli in un gioco di consistenze che rende questo piatto goloso.

Faraona nella creta del Caffè La Crepa. Foto di Lido Vannucchi

La Faraona nella creta è fedele a quella di San Martino in Beliseto raccontata da Mario Soldati nel suo “Viaggio nella Valle del Po” del 1958. La cottura nell’argilla, in una bassa e lenta cottura naturale, con l’aggiunta di olio e burro mantengono la carne succosa e particolarmente saporita. Le parti nobili vengono qui servite come secondo piatto con mostarda e purè di patate, mentre le parti più scure sono quelle impiegate per l’insalata dello Stefani.

Dolci del Caffè La Crepa. Foto di Lido Vannucchi

La rassegna dei dolci è golosa e apre uno scorcio sulla storica gelateria, attiva dal 1976, che sfodera ancora grandi coppe gelato tra cui la storica Mangia e Bevi e la Coppa Spagnola, a base di gelato alla crema e amarene sciroppate. E per chiudere con il territorio, il semifreddo al torrone, con una base di pan di Spagna inzuppato di caffè, meringa all’italiana soffice, mescolata con torrone Morlacchi tenero di Bergamo e guarnito con amaretti sbriciolati, per veri golosi.

A suggellare questi ideali di mantenimento della tradizione e valorizzazione del territorio, il Caffè La Crepa insieme ad altre realtà ristorative ha dato vita da qualche anno al progetto delle Premiate Trattorie Italiane, una sorta di consorzio con dei requisiti ben precisi: essere vere trattorie italiane con una storia familiare che affonda le radici nel tempo, salvaguardare la tradizione attraverso i propri luoghi e le ricette tipiche, a prezzi contenuti.

 

Caffè La Crepa - Isola Dovarese (CR) - Piazza Matteotti, 13 – 0375396161 - caffelacrepa.net

 

a cura di Sara Favilla

foto di Lido Vannucchi

 

 

 

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