Coppa del Mondo di Pasticceria. L’Italia arriva terza

30 Gen 2013, 16:48 | a cura di

A pochi giorni dalla vittoria di Gian Luca Fiorin e Davide Verga al Campionato del Mondo Juniores di Pasticceria arriva un altro bel risultato, il terzo posto conquistato a

Lione alla Coppa del Mondo di Pasticceria.

22 squadre, 10 ore di tempo, tre prove: pièce in zucchero con dolce al piatto abbinato, pièce in cioccolato con dolce al cioccolato, pièce in ghiaccio con dolce gelato. Un grande evento e una grande prestazione che commentiamo con Gino Fabbri, presidente della squadra italiana.

"Una bella soddisfazione” dice “soprattutto per una squadra con elementi giovani come la nostra. Un ottimo risultato sia nelle degustazioni che nelle prove artistiche, con il premio speciale della pièce in zucchero di Marcello Boccia. Ma gli esiti sono stati buoni sia per il lavoro in cioccolato di Francesco Boccia che per la scultura in ghiaccio di Luca Cantarin, il capitano della squadra”.

 

 

 

Dolce al piatto
La base di pan di spagna alla mandorla, crema all’arancio, bianco mangiare al pistacchio, crema al mandarino, croccante al cioccolato bianco, gelatina arancio, glassa alla siciliana

Dessert al cioccolato

Una base dolce di pasta frolla sabbiosa, croccante alle nocciole, crema al cioccolato manjari, cremoso al cioccolato e nocciole al mascarpone, pan di spagna sottile, crema al mandarino, crema pasticcera al cioccolato, gelatina al mandarino, glassa al cioccolato

 

 

Cosa ha fatto la differenza nei primi due classificati secondo lei?
La Francia ha puntato sugli effetti speciali con un grande investimento negli stampi. Credo che molti giudici siano stati influenzati più da questo che dal lavoro manuale. Il Giappone, invece, si è aggiudicato un meritatissimo secondo posto: sia nell’artistico che nelle degustazioni ha raggiunto a un ottimo livello.

Tanta soddisfazione e alcune riflessioni. Quanto sono vicine al lavoro vero della pasticceria competizioni del genere?
Poco: i dolci presentati sono così complessi da essere completamente fuori mercato, soprattutto per le ore di lavoro che richiedono. Tantissimi strati, tantissime tecniche insieme. Sono un contenitore di ispirazioni e spunti.

Come deve essere quindi un dolce “vero”, cioè non da competizione, secondo lei?
Più semplice: troppi sapori rendono meno fruibile il dolce, distraggono l'attenzione, confondono le idee. Meglio meno ma di grandissima qualità, sia nella materia prima che nella realizzazione. Meno sapori, meno pensieri, più piacevolezza.

Gelato alla frutta
Sulla base pan di spagna al pistacchio, gelato mal pistacchio, sorbetto ai frutti rossi, semifreddo alla vaniglia, gelato ai frutti rossi, sorbetto ai frutti gialli, glassa ai frutti rossi

 

 

 

Il podio rappresenta un'istantanea significativa della situazione in cui, accanto ai “maestri” francesi si impone con forza una nuova scuola, quella orientale. Una tendenza che avevamo già rilevato in occasione del Sigep di Rimini e di cui chiediamo a Gino Fabbri.
L'estremo oriente non ha una vera tradizione di dolci, fino a poco tempo fa non esprimeva molto, se non in ambito artistico. Anche gli ingredienti, farine di tapioca o manioca, davano risultati piatti.

Come è avvenuto questo cambiamento?
Prima venivano in Europa, Italia, Francia e Spagna, studiavano un dolce e lo replicavano tale e quale nel loro paese. Oggi è diverso, valorizzano i loro prodotti, mescolandoli ad altri occidentali, hanno un'ottima tecnica e sviluppano un loro gusto e una loro identità, anche se contaminati. E non parliamo solo del Giappone, ma anche di altri paesi emergenti.

Ci fa un esempio?
Il dolce al piatto di Singapore mi ha colpito moltissimo, a base di matcha e yuzu uniti perfettamente al mascarpone. Sono un amante della tradizione, ma devo ammettere che era un dolce tecnicamente perfetto.

Come spiega questa crescita così veloce?
Ho saputo di allenamenti durissimi che da noi non esistono, per fortuna. C'è una pressione enorme per ottenere buoni risultati, in alcuni paesi, forse è un modo per emergere e per affrancarsi. Ma lascia comunque pensare.
 

 

 

 

 

Antonella De Santis

30/01/2013

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