Cos’è la cucina note by note di Hervé This e come la interpreta Andrea Camastra

9 Gen 2017, 09:12 | a cura di

No, il cibo del futuro non si limiterà agli insetti o a pillole ricche di nutrienti: tra non molto sentiremo parlare sempre più spesso della cucina “note by note”. Di che si tratta? Ve lo spieghiamo con le parole dell'inventore Hervé This e dello chef Andrea Camastra del ristorante Senses di Varsavia, che la mette in pratica. Prima, però, un po' di storia per comprendere al meglio.


Dalla gastronomia molecolare alla note by note

I primi concetti di gastronomia molecolare furono elaborati alla fine degli anni '80 dal Nobel per la Fisica Pierre Gilles de Gennes e dal fisico e gastronomo Hervé This, presso l’INRA (Institut National de la Recherche Agronomique) nel Collège de France di Parigi. Senza dimenticare il grande apporto dato da Nicholas Kurti, fisico presso l'Università di Oxford, che portò la gastronomia molecolare nelle case inglesi grazie alcuni programmi televisivi, applicando le conoscenze scientifiche in cucina. È però in Italia, ad Erice, che viene presentata ufficialmente in occasione dell'Atelier Internazionale di Gastronomia Molecolare. Era il 1990. Questa sotto disciplina della scienza alimentare studia le trasformazioni chimiche e fisiche che avvengono negli alimenti durante la loro preparazione e applica nuove tecniche scientifiche alla cucina, permettendo agli alimenti di presentarsi sotto altre forme e/o consistenze. Sì perché gli alimenti sono composti organici che, quando vengono sottoposti a determinati processi, manifestano le loro proprietà trasformandosi in spume, emulsioni, gelatine e chi più ne ha più ne metta. Una volta passata nelle mani degli chef – i maggiori esponenti sono stati Ferran Adrià, Heston Blumenthal e Pierre Gagnaire - la gastronomia diventa cucina molecolare, anche se non ha nulla a che fare con le molecole ma è solo un'espressione proposta da Kurti al fine di distinguere la cottura dalla scienza. Cucina molecolare, dicevamo, che utilizza strumenti nuovi e stupisce il commensale con forme e consistenze inusuali lasciando però inalterati il gusto e le proprietà nutritive. Così, dopo lo stupore scintillante iniziale, la cucina molecolare pian piano sbiadisce, causa anche l'esser concepita dai più come mero esercizio di stile. Ed è proprio da questo assunto dal quale (ri)parte Hervé This per sviluppare la cucina note by note.

Foto di Alberto Blasetti

La cucina note by note. Obiettivi ed esempi pratici

Dalle ceneri a malapena raffreddate della gastronomia molecolare nasce una nuova era: la note by note, che invece di giocare solo con le consistenze degli alimenti si dedica alla costruzione del piatto in toto, decidendo di volta in volta gusto, forma, proprietà nutritive, colore, sapore, odore, sensazioni trigemidali. Come? Usando dei composti puri, prima estratti da ingredienti naturali e poi clonati in laboratorio. Così, invece di usare carne, pesce, frutta o verdura, si utilizzano questi composti, ottenendo però lo stesso sapore, odore e colore dei tessuti vegetali o animali. Hervé This fa un esempio pratico: “Quando si griglia una bistecca, basta metterla sulla griglia e aspettare. Mentre quando si crea lo stesso piatto con la note by note bisogna costruire da capo tutti gli elementi che caratterizzano la bistecca grigliata: odore, sapore, colore e consistenza. Come? Con sei cucchiai di proteine (una polvere bianca), quattro cucchiai di acqua, coloranti, composti disciolti in olio essenziale che ricreano il gusto e l'odore, poi basta cuocere il tutto come se fosse un'omelette”. Viene da chiedersi i motivi che hanno spinto Hervé a studiare una cucina simile, che necessita per forza di cose di un laboratorio. Gli obiettivi principali sono due: risolvere il problema dell'obesità e garantire la sicurezza alimentare (intesa in termini Fao). “È dimostrato che nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i 10 miliardi di persone, e il problema principale sarà quello di sfamare tutti. Con questo nuovo approccio si ricreano i cibi senza però utilizzare le fibre animali o vegetali. Ai più scettici, che accusano la note by note di diminuire la qualità del food o di limitare la ricerca di nuovi ingredienti, rispondo che in realtà questo nuovo approccio alla cucina rappresenta una grande opportunità per i cuochi, che hanno la possibilità di comporre i loro piatti con un'infinità di composti puri, piuttosto che con prodotti vegetali e animali. Pensate alla cucina tradizionale come la musica tradizionale, che si avvale di chitarre o violini veri, e alla note by note come la musica elettronica, che attraverso l'utilizzo di sintetizzatori audio può generare imitazioni di strumenti musicali reali o creare suoni ed effetti non esistenti in natura”. Hervé fa poi un altro esempio pratico: “Abbiamo confrontato una salsa tradizionale al vino rosso, che richiede molte ore per raggiungere il sapore ottimale, e la salsa Wöhler, che ho creato mettendoci meno di un minuto. Mi è bastato far bollire l'acqua con polifenoli delle uve del vitigno Syrah, acido tartarico, glucosio, sale, piperina, gelatina e olio emulsionato. A noi è piaciuta di più la seconda! Ecco perché non c'è alcun motivo per reputare la note by note una cucina di bassa qualità”.

Foto di Alberto Blasetti

Una cucina ancora per pochi chef

Nonostante sia una cucina che ha come obiettivo quello di sfamare tutti, non è ancora alla portata di tutti gli chef. Il primo ad appoggiare le sue teorie è ancora una volta Pierre Gagnaire, che il 26 aprile del 2009 serve per la prima volta un piatto “note by note” presso il Mandarin Oriental di Hong Kong. Oggi l'ambasciatore della note by note è un italiano: Andrea Camastra, che una sera durante un normale servizio si è trovato a rispondere alla domanda perentoria del fisico: “Sei pronto a cambiare il mondo culinario per la seconda volta?”. La prima volta l'ha fatto proprio il Ferran Adrià che tutti noi conosciamo. L'annuncio ufficiale di questo nuovo connubio tra fisico e chef è avvenuto a Monaco, il novembre scorso, durante lo Chefs World Summit 2016.

Foto di Alberto Blasetti

L'ambasciatore Andrea Camastra

Nato a Bari nel 1980, vissuto a Monopoli e trapiantato con il suo ristorante Senses nel centro di Varsavia, in uno stabile che prima della distruzione nella Seconda guerra mondiale era la zecca della città, Andrea Camastra ha una formazione decisamente europea: si diploma all’Istituto Commerciale di Castellana Grotte in provincia di Bari, frequenta la Cordon Bleu di Parigi e per tredici anni fa spola tra Parigi e Oxford per imparare tutto sulla scienza culinaria. Fa gavetta nelle cucine dei più illustri ristoranti di Francia, Svizzera, Belgio e approda in Polonia un po' per amore e un po' per l'economia in crescita del ex paese sovietico. E dopo aver lavorato in molti ristoranti polacchi, apre nel 2015 il suo ristorante Senses, insieme ad altri due soci, investendo quasi due milioni di euro. Ristorante che, dopo nemmeno un anno dall'apertura, conquista la prima stella Michelin (occorre considerare che in Polonia c'è solo un altro ristorante stellato: Atelier Amaro, dove peraltro Camastra ha lavorato) ed entra a pieno titolo nella The Diners Club 50 Best Discovery Series. Camastra utilizza ingredienti italiani (salumi, formaggi o tartufi), ma è anche proprietario di due fattorie, che gestisce assieme alla moglie, dove si approvvigiona delle verdure e delle eccellenti carni, dai maiale ai cervi. Mentre lo intervistiamo è in trattativa per aprire una sua peschicoltura nelle Faroe Islands. Ma il suo motivo d'orgoglio è il laboratorio super accessoriato, proprio accanto al ristorante, ancora tenuto top secret perché contenente campioni confidenziali, almeno fino a marzo 2016. Qui Andrea trascorre la maggior parte del suo tempo “libero” tra separatori rotanti in grado di creare sapori concentrati e in mezzo a ogni genere di ammennicoli, quelli capaci di trasformare in polvere gli ingredienti disidratati, come tanti altri sofisticati giocattoli tecnologici. Insieme allo scienziato Wiktor Faliszewski e ai due sous chef Jan Wojtalik e Wojciech Truk mette a punto le ricette del menu che segue un unico fil rouge: il divertimento, sia da parte dell'artefice sia da parte del commensale.

Foto di Alberto Blasetti

La cucina note by note al Senses di Varsavia

Nel suo ristorante Andrea non propone ancora una cucina note by note integrale, “perché il mondo forse non è ancora pronto”, ma usa solo alcuni composti per migliorare i suoi piatti, dove le fibre vegetali e animali sono ancora le protagoniste. Questi composti sono per lo più molecole odorose estratte da ingredienti vari: “Di volta in volta estraiamo, tramite una specie di scanner (VCF), una sola molecola di un ingrediente, proprio quella che è responsabile del gusto e dell'odore che vogliamo. Dopo averla estratta, la cloniamo e la mettiamo sotto forma di olio essenziale e la utilizziamo o in purezza o mettendola in un altro ingrediente per dare un plus al piatto o per fare, magari, un parfait di porri senza porri”. Si può dire che nel suo laboratorio c'è una vera e propria banca dati di sapori sotto forma di boccette contenenti oli essenziali. Noi abbiamo provato alcuni piatti con qualche tocco di note by note (il menu è composto anche da piatti tradizionali) e ci hanno convinto. Pensiamo alla Trota con groviera, cren e salsa di mandorle dove nella salsa non c'è una sola mandorla. In questo caso il composto utilizzato è quello che ricrea il gusto e l'odore della mandorla pura, senza la distrazione delle note, per lo chef disturbanti, della terra o del legno. E senza i grassi contenenti nelle mandorle vere. Al Goulash con granchio reale, yuzu e yogurt, dove Camastra ha aggiunto l'olio essenziale del peperone arrostito, che dà una nota dolce ed elegante. Il risultato è l'unione di un gusto robusto con uno puro, intenso e pulito. Al Pierogi con bottarga, lardo, gambero rosso e salsa affumicata dove l'aroma dell'umami viene estratto senza per forza utilizzare glutammato monosodico, che bene non fa. O al predessert (uno dei pochi piatti quasi interamente note by note) Gelato al cocco, marshmallowalla banana, chantilly al rum bianco e polvere di cacao e nocciola, dove non c'era traccia né di cocco né di rum bianco, tanto meno di cacao, nocciola e banana. Tutti i gusti Andrea li ha ottenuti utilizzando le molecole responsabili del gusto degli ingredienti sopra citati. C'è di più: qui i marshmallow sono stati creati utilizzando per esempio albumina, xantal gum, colorante giallo. Il minimo comun denominatore di tutti i piatti è l'eleganza dei gusti, la loro pulizia e nitidezza che consentono al commensale di distinguerli perfettamente. Speriamo di vederlo presto anche da noi perché “il sogno di avere un ristorante in Italia sarà scontato ma c'è”.

Senses Restaurant | Varsavia | ul.Bielańska 12 - Senator building | tel. + 48 22 331 96 97 | sensesrestaurant.pl/en

a cura di Annalisa Zordan

foto di Alberto Blasetti

 

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