Extra Lucca: extravergine sempre più sulla strada del vino

20 Feb 2014, 09:30 | a cura di
Cultivar come cru, frantoi come cantine. A Extra Lucca il mondo dell'extravergine di qualità si presenta sempre più vicino a quello del vino per raccontare le sue storie: storie di territori, di uliveti, di cultivar e di lavoro. Ma soprattutto storie di uomini.

Abbiamo cominciato a lavorare come una cantina, a differenziare le partite, le diverse olive e cultivar, a distinguere i produttori. Noi abbiamo 1.200 soci piccoli olivicoltori. E per il 40% la nostra produzione è tutta assorbita dalle linee più alte e preziose, Ulìva e 46° Parallelo”. Furio Battelani, tecnico del Frantoio di Riva, non ha dubbi: la strada dell’olio di oliva di eccellenza deve seguire i passaggi che ha fatto anche il vino sul percorso del lavoro in campo e quindi in cantina. “Del resto, il mercato si sta lentamente chiudendo per le scelte intermedie: solo offrendo altissima qualità possiamo ritagliarci uno spazio e continuare a svolgere un lavoro remunerativo che tuteli sia gli agricoltori che il territorio nel suo complesso”.
Nelle sale di Villa Bottini, dove si è appena chiusa la kermesse di Extra Lucca, manifestazione che premia i migliori extravergine italiani selezionati da Fusto Borella e dal suo staff, sembra di stare più in mezzo a vignaioli che non tra olivicoltori. C’è chi si è portato e mette in bella mostra i grossi calici da Bordeaux (come il toscano Talente dal Chianti) e chi come l’abruzzese Marina Palusci da Pianella propone bottiglie di vetro con dentro la terra su cui nascono gli olivi dell’azienda. Anche il packaging fa pensare al vino, con diversi bag-in-box che contengono e conservano sottovuoto il prezioso oro giallo. Anche le storie, le più intriganti, rimandano ai racconti che per anni abbiamo sentito e scritto a proposito di vignaioli eroici i quali sono riusciti a recuperare terre, vigne e vitigni e a rilanciare sia il lavoro dei campi che il made in Italy di eccellenza.
E, come nel vino – l’esempio del Chianti sul finire degli anni ’60 è uno tra i più eclatanti, ridotto com’era al degrado più nero – arrivano negli oliveti uomini e donne che hanno lavorato e guadagnato altrove, ma che vogliono riscoprire le proprie radici investendo soldi, energie e apertura mentale nel ridare forma e speranza ai territori della propria infanzia.
Massimiliano Gaiatto, con la sua azienda a Varenna (Lecco) sopra al Lago di Como, è il titolare di una delle più importanti fabbriche di caschi da ciclismo ed esporta in tutto il mondo. “Ma volevo fare qualcosa per il mio territorio. Soffrivo nel vedere campi e terrazzamenti degradare giorno dopo giorno. Così ho pensato a qualcosa di concreto. La campagna mi ha sempre affascinato, ma la vita mi aveva portato altrove. L’olivo poteva essere la coltura ideale lì, in collina, seguendo una tradizione che già esisteva nel passato. Ho pulito i terreni dai rovi, ho recuperato i vecchi terrazzamenti, ho piantato gli olivi. Ma soprattutto sono andato a scuola: ho cominciato a studiare tutto quello che ruotava intorno all’olio, dagli alberi al frantoio”.
Certo, il suo alto grado di confidenza con tecnologia e innovazione, la sua abitudine al pensiero veloce e la convinzione che bisogna sempre cambiare e crescere per non morire, tutte queste attitudini acquisite nel lavoro in fabbrica Massimiliano le ha portate tra gli olivi, in frantoio. E fa due oli incredibili, particolari. Anche lui seguendo la via dei cru e degli oliveti diversi: uno, il Podere Roncaccio, sta proprio sul lago; l’altro, il Podere Tondello, è in alta collina, al limite estremo per l’olivo a queste latitudini. E, come per i produttori di vino più moderni e appassionati, Massimiliano da una parte ha sposato la Dop come importante certificazione di qualità legata al territorio; dall’altra però è critico: “La tradizione è importante, ma non può essere una gabbia. Qui si prevedono da disciplinare Leccino e Frantoio, con una possibilità del 20% di altre cultivar. Io credo che il territorio permetta una maggiore personalizzazione dei propri oli. Chi produce deve poter mettere anche un po’ di sé nel suo extravergine. Altrimenti non ha molto senso: la qualità, l’eccellenza la fanno le persone e debbono essere legate a etichette a loro volta legate a volti, a persone, storie. Come succede nel mondo del vino”. Appunto! E la via alla personalizzazione, per Massimiliano Gaiatto, si chiama Bianchera: è questa cultivar che riesce ad affacciarsi in quel 20% permesso dal disciplinare della Dop Laghi Lombardi a fare degli oli di Massimiliano prodotti davvero suoi. Così, se il Podere Roncaccio, con il 70% di Frantoio e il 20 di Leccino, rispecchia più l’immagine di un olio molto delicato, pulito e netto, decisamente tenue, l’altro – il Tondello – fa svettare verso l’alto la Bianchera e, sottolineato dalla sua etichetta rossa, racconta una storia più complessa e mostra un carattere ben più deciso del suo cugino a bordo-lago. “Ho anche pensato al vino, in un primo momento. Ma ora, viste anche le performance di diversi amici che fanno vino sul Lago – sono sempre più convinto che l’olivo abbia qui delle grandi potenzialità. Il mio mito, del resto, è Gianfranco Comincioli: vorrei arrivare a far parlare la mia Bianchera come lui fa con la Casaliva!”
Antonio Cristiano, da Lamezia Terme, dà il nome all’azienda. Ma è la moglie, Scarlett Vescovo, ad aver preso in mano oliveti e olive e ad aver puntato qualità, seguendo anche in questo caso uno dei percorsi di crescita dei vignaioli italiani che è consistito poi nel metterci direttamente la faccia: “L’azienda di mio marito ha 50 ettari: fino a 3 anni fa vendevamo l’olio sfuso. Poi ho pensato che potevamo fare un prodotto di alto livello, che avesse un senso e così abbiamo cominciato a imbottigliare”. I risultati si vedono, così come si vedono –purtroppo – i diversi livelli raggiunti a seconda del frantoio dove si moliscono le olive: dalla stesse olive (tutte Carolea), infatti, nasce un prodotto Dop molto valido che però ha a fianco un’etichetta non certificata e lavorata in un diverso frantoio in cui manca del tutto il valore che è nell’altro. È il segnale evidente di come il frantoio sia fondamentale nel non rovinare le drupe.
Simone Stefanini, titolare dell’azienda Stefanini Tronchetti, ha gli olivi al centro di quella che è diventata zona di vini per antonomasia, nella Lucchesia: Montecarlo. Lui ha circa 1.000 piante su due ettari, iscritti nella Dop Lucca. In prevalenza coltiva Frantoio e Leccino con qualche pianta di Moraiolo e di Pendolino a far da impollinatore. “E anche se la nostra esperienza affonda le radici più nell’olio che nel vino, è quest’ultimo che ci permette di avere relazioni più mature e importanti con l’esterno. Il livello di comunicazione che c’è nel mondo del vino è ancora fantascienza per l’olio!” Certo, qui il turismo, anche quello enoico, vuol dire parecchio per un mercato difficile come quello dell’extravergine.
Stesso discorso per Claudio Orsi, giovane coltivatore con la sua Le Camelie a Pieve di Compito, vicino a Lucca: produce un bell’olio e un vino ben fatto, molto attento all’ambiente e ovviamente certificato bio. Anche qui il vino e l’agriturismo trainano molto il mercato e le vendite.
Una storia più romantica, quasi d’altri tempi, è quella di Eduardo Canepa, argentino approdato in Italia prima a lavorare in aziende vinicole toscane, poi rifugiatosi in mezzo al Lago d’Iseo, a Monte Isola dove gestisce il frantoio comunale e molisce le olive dei tanti minuscoli produttori locali. Il suo è un gran bel lavoro, attento e pulito come dimostra il suo olio contenuto in una bottiglia la cui etichetta racconta bene lo spessore del produttore. Accanto a lui, inseparabile, c’è il suo amico e collega Gabriele Sterni, barba da Quarto Stato e sorriso arguto da contadino montanaro: lui, dalla sua azienda Roncobello di Costa Volpino, sulla riva Nord del Lago di Iseo, raccoglie le olive e le imbarca per andare a frangerle da Eduardo a Monte Isola: “Solo lui riesce a fare un lavoro come vorrei farlo io. Non rinuncerei a lui per nulla al mondo”. Il suo è un olio diverso da quello di Eduardo, molto pulito e netto, con qualche spigolo in più legato alle più intense escursioni climatiche che fan tirar fuori alle olive degli inaspettati sentori di pomodoro, molto netti ed eleganti.
L’importanza del frantoio, luogo di massima esaltazione e salvaguardia dell’integrità delle olive, la racconta bene Graziano Decimi che ha avviato solo da pochi anni la sua azienda a Bettona, nel cuore verde dell’Umbria. Lui, piccolo imprenditore edile, è arrivato all’olio per caso. ma l’olio che viene dal suo frantoio non è affatto figlio del caso. “La passione mi ha preso come un vortice quando per la prima volta ho frequentato una degustazione di olio: dopo un’ora ero già deciso, avrei fatto il mio extravergine. Il primo frantoio che ho messo su era tradizionale, con i fiscoli. Non basta lavare i fiscoli ogni volta, anzi non serve proprio. Per evitare le fermentazioni inevitabili a temperature ambiente, io mettevo i fiscoli in cella frigorifera ogni volta che smettevamo di lavorare. Così i residui non si ossidavano e non fermentavano”. Poi anche per Decimi arriva la tranquillità del ciclo continuo… “Beh, si fa per dire. Il primo anno, dopo aver acquistato un frantoio Mori, gli ho apportato ben 34 modifiche. Lo stesso Mori, prima strabiliato, ne ha messe subito il linea 7. Poi, l’anno dopo altre sette… Oggi, dopo pochissimi anni, ho fatto su quella macchina oltre 60 modifiche: di più non ne sopporta, altrimenti diventa un’altra cosa!”
Parlavamo del vino… E non è, questa di Graziano, la stessa meticolosa mania di perfezionismo che raccontavamo a proposito di Maurizio Zanella e del suo lavoro a Ca’ del Bosco, e che raccontiamo ancora oggi con le storie di eroici produttori sugli estremi terrazzamenti della Valtellina o a cavallo dei muli nei tratturi siciliani sotto l’Etna?
Tornando verso Sud, ecco l’incontro con un piccolo sorso di poesia: il monocultivar Ortice firmato da Alberto Romano nel suo frantoio di Ponte (Benevento). È il nostro ultimo assaggio: è incredibilmente elegante. Pomodoro arricchito da nuance di erbe aromatiche e fiori; il finale è in perfetto equilibrio tra piccante e amaro, lunghissimo e ancora elegante, con il pomodoro sempre presente… Se fosse un vino lo definiremmo 'verticale'.

Massimiliano Gaiatto | Varenna (LC) | www.oliogaiatto.com|

Comincioli | Puegnago del Garda (BS) | www.comincioli.it |

Roncobello | Costa Volpino (BG) | tel. 035 970 189

Frantoio Monte Isola | Monte Isola (BS) | www.monteisola00.it

Frantoio di Riva | Riva del Garda (TN) | www.agririva.it

Alle Camelie | Pieve di Compito (LU) | www.allecamelie.it

Stefanini Tronchetti | Montecarlo (LU) | www.principatoditoscana.it

Talente | San Casciano in Val di Pesa (FI) | www.oliocassiano.com

Marina Palusci | Pianella (PE) | www.olivetopependone.com

Frantoio Romano | Ponte (BN) | www.frantoioromano.it

Antonio Cristiano | Lamezia Terme (CZ) | orodonvincenzo.com

a cura di Stefano Polacchi

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