Future Food District a Expo 2015. L’architetto Carlo Ratti racconta il supermercato del futuro

12 Gen 2015, 16:20 | a cura di

Italiano, ma alla direzione del MIT Senseable City Lab del Massachusets, architetto e ingegnere affascinato dalle potenzialità della tecnologia e non nuovo alla progettazione di importanti edifici pubblici. A Milano il professor Ratti porterà la sua idea di mercato del futuro che favorisce la consapevolezza alimentare e recupera il valore dell'interazione tra produttore e consumatore. E la tecnologia scende in campo per assolvere il compito. Ecco come sarà il Future Food District.

Ne avevamo già parlato qualche tempo fa del Future Food District, uno spazio molto speciale che si unirà al novero dei padiglioni nazionali in occasione dell'imminente Expo 2015. E la classifica stilata recentemente dal New York Times – che incorona Milano come meta da non perdere – non fa che confermare il fermento che si respira nel capoluogo lombardo intorno alla nascente cittadella di Rho, che attende venti milioni di visitatori a partire dal prossimo maggio.
Il “supermercato del futuro” sarà tra le punte di diamante dell'intera Esposizione Universale, prefiggendosi di proporre agli utenti un nuovo modo di interagire con il cibo; offrendo loro una rinnovata consapevolezza alimentare. Dietro al progetto c'è la mente illuminata di Carlo Ratti, architetto e ingegnere italiano alla guida del MIT Senseable City Lab dell'Università del Massachusetts, che non è nuovo all'esperienza dell'Expo – nel 2008 a Saragozza realizzò il Digital Water Pavilion – e in vista della manifestazione milanese ha messo in campo le più innovative ricerche tecnologiche per configurare uno spazio inaspettato, che qualcuno si è già affrettato a considerare lo scenario più plausibile per il prossimo futuro.
Ne abbiamo parlato con lui, che a quattro mesi dall'inaugurazione dell'Expo ci racconta le genesi del progetto, l'ispirazione e cosa dobbiamo aspettarci dal Future Food District.

Il progetto nasce con l’intento di incentivare la consapevolezza alimentare attraverso le nuove tecnologie. In che modo?
Vogliamo mostrare come si stia evolvendo la filiera alimentare e come le nuove tecnologie possano permetterci di avere un contatto più diretto con il cibo. Il distretto è ancora in evoluzione, ma il suo centro sarà il supermercato, sviluppato insieme a Coop (partner di Expo). Qui avrà luogo un'esperienza di acquisto reale, si tratterà a tutti gli effetti di un vero supermercato: un magazzino automatizzato rifornirà lo spazio di vendita, in cui i prodotti sono esposti su grandi tavoli. Proprio l’annullamento delle barriere verticali (gli scaffali) vuole favorire lo scambio, come in un anticomercato.

Come si è relazionato al tema dell’Expo?
Il tema del cibo è bellissimo e molto legato all'architettura. A noi piace pensare che le nuove tecnologie della rete possano aiutarci a riconnetterci con la catena alimentare, fornendo strumenti utili per tracciare e comprendere l’attuale rete di distribuzione e per concepirne una migliore.
Inoltre, le nuove tecniche di coltivazione urbana potrebbero tramutare spazi solitamente inutilizzati in aree produttive. Credo sarà interessante vedere se l'urban farming prenderà davvero piede: gli effetti potrebbero essere dirompenti per la possibilità di creare un rapporto più diretto tra cittadini e natura.

E cosa significa Nutrire il Pianeta?
Significa molte cose. Quello che abbiamo cercato di esplorare a Expo e' di sviluppare una catena alimentare costruita intorno al consumatore. Per fare questo è bene avere un chiaro quadro d’insieme e le tecnologie possono aiutarci a tracciare questa mappa e a modificarne alcune coordinate.

Lei ha già progettato per l’Expo 2008 uno spettacolare edificio che lavorava sul concept dell’acqua. A Milano il risultato sarà altrettanto d’impatto?
A Saragozza c'era stato chiesto di progettare un info-point riconoscibile, un edificio che potesse riassumere e rappresentare il concept di EXPO 2008. Doveva essere quindi un progetto d’impatto all'esterno, con un’estetica marcata e unica. Il contenitore era il messaggio, insomma.
A Milano ci rivolgiamo di più ai contenuti. Avevamo questa volta a disposizione uno spazio assegnato e già costruito, un padiglione da “riempire” e trasformare. Vogliamo principalmente mettere in pratica delle idee e delle nuove soluzioni nell'interazione col prodotto.

Non è nuovo alla collaborazione con una macchina così complessa. Come sta andando a Milano?
Le persone che abbiamo incontrato alla guida della macchina Expo mi sono sembrate di alto livello, anche se purtroppo a volte si scontrano con alcune difficoltà procedurali del nostro Paese, specie nell'ambito pubblico.

Quanto conta nel progetto l’interattività? Che ruolo avrà il visitatore?
Moltissimo. Si tratta proprio di usare le informazioni per raccontare meglio i prodotti.

Come si relazionerà lo spazio interno con la piazza antistante?
Nello spazio esterno saranno presenti chioschi per la vendita di alimenti, gestiti da Coop, e spazi verdi circolari dedicati alla coltivazione, concepiti per essere anche utilizzati come grandi tavoli per il consumo dei cibi acquistabili nel Supermercato e nella piazza stessa.Dalla piazza sarà inoltre possibile vedere in azione un grande plotter verticale, che disegnerà sulla facciata esterna del padiglione, riconfigurandone costantemente l’aspetto. I due ambienti sono insomma connessi e consequenziali.

E cosa succederà in piazza? Prevedete la collaborazione con realtà enogastronomiche italiane e internazionali?
Sicuramente sì, ma questo compito spetta a Coop, che è il partner di Expo per il Supermercato e per la piazza.

Quali sono le idee di cui va più fiero all’interno del progetto Future Food District?
I tavoli interattivi e lo spazio di vendita del Supermercato sono il fulcro dell’installazione. Abbiamo cercato di pensare a uno spazio che sia, per molti versi, simile a un antico mercato: vogliamorecuperare la concezione del luogo di acquisto come spazio di scambio e interazione.
Il semplice sfiorare i prodotti con la mano permetterà all’utente di ottenere informazioni aumentate su di essi (che oggi sono disponibili in rete ma che non riusciamo a far stare in un'etichetta tradizionale). Attraverso queste “etichette aumentate” il prodotto è ingrado di raccontare se stesso, le sue proprietà, la sua storia, il suo tragitto. Come il signor Palomar di Italo Calvino che, immerso in unafromagerie parigina, ha l’impressione di trovarsi in un museo o in un’enciclopedia: “Dietro ogni formaggio c’è un pascolo d’un diverso verde sotto un diverso cielo (…) Questo negozio è un museo: il signor Palomar visitandolo sente, come al Louvre, dietro ogni oggetto esposto la presenza della civiltà che gli ha dato forma e che da esso prende forma.
Questa conoscenza può quindi tramutarsi anche in nuove modalità di scambio tra utenti e venditori. Potremmo immaginare un supermercato come luogo di scambio aperto a tutti? Nel solco della tradizione cooperativa italiana, abbiamo proposto chealcune aree siano dedicate proprio a produttori/consumatori, che possono usare il supermercato come un’area di libero scambio. Una trasposizione delle cosiddette dinamiche peer-to-peer – o “alla pari” - emerse negli ultimi anni nel mondo della rete.

Che ruolo avrà il padiglione nel contesto dell’Expo?
Sarà uno dei padiglioni tematici e sarà posto all’incrocio tra Cardo e Decumano, le vie centrali dell’area di visita. Pensiamo che, trattando nello specifico il tema dell’alimentazione, possa essere uno spazio interessante e importante per comprendere come sta cambiando la distribuzione delcibo.

Si tratta di uno spazio temporaneo o progettato per restare? A suo parere è replicabile?
Si tratta di uno spazio temporaneo, nato come laboratorio: un esperimento vivo. Speriamo però che alcune delle tecnologie testate al suo interno possano ispirare altri sviluppi. Quindi si tratta di uno spazio temporaneo che però contienein nuceidee che speriamo destinate a restare.

L’esperienza sensoriale è molto importante nel rapporto con il cibo. Non ha paura che un eccesso di tecnologia possa restituirne un’idea distaccata?
È un rischio. Però le confesso che noi non siamo affascinati dalla tecnologia che cerca di rimpiazzare la natura, bensì da quella che ci può aiutare ad apprezzarla meglio e ad arricchire il nostro rapporto con essa e tra di noi come persone.

a cura di Livia Montagnoli

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