Identità Golose 2015 report. Terza giornata

11 Feb 2015, 15:14 | a cura di
Il Veneto, lo chef emergente, le identità estreme di Paolo Lopriore, il King of Catering e la dolce sapienza di Corrado Assenza.

L'ultima giornata di congresso si dipana tra il focus del Veneto, la finale italiana del S. Pellegrino Young Chef che ha incoronato Paolo Griffa, che ha vinto con il piatto Tripe & Foie Gras. Lui sarà il nostro rappresentante nella competizione internazionale durante l'Expo Milano. Di finale in finale, in King of Catering, quest'anno sul podio Valentino di Palazzolo, in provincia di Siracusa, seguito da Sire Ricevimenti d Napoli e Caffè Scala di Milano.

LORENZO COGO
Martedì è stata la giornata del Veneto. Dopo la breve introduzione dell'emigrante di lusso Carlo Cracco, che ha dato il via alla mattinata nell'Aula Rossa, è stato il turno di Lorenzo Cogo che ha sviluppato il tema del congresso arrivando accompagnato sul palco da una nutrizionista per tradurre le ricette (mediche) in ricette (di cucina). Ecco quindi le tre ricette dello chef di El Coq spiegate nei loro fattori salutari. Il raviolo di cappone di Marano Vicentino ai pistacchi di Bronte? Le note amare stimolano la masticazione e cono essa la predigestione migliorando digestione, percezione dei sapori e contrastando l'obesità. Nel tortello di rosa canina dedicato a Nadia Santini il segreto è nel fermato del latticello, mentre il dolce di cavolfiore e cioccolato bianco migliora le funzioni intestinali e aumenta la sensazione di sazietà grazie ai suoi componenti.

GIANCARLO PERBELLINI
L'intervento di Giancarlo Perbellini si concentra sul piatto simbolo del Veneto, la polenta, presentata in interpretazioni inconsuete, di recupero, di tradizione. Così il classico abbinamento con il baccalà si rinnova nel lavoro con il collagene delle trippe del pesce trasformato in maionese, in felice abbinata con scampi e nero di seppia che, in questa occasione, risolvono le note croccanti del piatto. Mentre il gioco si fa più complesso nella dialettica popolare – lussuoso con il raviolo di crème brulée al mais. Il richiamo al palato è quello del pop corn, l'abbinamento è uno dei classici della cucina internazionale più raffinata: caviale e panna acida arricchito nella complessità dai toni affumicati della uova del pesce e dallo storione in carpaccio. Alto e basso, classico e contemporaneo, territoriale e cosmopolita. E mal palato l'ampio spettro delle percezioni date dall'affumicato, dal dolce, dall'acido e fresco della panna.

LIONELLO CERA
Altro giro altra corsa. Ancora pesce. Ma pesce di laguna. È quello di Lionello Cera. L'austerità del suo approccio alla cucina di mare è quello che ha radici ben piantate nella storia, personale del territorio. Dal padre pescatore deriva la conoscenza della materia prima locale, dalla madre la tradizione dell'ospitalità e della ristorazione che segna il mezzo secolo di vita con l'Antica Osteria Cera di Campagna Luppia. Sensibilità della materia prima e delle sue specificità ai massimi livelli, conoscenza approfondita delle migliori modalità di pesca e un piglio contemporaneo nell'elaborazione sempre volta alla salvaguardia del prodotto. Acqua di ostrica che si trasforma in cialda ghiacciata, seppia che, complice il collagene, realizza una schiuma, alghe e erbe aromatiche sono la scenografia su cui si muove il protagonista dei piatti, che è sempre e solo il pesce della laguna veneta.

GIORGIO E GIAN PIETRO DAMINI
Dopo tanto mare ecco che arriva sul palco la carne e l'energia dei fratelli Giorgio e Gian Pietro Damini. Il loro è un intervento tutto declinato al consumo responsabile. Perché c'è un'etica della carne che nasce dall'allevatore, passa per il macellaio e termina con il consumatore. È fondamentale riconoscere che ognuno ha la propria parte di responsabilità, senza sconti. Non è la carne a essere “cattiva” ma sono gli uomini e i loro comportamenti ad esserlo. L'intervento si sviluppa a partire dal brodo, che passa in assaggio in una straordinaria versione speziata, caldo, corroborante, profumato, arricchito da una pasta ripiena della carne bollita. E parte dal brodo la riflessione su u approccio di sana intelligenza alla carne. Il brodo è un piatto dell'anima: è l'essenza della casa, dell'accoglienza, del calore della domenica, del cibo che fa bene allo spirito oltre che al corpo. Non solo: il brodo fa bene anche alla carne e all'ambiente. Perché usa tagli poveri ed è molto nutriente. Perché la carne usata per realizzarlo può essere reimpiegata in tanti altri piatti. Perché consente di ridurre quasi completamente gli sprechi. Bisogna avere rispetto della carne, del sacrificio che sottende, e rispetto significa anche imparare che, come per il pesce, si acquista e si lavora quel che c'è a disposizione. “Si sceglie il macellaio” dicono “come noi scegliamo l'allevatore”. Da lì poi si acquista quel che c'è. Perché, ricordiamocelo, non ci sono solo costata e filetto. Un capo è fatto di quarti anteriori e quarti posteriori, punta di petto, coda, interiora. Bisogna impiegare tempo, amore e attenzione nel cucinare ogni taglio. Così come i macellai devono impegnarsi a parlare con i clienti per ricreare questa cultura del cibo che ne preservi la sacralità. Rinunciare a offrire i preparati e investire nella conoscenza. Allo stesso modo in cui hanno organizzato la cucina del ristorante che porta il loro nome: lavorando tutti i tagli di carne, rifiutando le scorciatoie e trasmettendo la conoscenza oltre che sapore. E spingendo un consumo intelligente: meno carne ma di qualità superiore.

PAOLO LOPRIORE
Lucido e netto. Meno emozionato del solito. Determinatissimo pur al cospetto del suo maestro dichiarato, chef Gualtiero Marchesi, arrivato al congresso apposta per lui e alzatosi, alla fine della lezione, per stringerli la mano. Un grande onore e un grande speach per lo chef già alla Certosa di Maggiano di Siena e oggi al Kitchen di Como. Lopriore dà degli spunti di cui, se sarà buon profeta, sentiremo parlare. “Continuare allo stesso tempo a sfidare ed a far sentire a proprio agio l'ospite, fargli fare cose, coinvolgerlo”. Una proposizione quasi interattiva che punta a far sì che il commensale si gestisca un po' lui le pietenze, senza pre-impostargli troppo le scelte (come accade nella proposta, molto destrutturata e frammentata di moderna cassoela che lo chef comasco propone). Un altro spunto da approfondire verte sul concetto di porzione: “dobbiamo riapproriarcene” sostiene Lopriore “perché il semplice boccone, che inizia a finisce nel lasso di un unico gesto, non ci appartiene, appartiene magari di più alla rivoluzione spagnola della gastronomia, ma non al nostro approcci che invece deve privilegiare di più la durata del gusto”. La profezia è che nell'alta cucina si mangerà di più, in termini proprio di quantità. Vedremo.

DANIEL BURN
Anche con Daniel Burns prescindiamo dai piatti presentati e badiamo piuttosto agli spunti che gli chef sono capaci di darci grazie alla loro prospettiva, al loro vissuto professionale, alla loro chiave di lettura del futuro. Secondo questo ex pasticcere del Noma di Copenhagen, ad esempio, il fine dining va verso un asciugarsi, verso una ulteriore (peraltro già ampiamente in corso) eliminazione delle fronde e dei barocchismi. “Il menu degustazione diventerà più piccolo e meno caro” dice lo chef che ha aperto il suo Luksus nel retro di una birreria di Williamsburg a Brooklyn portando un tocco di cucina nordica nella Grande Mela “e anche i tempi si stano contraendo sempre di più: si va verso le due ore”. Come è la sua degustazione ideale? Un bel po' di finger food, un piatto principale o due e in mezzo a questo un bel brodo. E qui lo statement: “per riconoscere se un ristorante è un grande ristorante, ordinate la zuppa”. Di tornare in Europa Burns non ha intenzione, piuttosto i progetti, sussurra, sono quelli di provare ad aprire a Brooklyn una gelateria...

CORRADO ASSENZA
Una delle lezioni più affascinanti del congresso da parte di uno dei più grandi pasticceri del mondo, Corrado Assenza (nella foto di apertura), presente a Identità Golose fin dalla prima edizione e mai assente per tutti e undici gli appuntamenti. Il moderatore Gabriele Zanatta è bravo a ripercorrere tutti i passaggi della Assenza-story a Identità sottolineando gli spunti che poi si sono rivelati anticipatori rispetto all'andamento delle cose nel modo della ristorazione. “Ma è vero Corrado che tu già marinavi le cernie nel 2002?”. Questo il tono delle domande. Irresistibili le risposte e la narrazione dell'inventore dell'epopea del Caffè Sicilia di Noto.
Ed è proprio sul concetto di bar che verte una delle più interessanti riflessioni di Assenza: “capire la differenza che c'è tra un ristorante, dove entrano alcune decine di persone al giorno, ed un bar dove entrano alcune centinaia o migliaia di persone; capire quale è il livello di servizio da offrire tenendo conto di questo”. Assenza parla in maniera suadente di tutto e al contempo cucina assieme ai suoi collaboratori piatti che vanno – ça va sans dire! - ben oltre il concetto classico di pasticceria. “Sono interludi, momenti di pausa, forse non saprei neppure io dove collocarli in una degustazione” afferma mentre prepara dei “dessert” con carciofi, ostriche, pesce, zafferano, spinaci. E per ogni ingrediente c'è una narrazione, una persona, un viaggio, una storia. Un piatto si chiama Con tutti i chilometri necessari, perché “noi non siamo per il km zero, siamo per il km buono e se occorre materia prima che viene da lontano si usa, basta sapere perché lo si fa”. Da appuntarsi anche i punti di vista sul mondo della ristorazione in generale: la pizzeria è l'ambiente più dinamico della ristorazione in questo momento ed è la stessa cosa per la pasticceria. Amen.

a cura di Antonella De Santis e Massimiliano Tonelli

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