Il design creativo e il cibo. Dove va l'Italia a un anno da Expo?

30 Giu 2016, 12:53 | a cura di

Un anno fa la forte scossa di Expo aveva attivato moltissime sinergie tra il disegno industriale e il mondo del cibo e del vino. Cosa è rimasto oggi di quella energia? 

Il linguaggio del design non conosce confini, né limiti stilistici, per poter essere accettato a livello universale e compreso dalla massa. Il suo compito è quello di analizzare il mondo circostante, intercettare le esigenze della società per studiare delle soluzioni adeguate, e questo senza necessariamente seguire la logica dei grandi numeri che richiede standardizzazione ed uniformità, ma – allo stesso tempo - progettando anche in vista di una replicabilità del prodotto. Fornire strumenti che possano migliorare la qualità della vita e trovare soluzioni capaci di limitare gli impatti ambientali, quando non di operare nella direzione della sostenibilità, sono elementi fondamentali di un design virtuoso.

ISIA Design Convivio

In Italia un importante lavoro in questa direzione è stato intrapreso dalle quattro ISIA Italiane (Istituti Superiori per le Industrie Artistiche) di Faenza, Firenze, Urbino e Roma mediante ISIA Design Convivio. Un progetto che ruota attorno al tema del convivio come metafora di una conoscenza che nutra il corpo e la mente come ispirato dall'opera omonima di Dante. Protagonisti principali sono il lavoro didattico delle quattro ISIA e le creazioni degli studenti sul tema food.

Il progetto, nato e conclusosi con Expo, nasceva dall’esigenza di far conoscere le ISIA come un unico “sistema” per la formazione pubblica al design. Da ciò nasceva anche la decisione di non presentare i progetti per sedi ma di esporli secondo quattro argomenti, proprio come nell’omonima opera di Dante presa come metafora del nutrire la conoscenza. Le tematiche hanno rispecchiato le linee della didattica ISIA: Trattato I – Design e conoscenza per tutti, Trattato II – I sensi del progetto, Trattato III – Design, ricerca e metodo, Trattato IV – Le virtù del progetto. Una piccola commissione per ogni ISIA ha fatto una prima selezione che poi è passata al vaglio dei curatori che ha scelto circa sessanta progetti. Molti altri, anch'essi molto interessanti, sono rimasti esclusi: a testimonianza della vivacità di questo settore, che si dimostra maturo per inserirsi sempre più nell'attività produttiva e, di conseguenza, di trovare il suo spazio nella vita di tutti i giorni. Sono stati privilegiati i progetti che meglio di altri davano forza alle tematiche scelte, con particolare attenzione a quelli sull’alimentazione. I risultati sono stati presentati e sono stati anche oggetto di profonde riflessioni, senza però che questo abbia dato seguito a una messa in produzione: un vero peccato. Nel frattempo, aun anno da Expo, qualcosa è mutato: gli ISIA continuano sulla loro strada, ma a Faenza è cambiata la presidenza con Giovanna Cassese che ha sostituito, dopo i sei anni di rito, Anty Pansera.
 

 Re-Oil di Guido Marchesini

I progetti

Nei lavori degli studenti, non sono mancati progetti interessanti: Freeijis, free energy way, di Caterina Falleni, per esempio, è un apparato refrigerante per frutta e verdura a uso domestico, che non utilizza energia elettrica, bensì il sistema di refrigerazione per mezzo dell'evaporazione dell'acqua; re-Oil di Guido Marchesini, è un ingegnoso dispositivo domestico che permette il riciclo dell'olio vegetale esausto direttamente in detersivo, grazie a una tecnologia che consente lo svolgersi della reazione chimica di saponificazione degli acidi grassi; Woo! è il contenitore isotermico di Eleonora Musca, capace di mantenere costante per varie ore la temperatura di alimenti e bevande posti al suo interno. Gabriele Berto di Faenza fornisce un esempio di food design inventando un nuovo modo di valorizzare i prodotti regionali: gli ingredienti vengono inseriti all'interno di barattoli di vetro sigillati con un tappo di pane che si aromatizza durante la cottura. La coppia Lorenzo Banchini e Antonio Scribano affrontano invece un tema importante come quello della salubrità dell'acqua: il dispositivo portatile dal nome OpenMaji utilizza 2,25g di sale, 75 ml d'acqua e una dinamo per creare una soluzione di ipoclorito di sodio capace di potabilizzare dai 30 ai 50 litri d'acqua. Un aggeggio studiato in collaborazione con il Consolato italiano in Niger dove l'acqua insalubre uccide 1,8 milioni di bambini ogni anno. E ancora Veneranda Carrino propone Design for all, Easy to remember: un sistema di servizio studiato per la cura della persona colpita da Alzheimer capace di tracciare, in modo semplice e intuitivo, dei percorsi che facilitino il ricordo e il recupero.
 

Woo!

Anche il packaging rientra in questo settore in continuo sviluppo. Nei giorni scorsi, per esempio, è stato presentato all’ISIA di Faenza quello realizzato da Anna Togni, studentessa del 2° anno – II Livello dell’Anno Accademico 2015/16, in collaborazione con Euro Company Srl. Di che si tratta? Un packaging alimentare monodose contenente mix di frutta disidratata, frutta a guscio e semi oleosi, per avere sempre a disposizione un prodotto fresco che può benissimo essere considerato un integratore naturale alla portata di tutti.

L'intervista

In merito a questi lavori Marco Bazzini e Anty Pansera, rispettivamente presidenti di ISIA Firenze e ISIA Faenza, ci hanno un po' chiarito il ruolo assieme artistico e pratico degli Istituti Italiani.

Qual è il ruolo delle ISIA italiane e come si relazionano al mondo del cibo?

Dal 1972 la presenza in Italia di queste particolari istituzioni che, a livello universitario, “formano” i designer ha contribuito non poco alla diffusione di questa professione. A numero chiuso e in sole quattro sedi (Roma, Firenze, Faenza, Urbino), le ISIA rappresentano delle sensibili antenne attente all’evolvere del design. E proprio per questo, da ormai molto tempo, anche il tema del cibo, nella sua particolare accezione di food design, di packaging per gli alimenti e di attrezzature per preparare/cuocere/mangiare, è stato oggetto di ricerca e progettazione nonché di workshop nei nostri istituti.

Rispetto agli scorsi anni sono aumentati i progetti di design legati al cibo?

L’attualità della “gastromania” non ha toccato, per fortuna, i nostri corsi che hanno affrontato soprattutto in anni passati e al di fuori delle mode queste tematiche. Certo, anche ultimamente abbiamo avuto tesi legate al cibo, ma da qualche tempo è soprattutto il progetto etico che caratterizza i diversi momenti della formazione nelle nostre istituzioni.

Alcuni lavori cercano di trovare soluzioni per limitare gli impatti ambientali, altri di facilitare la vita di chi affronta la giornata in maniera intensa, ma tutti i progetti si prefiggono un obiettivo comune. Quale?

Le ISIA da molti anni caratterizzano la propria scelta didattica sull’aspetto della responsabilità sociale, della cultura del progetto etico. Questo ci distingue dagli altri istituti e ci permette allo stesso tempo di lavorare con specificità sui territori di appartenenza ma anche di collaborare con molte altre istituzioni di alta formazione e ricerca italiane ed estere. Il design oggi non riguarda più solo gli oggetti ma deve saper utilizzare la strategia del “cambiare il cambiamento”, saper stare dentro alla trasformazione con la capacità di usare tutte le energie del pensiero positivo che arrivano dall’esterno per riorientarle nel quotidiano. Quelli presentati sono progetti di studenti che si rivolgono proprio a questa dimensione, a nuove pratiche di consumo, a chi vive la propria vita non soltanto come individuo ma anche come membro di una comunità, a chi ha una piena e diversa consapevolezza di se stesso. Non cercano tanto una via di uscita dai problemi e dalle tragedie evidenti della nostra società ma piuttosto partendo da essi cercano di offrire a tutti nuove risorse per affrontarli.

Qualcuno di questi progetti è stato sviluppato o messo in produzione? 

Non mi risulta che siano stati messi in produzione

Quali sono stati, secondo voi, i progetti più innovativi che sono stati realizzati negli ultimi anni nel settore del cibo?

Al di là delle ricerche degli ISIA, moltissimi sono i designer che si sono cimentati con il food design. Mi piace però segnalare un progetto/prodotto insignito del primo Compasso d'oro internazionale nel 2015. È una trafila per la pasta denominata Canna di Fucile, pensata come omaggio di uno dei pastifici di Torre Annunziata alla storica e locale Real Fabbrica d'armi (datata 1758), da parte di un gruppo di progettisti coordinati da Michele Cuomo. Questa trafila, creata nel 2010, dà vita a una pasta (usata per eventi benefici per la costituzione della Fondazione Terre di Oplontis) con una rigatura elicoidale interna, che richiama quelle delle armi e ha un grande merito gastronomico. La storia delle armi e quella della pasta in questa zona sono strettamente connesse: la meccanica di precisione delle armerie contribuì al successo di botteghe artigiane che producevano le trafile per i pastifici. Tanto che Torre Annunziata, già alla fine dell’Ottocento, era rinomata per i pastifici che assorbivano il 60% della forza lavoro locale. 

Che punto è l'Italia nel disegno industriale applicato al settore specifico del cibo e del vino?

Si sta iniziando a coniugare food e design, soprattutto nell'ottica di packaging

Quali sono le difficoltà che un designer si trova a dover affrontare?

Non vengono bene comprese le possibilità e le potenzialità della progettualità, soprattutto da parte dei piccoli produttori di food.

L'attenzione per il mondo del cibo e della ristorazione ha incentivato lo sviluppo di progetti nel settore?
Sicuramente sì.

 
Canna di Fucile
 
Della stessa opinione anche Giovanna Cassese, neo presidente di Isia Faenza. “Per ora posso dire solo poche cose poiché il mio incarico in ISIA è iniziato a marzo del 2016, quando ormai il progetto Convivio per Expo era concluso”. Ma il suo è comunque uno sguardo attento: “Ho visto il catalogo di Convivio: un volume ricco di idee, di storie e di progetti, un volume che esprime la vitalità e la complessità dei quattro ISIA italiani e apre sicuramente a riflessioni ulteriori sul tema e sono sicura ci saranno esiti fecondi”. I progetti per il futuro dell'Isia sono ancora da definire anche se “già a maggio 2016 a Faenza era previsto un workshop sul food design che è stato poi posposto: per gli allievi è sicuramente un tema intrigante”. L'attenzione c'è, ma ancora il design in Italia segna il passo: “si investe davvero poco in formazione per il design del futuro. L’Italia crede poco nella ricerca e nella didattica e certamente ancor meno nel campo delle arti”.
 
Tutta l'attenzione che c'è intorno al cibo è comunque un elemento che attrae nuove dinamiche, investimenti (pochi) e riflessioni (tante) che dal cibo si estendono anche ai settori confinanti, incluso quello del disegno industriale: “è chiaro che l’attenzione sempre crescente per il cibo e la ristorazione in ogni ambito e per ogni età stimolino nuove opportunità per il settore del food design” ma, mette in guardia “spesso c’è confusione e poca conoscenza del settore: investire in formazione anche per questo specifico segmento del design è un’opportunità che gli ISIA non vorranno perdere”.
 
a cura di Stefania Annese
linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram