In viaggio nel Gran Paradiso, tra fontina e ghiacciai

21 Apr 2014, 08:41 | a cura di
Novant’anni compiuti, ma non li dimostra. Il Parco Nazionale del Gran Paradiso è la più antica delle aree protette italiane e una zona montana divisa fra Piemonte e Valle d’Aosta che svetta oltre i 4.000 metri.

È l’unico “quattromila” interamente italiano. E il territorio circostante custodisce la più antica area protetta italiana, il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Più 90 anni di storia, dal 1922. Un patrimonio naturalistico che è anche uno scrigno di piccole produzioni gastronomiche. Formaggi, miele, vino, dolci, pane, genepì: sono solo alcune delle eccellenze che si sono meritati il “Marchio Q”, il marchio di Qualità Gran Paradiso, ideato dall’Ente Parco. Già prima della creazione del parco, nel 1856, il territorio era riserva di caccia di Vittorio Emanuele II, creata per salvare dall'estinzione gli stambecchi, animali simbolo di queste montagne, ridotti allora a poche centinaia di esemplari. Oggi sono circa 4 mila e fanno la felicità degli escursionisti in cerca di immagini da immortalare. A Vittorio Emanuele II si devono anche case reali di caccia, strade e sentieri che complessivamente si sviluppano per oltre 300 km, ancora oggi sono le vie più importanti di acceso alle zone interne del parco.

Arriviamo a noi, o meglio a lui, il Gran Paradiso: sul versante piemontese, la Valle dell’Orco sale fino a Ceresole Reale (una delle 29 località che fanno parte delle Perle Alpine per le vacanze ecologiche e la mobilità dolce), da qui in estate, dopo che la strada è stata liberata scavando un varco fra metri di neve, ci si arrampica fino al Colle del Nivolet a 2.600 metri di altitudine. Di fronte si apre un grande pianoro alpino lungo sei chilometri, costellato di laghi e pascoli in fiore, da cui è facile avvistare marmotte e dove si può passeggiare facilmente al cospetto di alcuni dei più bei ghiacciai delle Alpi. Più appartata la Val Soana, terra di emigranti: vetrai e spazzacamini che andavano a cercar lavoro a Parigi, ma anche di personaggi che hanno fatto fortuna. Anche se le valli piemontesi del Gran Paradiso sono genericamente un po’ più rustiche rispetto a quelle valdostane, alcune località come Ceresole vantano una lunga tradizione turistica e una ricca tradizione gastronomica che risente di forti influenze del Canavese: biscotti, torcetti, e il tipico salam patata, un insaccato misto di carne suina e patate generalmente prodotto nella stagione fredda. Senza scordare l’ottimo pane alle noci della Val Soana. Racconta Mario Rigoni Stern in Amore di confine: “Quando arrivava portato su dal nostro mulo ne sentivamo il profumo anche se eravamo ad arrampicare. Quel pane era felice come il paese, come noi, come tutta la Val Soana”.

Dal versante valdostano, invece, si accede al parco risalendo tre valli che corrono quasi parallele da nord a sud: la Valle di Cogne, la Valsavaranche, e la Valle di Rhêmes. In questo ambiente le produzioni agroalimentari sono limitate e preziose. Su una superficie di 70.318 ettari, il 62% è ghiaccio, morene, rocce; il 20,2% è fatto di foreste e il 17% di praterie e pascoli. Solo lo 0,8% del territorio è antropizzato e coltivato. Un terreno aspro, anche se straordinario dal punto di vista ambientale, in cui si trova Cogne (un’altra delle Perle Alpine) capitale turistica del Gran Paradiso e punto di riferimento per l’offerta ricettiva e gastronomica: il posto giusto per cercare la fontina d’alpeggio, che entra in uno dei piatti tradizionali di Cogne, la seupettache (non fatevi ingannare!) è a base di riso, crostoni di pane e, appunto, il formaggio più famoso della valle. La fontina entra anche in un’altra specialità, la favò, un piatto a base di fave, fontina, pane nero abbrustolito nel burro, salsiccia, pancetta e pasta. In realtà è un piatto povero della tradizione montanara originario di Ozein, che gli dedica una sagra nella penultima settimana di luglio. Tra i dolci ci sono il mécoulin, una sorta di pane all’uvetta, scorze di limone e rhum e la crema di Cogne, un dessert al cucchiaio a base di panna, zucchero, cioccolato che spesso si trova in abbinamento alle tegole, il classico dolce valdostano dalla forma ondulata a base di farina di frumento, albume, nocciole e mandorle.
A Valnontey, a un passo da Cogne, c'è il giardino botanico Paradisia, fondato nel 1955 con l’obiettivo di far conoscere le piante che si incontrano durante le escursioni, ma qui si possono anche di scoprire specie di tutto il mondo. Siamo a 1.700 metri di altitudine, e ancora si possono coltivare diverse specie montane e alpine. Attualmente sono circa 1.000 quelle ospitate. Tra queste il giglio di monte (nome latino: Paradisea liliastrum) che dà il nome al giardino: un giglio bianco che cresce fra gli 800 e i 1.800 metri di quota in ambienti prativi e pascoli.

L’imbocco delle tre valli valdostane che si inoltrano verso il Gran Paradiso è un ambiente di grande valore paesaggistico dove si mescolano vigneti e frutteti prima che l’altitudine lasci spazio a boschi e pascoli. Le condizioni climatiche eccezionali sono favorevoli alla maturazione delle uve: siamo nella zona compresa, approssimativamente, fra i paesi di Arvier e Aymavilles, luogo d’elezione dei vitigni autoctoni valdostani Petit Rouge, Fumin, Cornalin, Mayolet, Premëtta, da cui nascono alcuni delle più importanti Doc regionali, come l’Enfer d’Arvier e il Torrette. I vigneti del Mont Torretta, di Les Crêtes (foto in apertura) sono i più significativi di questa microregione, insieme a uno dei più scenografici paesaggi viticoli delle Alpi: il clos de l’Enfer, nel territorio di Arvier. Appellativo, enfer (ovvero inferno), dovuto alle alte temperature che si sviluppano in questa conca naturale esposta a una forte e costante irradiazione solare, favorita anche dalle pendenze dei terrazzamenti. Siamo a 800 metri di altezza, con un’esposizione sud e le uve, prevalentemente petit rouge arrivano qui a perfetta maturazione.

Info:www.pngp.it
Associazione Perle delle Alpi:www.alpine-pearls.com
Paradisia | Cogne (AO) | tel. 01 6574147

a cura di Dario Bragaglia

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