La storia di Pastella. La friggitoria di Martino Bellincampi che da Roma conquista il mondo

28 Feb 2018, 09:30 | a cura di

Dietro al fritto c'è un mondo intero capace di conquistare palati diversi: così si è sviluppato il progetto Pastella che sta portando in giro un'idea imprenditoriale agile e replicabile.

 

Il primo Pastella l'ha aperto il 1 dicembre 2014, il giorno del suo trentesimo compleanno. Ma Martino Bellincampi è uno che di cose ne ha fatte parecchie, e presto. Come quando, appena maggiorenne, aprì una società di informatica con tanto di dipendenti, dopo sono arrivate la società di comunicazione YOYO e bistrot Comò, localino natural wine oriented a un passo da Pastella, a Montesacro. Il quartiere in cui è cresciuto, ha studiato, fatto attività politica e che fino ad allora non offriva molto in termini di locali e vinerie. Oggi non è più così, e molto lo ha fatto proprio la friggitoria aperta da Martino insieme ai soci di Yoyo, oggi molto occupati con la ristorazione. Anche perché, da quel dicembre, parecchie cose sono cambiate.

Fritto vegetariano

Pastella e TuttoFritto. Una friggitoria dalla visione internazionale

L'architettura della società si è evoluta” spiega Martino “oggi c'è un quartier generale in Svezia, l'azienda TuttoFritto, in cui è presente anche Domenico Nesci che rappresenta un fondo di investimento che segue le start up, anche se i vari Pastella in Italia corrispondono a società italiane”. Non proprio un paradiso fiscale, la Svezia. “No, al contrario: il costo del lavoro e il peso sugli utili sono più alti che in Italia, ma”aggiunge “è un posto civile, dove tutto è più semplice”. Una scelta dettata dalla stanchezza rispetto a certe inefficienze del nostro sistema e dalla prospettiva di portare Pastella all'estero: “non ci interessava fare una singola bottega artigiana, ma un format replicabile, anche perché non sono un cuoco, al massimo appassionato di cucina”. E la riproducibilità c'è stata, visto che all'attivo ci sono due locali a Roma (uno al Mercato Centrale), uno ad Anversa, due food truck (a Venezia e in Scandinavia), mentre si preparano altri due nuovi spazi in Italia e altrettanti tra Belgio e Danimarca. La replicabilità è stata un elemento centrale nello sviluppo del progetto, dal format al nome, che alle prese con il mercato straniero hanno capito di dover cambiare “perché per gli stranieri, pastella richiama la pasta più che il fritto”. L'investimento iniziale è stato di quasi 100mila euro, “volevamo fare le cose per bene, anche sapendo di essere sovradimensionati su alcuni aspetti: abbiamo avuto due consulenti per il cibo e investito molto in eventi per farci conoscere”, per quanto riguarda grafica e concept, invece? “Quelli li abbiamo seguiti Matteo Santucci e io: insieme avevamo YOYO, un'agenzia di comunicazione creativa”.

pastellaBucatini cacio e pepe

Il progetto

Il fritto per me è un contenitore” spiega Martino “dove mettiamo ricette ragionate e materie prime selezionate in una versione accessibile a tutti”. Democratica non solo per i costi, ma anche perché avvicina tutti alla cucina di qualità e di ricerca che – pur con le dovute differenze – ha molto in comune con l'alta ristorazione. Ben più di quanto si possa immaginare. “Mi piace l'idea di un formaggio serio o serissimo trasformato in qualcosa da mangiare anche in piedi o camminando” fuori da rigidità e imposizioni, raggiungendo anche chi - per età, possibilità economica o abitudine - non entra in certi ristoranti. E far capire così che non tutti i fritti sono uguali, dipende da come sono fatti: “invece spesso sono solo considerati junk food, anche all'estero”.

Pastella al Mercato Centrale

Food truck, fast food e piccola ristorazione

Le uscite di Pastella fuori da Montesacro sono esperienze importanti, prima tra tutte quella al Mercato Centrale “lì cambia il tipo di lavoro e di servizio: tutto deve essere veloce e immediatamente comprensibile” racconta Martino “il supplì con un formaggio blu francese non funziona, vanno bene cose che non devono essere spiegate, bisogna essere rapidi e chiari, per incuriosire persone diverse, turisti e viaggiatori”. A Montesacro, invece, è diverso: c'è una clientela curiosa, non occasionale, che ha voglia di provare e lasciarsi tentare, sceglie con calma, magari mentre prende un bicchiere di vino. Poi ci sono stati i food truck a Venezia e tra Malmo, Stoccolma e Copenaghen: esperienze ancora diverse che probabilmente verranno replicate.

Ora è il turno di un nuovo locale che aprirà a Torino a marzo accanto (e insieme) a Botz, l'enoteca in zona Vanchiglia che pur puntando ai vini naturali, fa un lavoro molto inclusivo e trasversale, accontentando una clientela diversa dalle 6 del pomeriggio a notte fonda con etichette di diverso appeal e costo. Abbattuto il muro che separa i due locali si creerà un unico ambiente con una trentina di posti a sedere per la friggitoria, proposte take away e al piatto per accompagnare la selezione dei vini, dove nasceranno anche eventi e appuntamento come già succede a Roma, “preferisco abbinare il vino al fritto, soprattutto alcuni naturali che per loro carattere e acidità stanno benissimo, secondo me”. La scelta? La classica di Pastella: crocchette, supplì - “vediamo come andranno” dice - bucatino cacio e pepe o all'amatriciana, montanara in vari altri modi (verdura di stagione e formaggio, prosciutto cotto affumicato e cipolline, aringa con senape), “poi stiamo cercando un Roberto Liberati di Torino per le polpette di bollito”, formaggi francesi e salumi “anche in virtù di un rapporto già consolidato con Stefano Carena di Fil Rouge, selezionatore e affinatore che fa anche importazione diretta di formaggi francesi” In chiusura la bomba dolce con la crema.

 

 

Belgio e Scandinavia

Ma, come dicevamo all'inizio, quello di Bellincampi e soci è un progetto che punta all'estero, “il bucatino all'amatriciana panato e fritto può essere fatto anche fuori Italia e senza di me”. E così è stato, dopo il food truck estivo in giro per i paesi del nord sono in attesa che si liberi uno spazio al mercato Torvehallerne di Copenaghen, ad Anversa invece sono da quasi due mesi in uno street-food market che si chiama Mercado, molto frequentato da un pubblico locale, mentre ad ottobre saranno anche a Bruxelles, in un nuovo mercato in centro città di cui sono tra i soci fondatori “gli unici non belgi” aggiunge con una punta di orgoglio, “siamo anche soci di un coworking dedicato al cibo che si chiama Kitchen Collective”. Dal suo osservatorio Martino ci conferma che all'estero esiste una burocrazia più snella, soprattutto nel mondo scandinavo,“un po' meno in Belgio, dove” racconta divertito “esiste una autorizzazione specifica per il fritto (non a caso è la patria delle patatine!), oltre a quella di petit ristoration e ristoration”... ma anche in Italia le cose cambiano secondo città: per esempio Torino è più semplice di Roma. “Il costo del lavoro invece è un po' più alto che da noi, ma soprattutto” racconta soddisfatto “in Belgio non esiste nero, le casse hanno una black box collegata direttamente con l'agenzia delle entrate”.

L'organizzazione

Con tante germinazioni l'organizzazione è una questione centrale: “vado sempre io, e dopo aver selezionato la persona giusta cominciamo con un affiancamento” in Italia o fuori. Vi siete scontrati con gusti diversi? “In italia un piatto è migliore quanto più è essenziale e va alle radici della materia prima, lì è l'opposto: una fettona di provola affumicata con pane panko e fritta, bella filante, che per noi è buonissima così, piace molto. Ma poi ti dicono: perché non ci metti un topping?” discorso simile per la montanara con la passata parmigiano e basilico, una delle cose più richieste, “ci hanno detto era il cibo italiano più buono che avessero mai mangiato, per poi chiedere subito dopo perché non filava”. Insomma: semplice non basta, “allora abbiamo cercato il modo di andare incontro ai loro gusti senza perdere la nostra identità” per esempio il bucatino cacio e pepe è più piccolo, servito con una crema di pecorino in cui pucciarlo, “e questo basta”.

Cartoccio di pesce

La materia prima

Punto di partenza la materia prima: “preferisco partire dal fornitore e dal prodotto, più che dalla ricetta che vogliamo fare”. Dunque il lavoro preventivo per ogni nuova apertura è la ricerca del fornitore. A Roma ci sono ormai rapporti consolidati con diverse realtà cittadine: Pork'n'Roll per il prosciutto cotto affumicato (che abbina allo gnocco fritto o alla montanara con cipolline rosse stufate), la Pescheria dal Sor Duilio per le alici fritte (anche in questo caso con le cipolline) e il cartoccio di pesce. Ma poi ci sono il carnaroli di Igiea Adami e la pasta di Carla Latini per le crocchette di bucatini all'amatriciana o cacio e pepe. “Stefano Carena per i formaggi francesi artigianali e a latte crudo”. Anche questi destinati a essere racchiusi dal fritto in diverse ricette: “hanno persistenza e struttura, sono perfetti”.

Alla ricerca del prodotto giusto

Ma come la mettiamo fuori Roma? “A Venezia sono andato al mercato di Rialto per cercare prodotti locali, a Torino sto facendo lo stesso”. E all'estero? “Esistono comunità di italiani in un sacco di posti quindi molte cose ci sono, magari usiamo la pasta Rummo che troviamo più facilmente e va benissimo per noi”. Poi ci sono molti piccoli importatori: “come uno che parte con un camion da Monopoli per rifornire ristoranti ad Anversa”. Insomma cercando bene i fornitori ci sono, poi devi trovare il prodotto che ti interessa “ma quando si crea un buon rapporto poi c'è la disponibilità anche a portare cose specifiche”. A volte invece si mettono in conto dei piccoli compromessi: “con buoni prodotti locali che danno vita a risultati analoghi. Per esempio, sempre Anversa, un signore pugliese ha un piccolo caseificio e un negozio che ricorda gli alimentari tipici della nostra provincia, dove vende i suoi formaggi prodotti con latte locale, e lo stesso succede a Copenaghen”. Ogni prodotto fa storia a sé: se all'estero si trova un burro locale molto buono, non altrettanto si può dire per il pecorino “devi fare molta selezione anche su quel che arriva dall'Italia” per la passata invece è più difficile perché non c'è via di mezzo: o sono di basso livello o molto costose.

Una proposta al piatto

Prossima fermata: Pigneto

I progetti di Pastella non finiscono qui. C'è un nuovo indirizzo che triplica gli spazi capitolini: via del Pigneto 111. Qualche posto al bancone, tavolini e uno spazio esterno. Gli arredi saranno simili al primo Pastella e sul modello di quello si propone di lavorare, “ma ancora meglio, con più spazio e una gestione della sala più curata” e una cucina da cui usciranno non solo i famosi fritti di Pastella (12-15 in totale) ma anche cose più cucinate, dove il fritto diventa un ingrediente, come nei bucatini con crema di pecorino e alici fritte o nella crema di piselli con straccetti di manzo panati e fritti, poi un paio di contorni, salumi e gli amati formaggi francesi. Una proposta agile che consente di variare spesso e di aprirsi a diverse occasioni di incontro con produttori di vino e di cibo, ma anche eventi culturali e musicali.

Poche, pochissime le birre in prevalenza acide “per me metterei solo Cantillon, ma mi sa che non funzionerebbe” un paio di cocktail come l'americano con l'amaro Vergano, una quindicina di champagne di vigneron selezionati dal team di Remigio e una carta dei vini che conterà almeno 150 etichette naturali, secondo lo stile di Francesco Romanazzi già sommelier del bel bistrot Epiro che ha salutato proprio ieri. Arruolato dall'ex compagno di scuola Martino in questo nuovo progetto che aprirà nella seconda metà di marzo.

 

Pastella – Roma – viale Gottardo, 39 - https://www.facebook.com/pastella.roma/

Pastella – Roma – Mercato Centrale – via Giolitti, 36 - https://www.facebook.com/pastella.roma/

Pastella - Roma - via del Pigneto, 111 - da marzo

Pastella - Torino - via Santa Giulia - da marzo

TuttoFritto– Belgio – Anversa – Mercado - Groenplaats, 43 - tuttofritto.com

a cura di Antonella De Santis

 

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram