Mangiare in aeroporto: riflessioni dopo l'arrivo di Michelangelo Citino a Linate

25 Mar 2014, 12:24 | a cura di
Mangiare in aeroporto diventa sempre meno un “male necessario” e sempre più un'opportunità. Lo confermano le nuove aperture Milanesi: il ViCook dei Cerea a Orio al Serio prima e Michelangelo di Michelangelo Citino a Linate poi. Due candidati nella classifica dei ristori aeroportuali del Daily Meal?

Stiamo facendo sensibili progressi nella ristorazione all’interno degli aereoporti. Sino allo scorso autunno, chi desiderava andare oltre un fast food o un bar senza pretese aveva poche speranze: qualche corner (come quello di Cantine Ferrari a Fiumicino, con piatti di Alfio Ghezzi), gli Obikà a Malpensa e ancora a Fiumicino, le pasticcerie famose negli scali del Sud.
Poi è arrivato Michelangelo, il locale a Linate gestito da MyChef (leader della ristorazione aeroportuale e ai vertici di quella in concessione, con 120 milioni di euro di ricavo) e Sea che cura il sistema di Linate e Malpensa. Dimenticate mense bulgare o tristi self-service con megaschermo: l’allestimento è un mix lucido di design (ogni tavolo è diverso dall’altro, i complementi d’arredo sono di griffe del settore, il salottino è fatto di pezzi unici) e arte con quadri di grandi artisti che si avvicendano. Michelangelo si trova al secondo piano dell’area partenze, prima dei controlli per dare l’accesso a chi non è interessato dai voli: ottima idea il bonus del parcheggio gratuito a pochi metri dal locale. È chiuso solo la domenica mentre è aperto sia a pranzo (11.45-15.00) che a cena (18.00-22.30). Il vero peccato – in attesa che l’Expo 2015 movimenti Linate – è che dalle immense vetrate ci si diverte poco con decolli e atterraggi, soprattutto la sera quando lo spettacolo sarebbe suggestivo.

Il nome del locale è quello dello chef Michelangelo Citino, affabile quarantenne dal solido background: il Bistrot di Gualtiero Marchesi, Quisisana di Capri e Giannino a Milano con Davide Oldani come mentore (“il numero uno nel gestire una brigata sotto ogni aspetto” spiega), Louis XV di Alain Ducasse, Principe di Savoia come sous chef di Paola Budel e sempre a Milano il Park Hyatt Hotel. Nel 2011, MyChef gli propone di assumere la direzione del T-Design Restaurant Café della Triennale. “È qui che è venuta l’idea di realizzare un ristorante di design, rivolto a una clientela internazionale e in un ambiente particolare”racconta Citino “la cucina rispecchia il concetto: semplicità e stagionalità, estrema attenzione alle esigenze di leggerezza e salute tanto più pensando a chi sta per partire, voglia di abbinamenti sorprendenti ma mai provocatori”.
Giustamente c’è un doppio binario: quello di chi non ha fretta (e quindi ha pure il tempo di fermarsi al corner Pommery, partner del ristorante) e quello di chi ha i minuti davvero contati. Che sono otto per un piatto unico a 16 euro, 12 per un (ottimo) hamburger da 180 grammi a 20 euro, 40 per i tre piatti del menu del giorno a 26 euro. I due menu degustazione costano 39 e 59 euro.

A fine novembre, ecco che la famiglia Cerea ha aperto ViCook, bistrot gourmet al primo piano di Orio al Serio, accessibile come Michelangelo anche a chi non deve prendere l’aereo. Sette giorni su sette - dalle 11 alle 23 – per offrire piatti all’altezza della famiglia, a partire dal piatto unico a 16 euro compresi acqua, dolce e caffè. “È un’osteria di cucina contemporanea dove la tradizione italiana incontra qualche idea internazionale, come giusto sia in un aeroporto” spiega Chicco Cerea. La proposta è divisa in tre aree: Gita Veloce (appunto i piatti unici), Viaggio Italiano (con i must della penisola) e Scappata all’Esterocon le proposte d’ispirazione straniera. E per concludere in bellezza, i Dolci Momenti che conoscendo i Cerea sono garanzia assoluta di godimento.

Considerando che Milano – soprattutto il prossimo anno – resta uno scalo importante e i Cerea sono triforchettati e non sbagliano un colpo, ci sono le premesse perché entrambi i locali conquistino buone posizioni nella geniale classifica realizzata dal Daily Meal, bibbia dei foodies, non solo britannici, che ha esaminato ben cento locali situati in aeroporto. Ovviamente in modo serissimo, inviando ispettori anonimi per sei mesi da Singapore a Mexico City, da Cape Town a Stoccolma. Due gli aspetti che hanno prodotto la graduatoria, stilata in base alla somma dei voti: la cucina vera e propria (qualità, creatività, prezzi…) e lo stile inteso come arredamento e servizio. Detto che gli statunitensi dominano la top ten – scontatello visto il loro numero di aeroporti e spazi interni - il migliore si trova in Spagna: il Porta Gaig, nel Terminal 1 di Barcellona El Prat. Lo chef è Carles Gaig, stella Michelin con il Restaurant Gaig in città e maestro della cucina catalana. Sul podio ci sono il Salt Lick BBQ a Austin-Bergstrom (istituzione del barbecue alla texana) e il Tortas Frontiera a Chicago O’ Hare, Terminal 1 e 3: panini, guacamole, patatine ma anche piatti freschi in stile tex-mex. Al quarto posto, l’altro locale europeo: Bubbles Seafood & Wine Bar a Schipol. Spin off dell’omonimo ristorante in centro ad Amsterdam, è validissimo per la carta dei vini e degli champagne da abbinare a crudi di pesce, crostacei e ostriche. La top ten è completata da Obrycki’s (Baltimora e Washington International, specializzato in crostacei), Crust (New York LaGuardia, siate orgogliosi: è una pizzeria in stile napoletano), Five Guys (Washington Dulles, steak house) Custom Burgers by Pat La Frieda (New York La Guardia, hamburgeria), il futuristico Encounter (Los Angeles International) e il Legal Sea Food (Boston Logan, pesce a volontà).

Come per tutte le classifiche al mondo si può non essere d’accordo con gli ideatori e discuterne per notti intere. Balza all’occhio per esempio che i due monumenti della ristorazione di Sua Maestà Britannica quali Gordon Ramsay e Jamie Oliver non siano presenti nella top ten nonostante i loro locali negli aeroporti londinesi riscuotano successo e si mangi bene (lo diciamo a ragione). Nel North Terminal di Gatwick, l’Union Jacks Bardel primo propone la “sua” cucina italiana e inglese ma soprattutto un clamoroso breakfast che farebbe resuscitare un viaggiatore sbarcato alle cinque del mattino, chiamato Full Monty. Eppure è solo 18°. Giudizio migliore (è 13°) per Plane Food che domina il magico Terminal 5 di Heatrow: piccolo gioiello in stile ramsayiano, in grado di offrire il Plane Picnica chi sta perdendo il volo come un menu eccellente da gustare in 25 o 35 minuti. Peraltro la loro esclusione dal vertice conferma la serietà degli ispettori, connazionali dei due chef-star.

Michelangelo | Linate (Mi) | Aeroporto | 2° piano | tel. 02.76119975 | http://www.michelangelorestaurant.it/

a cura di Maurizio Bertera

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