Il Piccolo Lago è arrivato al giro di boa più importante. Quello dei primi 40 anni di attività. Giro di boa non è espressione casuale nel caso del ristorante di Mergozzo, in provincia di Verbania, visto che non solo è affacciato – anzi, è più corretto dire sospeso – su uno dei più suggestivi bacini interni italiani ma il suo timoniere, Marco Sacco, è stato un talento della tavola a vela negli anni ’80: istruttore e atleta della nazionale. Aiuta papà Gastone e mamma Bruna nella cucina del locale che hanno rilevato nel 1974 dopo l’esperienza di una pizzeria nella vicina Verbania. La svolta arriva dopo il servizio militare: il ventenne Marco capisce che la sua rotta porta ai fornelli: visto il risultato, non ha sbagliato il bordo. Nel 40° compleanno, il Piccolo Lago si trova al top della ristorazione piemontese e ai vertici di quella nazionale: 87/100 per il Gambero Rosso, 16,5/20 per l’Espresso, due stelle Michelin.
Caro Marco, fissiamo tre momenti chiave di questa bella storia lacustre?
Il primo è un periodo in realtà: il triennio dall’84 all’86 in cui mio padre decise di darmi fiducia, alla luce della mia decisione di mollare tutte le passioni e concentrarmi sul mestiere. Mi disse “Vediamo cosa combini e se non funziona, si torna all’antico”. Così mi sono impegnato, con mio fratello: studi, viaggi soprattutto in Francia, stages. A quel punto, ho cambiato la cucina del Piccolo Lago ed è iniziata la “mia” storia.
Il secondo passaggio?
È stato obbligato, quando mio padre si è ammalato gravemente ed è mancato. Un conto era comandare la cucina, con la sua supervisione, ma in quel ’91 ho dovuto prendere in mano tutto. Non è stato facile, per fortuna pochi mesi dopo il triste evento ho incontrato Raffaella, la mia seconda moglie, fondamentale per la costruzione del Piccolo Lago nella forma attuale. Un segno del destino, mia madre Bruna sostiene sia stato l’ultimo regalo di papà, arrivato dal cielo.
Siamo al terzo.
Beh, i primi riconoscimenti e la prima stella nel 2004. Fu una soddisfazione incredibile perché frutto di un ventennio di lavoro, in una zona non semplice e senza inseguire le tendenze. Mi sono sentito in serie A, insomma. Onestamente tutto il resto, per esempio la seconda stella nel 2007, è stato un’altra bellissima cosa ma l’ho vissuta come la tappa successiva di un percorso avviato.
Nel menu del Piccolo Lago si coglie la volontà di sorprendere con abbinamenti audaci a partire da Fegato, melone, finocchio e salame sino all’Animella di vitella al burro d’Alpe, crodino, arachidi, patata fritta. Ma ancora di più si avverte la ricerca di cibi locali, spesso sconosciuti ai più. Solo passione?
Lo faccio per me, da anni. Prendo la moto, la bicicletta, l’auto e giro per trovare un formaggio, un salume, una verdura da piccoli artigiani. E mi piace proporli ai clienti, con il mio tocco. Un esempio su tutti: trovo pane e burro un qualcosa di eccezionale. Scopro che sull’Alpe Veglia, una tedesca vive in un alpeggio mezzo sperduto insieme a quattro mucche: dal latte ricava un burro da uscire fuori di testa. Già solo questo meriterebbe un articolo. Ovviamente non mi va di portare il pezzettino di burro a tavola ed ecco che utilizzando il pacojet preparo una spuma che servo su un sasso del Toce. Il pane invece viene portato in una beola di pietra, ricavata dalle cave dell’Ossola: scaldata in forno diventa un “cestino” ideale e pure suggestivo. In pratica, ho creato una piccola storia utilizzando solo elementi del territorio: questo per me è un piacere enorme.
Ti faccio una provocazione: un conto è vivere qui e poter seguire un copione come quello che hai illustrato, un altro è lavorare a Milano.
Ovvio che tutto questo è legato alla posizione di un locale e a cosa si aspetta il cliente tipo. Però, c’è anche pigrizia: volendo, anche dalle nostre città, con un’ora di viaggio puoi trovare piccoli tesori, e alcuni infatti lo fanno. La verità è che quasi tutti i due-tre stelle operano in un contesto non dico standardizzato ma molto europeo, sono simili uno all’altro. Ecco perché cerco di offrire una cucina un po’ diversa: tecnica, anche originale, ma con fortissimi richiami al mio piccolo territorio.
Altra passione, il pesce d’acqua dolce che sembra essere tornato in auge. Sempre dalla carta leggiamo: Sushi di lago; Tagliatelle di farina di farro, crema di agone e cipollotto, colatura di missultin; Marmorata di lago e classica bernese; Anguilla dal fuoco al roner,oltre al pescato del giorno…
È il mio omaggio al territorio: sono cresciuto mangiando pesce di lago e stando vicino ai pescatori. Come potevo dimenticarlo una volta diventato chef? Il compito di chi lo prepara è esaltarne il meglio, togliendo quello che non è attuale o non piace alla maggioranza dei clienti. L’anguilla della mia infanzia era buona ma grassa, pesante, poco appetibile a chi non era di qui. Con il roner ne ho fatto un piatto con il medesimo gusto ma più godibile e leggero. Ma è interessante anche il Sushi di lago: un lingotto di risone che fa da base a quattro fettine di trota, anguilla, persico e lavarello, serviti in diverse marinature.
Ti spiace avere una clientela in gran parte straniera, svizzera in particolare?
No, perché in definitiva ho sempre avuto pochi italiani e ovviamente con la crisi se ne vedono ancora meno. Il problema è che il “movimento” non è stato capace di creare un nuovo pubblico - competente e pronto a spendere - per i locali di fascia medio-alta e alta, sul modello degli altri Paesi. Sono aumentati i ristoranti validi ma il mercato è rimasto lo stesso di venti anni fa e ora è pure calato. Se aggiungiamo che in genere, l’italiano è un po’ superficiale per natura e in genere va nei locali per curiosità o per sentito dire, ecco che il sistema non funziona. Lo straniero, soprattutto se preparato, e qui ne incontro tanti, è un ottimo cliente e si siede sereno, senza pregiudizi.
Passi per un ottimo insegnante.
Sono contento. È che mi piace concedere la stessa fiducia ai ragazzi come mio padre l’ha data a me. Il compito di uno chef della mia generazione è quello di farli lavorare bene, con un corretto supporto economico e assistendoli dal punto di vista logistico, quando possibile. La mia esperienza dice che in questo modo daranno il meglio: vedi la mia bella squadra attuale, con un talento come Paolo Griffa. Comunque, fa piacere sapere che tutti ricordino in modo positivo il periodo al Piccolo Lago.
Passi anche per un cuoco schivo, sempre qui ai fornelli e pochissimo in giro. Tanto è vero che sei rimasto sorpreso che la cena da te ideata per il 40° si sia trasformata in un evento con tanti colleghi famosi. È vero?
Sì, assolutamente, non sono uno chef da palcoscenico. Così quando ho fatto qualche telefonata a colleghi come Cannavacciulo, Chicco Cerea, Berton, Cuttaia e Gilmozzi per chiedere se venivano a cucinare al Piccolo Lago, mi sono stupito che mi dicessero subito sì. La scampagnata tra amici è diventata una due giorni con loro nella prima serata e un gruppo di talenti stranieri nella seconda. Non nascondo che mi sono emozionato tanto, tantissimo nel constatare la loro stima.
Sei anche il presidente di CHIC, l’associazione Charming Italian Chef. Come sta andando?
Siamo solo al quinto anno di attività e c’è ancora molto da lavorare. Ma penso che la strada sia quella giusta. A me è piaciuta subito l’idea che si tratti di un’associazione “verticale” fatta di chef, patron, osti, pasticcieri, pizzaioli gourmet che operano in modo serio e costante sul territorio. Si va dal locale appena noto al pluripremiato. E non si fa lobby o immagine ma si organizzano eventi, si fanno consulenze, si opera per le aziende. Il fatturato conta perché è una srl e ognuno riceve il suo gettone di presenza quando viene chiamato. Il tutto basandosi sull’italianità del marchio.
Sul sito del Piccolo Lago c’è ben indicata la tua filosofia: riprendere il passato, modellarlo nel presente, proiettarlo nel futuro. La cucina lo spiega, quindi basta e avanza. Ma il tuo futuro?
Sicuramente non sarà al Piccolo Lago sino alla fine dei miei giorni… In primis, per il concetto che quando ci si accorge di essere in fase calante è giusto lasciare spazio ad altri in crescita. E poi per la mia eterna voglia di girare il mondo. Ho in mente un grande camper 4x4, con la cucina attrezzata ad hoc, per raggiungere ogni angolo del pianeta. Immagina un tour lunghissimo, magari seguito da qualche associazione come Slow Food, dove scoprire e raccontare il cibo con i social network. E che mi permetta di preparare la mia carbonara au koque davanti a una spiaggia della Namibia come in una piazza di una città indiana. Un sogno? Forse. Oppure più facilmente è l’anima dell’antico surfista che torna a galla. Comunque ne riparliamo minimo tra dieci anni, prima non posso. Ho troppo da fare.
Piccolo Lago | Verbania (VB) | via Filippo Turati, 87 | tel. 0323.58679 | www.piccololago.it
CHIC www.charmingitalianchef.com
a cura di Maurizio Bertera
Sul numero di Settembre 2014 del Gambero Rosso uno speciale sul pesce d'acqua dolce. Per abbonarti clicca qui