Benché l’Italia sia tutt’altro che carente quanto a editoria guidarola di settore, anzi, benché sia il paese europeo che più di ogni altro offra al consumatore uno spettro ampio di offerte da questo punto di vista (a partire dal nostro lavoro, al Gambero Rosso, con decine di guide ad ampio spettro, per arrivare allo storico impegno del Gruppo Editoriale L’Espresso passando per le guide più piccole, giovani e specifiche, oltre a quelle territoriali), resta comunque alta l’attesa per l’uscita annuale della Guida Michelin. Vuoi per il blasone, vuoi per la storia (si tratta della guida più antica in vita), vuoi soprattutto per la caratteristica che la vede ancora – solo parzialmente insidiata dalla classifica dei 50 Best proposta da Acqua San Pellegrino e dalla testata Restaurant Magazine – come voce internazionale, trasversale ai paesi, presente su tutti i mercati. Insomma, forse non sarà più vero che una stella in più (o in meno, perché di questo si parlerà) fa la differenza e riempie il locale dando una svolta all’esistenza imprenditoriale di un ristorante e del suo chef (o patron), ma resta comunque alta l’attesa, e non ha senso negarlo. Attesa che quest’anno si moltiplica, per quanto riguarda la Michelin italiana, in virtù di un cambio di ‘management’ che ha visto il pensionamento dello storico direttore Fausto Arrighi, sostituito dal nuovo direttore Sergio Lovrinovich salito alla tolda di comando nel 2013 – a 37 anni! – e solo oggi nelle condizioni temporali e logistiche di dare il proprio segno editoriale, visto che la guida precedente aveva per forza di cose ancora l’imprinting delle scelte di Arrighi. Ciò che ci si aspetta, dunque, oltre che un bel po’ di nuove stelle, potrebbero essere tante “stelle cadenti”. Questo almeno se Lovrinovich deciderà di dare il suo graffio in maniera evidente, segnalando una svolta generazionale nella guida che è considerata (in Italia, perché altrove non è affatto così), conservatrice e tradizionalista. Questo stile cambierà? Alcune anticipazioni sembrano andare proprio in questo senso, e le vedremo.
Il primo banco di prova sarà, però, sui tre stelle. E qui ci sarà da capire il quoziente di potere contrattuale di Lovrinovich nei confronti della madrepatria francese. Avrà, il nuovo direttore, la possibilità di portare l’Italia da 8 a 9 tristellati? Oppure, stando sempre all’interno di quota 8, potrà ruotarli facendo perdere le tre stelle a qualcuno e assegnandole a qualcun altro? Lo scorso anno fu la volta dei tre meritatissimi macarons a Niko Romito e al suo ristorante Reale a Casadonna. Quest’anno, sempre all’interno di una struttura da sogno, ce la farà Antonino Cannavacciuolo con Villa Crespi? In alternativa, se movimenti sui tristellati dovessero esserci, è prontissimo Mauro Uliassi da Senigallia, meritevolissimo nella fase di straordinaria forma in cui si trova, di passare da 2 a 3 “asterischi”.
Ma passiamo dalle congetture alle voci di corridoio che, in alcuni casi, sono conferme al 99%. D’altro canto la consegna dei premi è prevista per martedì 4 novembre a Milano e ad ogni riservatezza c’è un limite. Partiamo dai grandissimi cuochi. Quelli che già in passato hanno avuto prestigiosi riconoscimenti su tutte le guide, Michelin inclusa. Molti di loro hanno aperto, nel corso di questa annata, nuove proposte e va da se che si aspettino un riconoscimento immediato, subito al primo anno di attività. Partendo da sud parliamo ad esempio di Gennarino Esposito che potrebbe ottenere la stella per il suo nuovo Mammà sull’isola di Capri. Al nord, invece, le due metropoli, Milano e Torino, dovrebbero fregiarsi di due scintillanti stelle rispettivamente per il Berton di Andrea Berton e per Dal Cambio di Matteo Baronetto. Due chef che difficilmente mancheranno nel novero dei premiati e che, anzi, puntano a ben altri riconoscimenti che una sola étoile.
Sempre rimanendo a nord sarebbe più che meritata una stella per Christian Milone (della Trattoria Zappatori, classe ’79, stessa generazione di Lovrinovich), uno dei giovani chef più interessanti dell’ultimo lustro. Peccato sarebbe lasciarlo fuori. In Emilia Romagna uno tra i favoritissimi è Gianluca Gorini, chef del ristorante Le Giare di Montiano in provincia di Forlì che potrebbe così superare il suo padre putativo Paolo Lopriore che nella sua nuova sede a Como dovrebbe saltare un altro turno. Per Gorini comunque voci di un sì sono pari a quelle di un no. Staremo a vedere. Come staremo a vedere cosa succederà a pochi chilometri, in provincia di Rimini, dove ci sono dei fan di Pier Giorgio Parini pronti a giurare che Il Povero Diavolo otterrà la sua seconda stella. Scendendo solo un poco più a sud ecco la Toscana, quest’anno quanto mai dinamica grazie al lavoro di giovani cuochi straordinari come i tre delle Tre Lune di Calenzano. Per Ilaria, Tommaso e Matteo una mancata premiazione sarebbe un autentico delitto! Una stella potrebbe poi atterrare anche poco distante, nel cuore di Lucca, a suggellare la storia di successo de L’Imbuto di Cristiano Tomei, ristorante che sorprende ogni giorno per qualità e formula all’interno di un vivace museo d’arte contemporanea.
Proseguiamo il nostro giro d’Italia nella Capitale. La città cade a pezzi in quasi tutti i suoi ambiti, ma continua a sfoggiare una dining scene invidiabile, vivace, divertente, attiva e qualitativamente eccellente. Il palcoscenico ideale per premiare un format assolutamente innovativo sia per location che per proposta come quello di Stazione di Posta. Marco Martini è il giovane che per tutto il 2014 si è conteso lo scettro di migliore nella sua categoria con Alba Esteve Ruiz, la Michelin sembra aver scelto lui quest’anno. Altre stelle, a riprova della vivacità capitolina, non dovrebbero mancare. È stato scrupolosamente scrutinato Lele Usai de Il Tino a Ostia (che aspetta la sua prima stella), così come Cristina Bowerman di Glass Hostaria e Roy Caceres di Metamorfosi che aspetterebbero e meriterebbero la loro seconda. Sembra tuttavia che si dovrà attendere il prossimo anno per tutti. Più probabile la stella a ilSanLorenzo, mentre i rumors sul Ristorante Aroma dell’hotel Palazzo Manfredi (chef Giuseppe di Iorio) non sono considerati attendibilissimi. All’Enoteca Achilli al Parlamento è arrivato Massimo Viglietti che, già stellato, potrebbe portare con sé o, invece, perdere per quest’anno di transizione, la sua stella. Sarebbe un peccato, vista la qualità che lo chef ha dimostrato subito alle sue prime battute capitoline. Ma al di là di una perdita per un turno, a Roma ci si aspetta più di qualche “stella cadente”. Potrebbe esserci più di qualche insegna storica a rischiare.
Chiusura al sud, ancora in Campania. Dopo il gossip su una nuova stella per Gennarino Esposito (ma a Capri e non a Vico), ecco la voce che vuole la seconda stella arrivare a Brusciano e precisamente tra le giovani ma sapientissime mani di Francesco Sposito della Taverna Estia. Domani le voci faranno spazio ai dati.
a cura di Massimiliano Tonelli