Milano non vale un 3 Stelle. Parola di Ducasse

14 Dic 2011, 16:22 | a cura di

Ebbene sì. Il grande Alain Ducasse, il più famoso e attivo imprenditore della ristorazione mondiale e di qualità, ha fatto il gran rifiuto: uno schiaffo in pieno volto a quella capitale del Nord che cinque anni fa puntava a essere la più europea delle citt&ag

rave; italiane, il cuore del business e del Pil italiano.

 

 

Eppure, secondo Ducase Milano non è abbastanza grande e strutturata per poter garantire continuità nel lavoro e nel business di un grande Tre Stelle. E che, dati alla mano, il rapporto costi-ricavi per non essere negativo avrebbe dovuto imporre dei prezzi troppo alti per il mercato.
La notizia èuscita dal convegno sulla ristorazione d'albergo alla ricerca di nuove identità organizzato da Sia Guest Rimini con l'Ehma, l'associazione europea dei direttori di albergo. A raccontare il "grande no" è stato uno dei relatori, Ezio Indiani, general manager del Principe di Savoia Milano e delegato nazionale Ehma: "Quando lo interpellammo in effetti lui ci disse che non riteneva Milano in grado di assorbire un grande Tre Stelle - racconta il professionista al telefono del Gambero Rosso - Certo, lui probabilmente pensava al nostro ristorante, che ha una sessantina di posti. E non ha analizzato la possibilità di un locale più piccolo: io credo che un ristorante con 25-30 posti possa farcela".

 

 

Sta di fatto che in quegli stessi anni, invece, lo chef francese prestò il suo nome all'Andana di Terra Moretti, a Castiglione della Pescaia. Certo, si tratta di altro. Ma Milano nella ristorazione di albergo di crede molto. E a ragione. "Beh, direi che i grandi alberghi milanesi offrano il meglio della ristorazione cittadina e a un buon rapporto qualità-prezzo - fa Indiani - Penso al Park Hyatt, al Principe di Piemonte, a Bulgari, oltre che al nostro Acanto. Io ho passato tutta la mia vita in albergo, aono stato anche all'Hilton, più di venti anni fa: anche se non c’era Beck, era considerato il miglior ristorante del centro-sud d'Italia. La ristorazione nei grandi alberghi è sempre stata molto di qualità, a partire dalle materie prime e per finire al lavoro delle brigate che son fatte di grandi professionisti. Certo, a volte può mancare quel pizzico di creatività che puoi trovare in locali più piccoli…". Eppure, è vero: la ristorazione di qualità, fatta di materie prime buone e di lavoro in cucina attento, risiede ancora e sempre più negli alberghi. E le persone cominciano ad accorgersene se, come afferma Jaume Tapies, presidente di Relais & Chateaux, la catena che lui rappresenta ha una forte connotazione legata alla qualità della cucina tanto che su un totale di 500 alberghi e 800 ristoranti affiliati, la ristorazione conta per il 54% del volume d’affari. "In questi casi - dice Tapies - il ristorante è il cuore dell’albergo: il cliente viene per una celebrazione memorabile e desidera un’esperienza che rimanga nella memoria. Il locale non deve avere necessariamente 3 stelle Michelin, può essere informale, ma di charme. E soprattutto deve rispondere alle esigenze del cliente". A questo proposito, il Relais&Chateau la Certosa di Maggiano e il ristorante Il Canto di Claudia Grassi e Paolo Lopriore, interpretano bene la tendenza...

 


Stefano Polacchi

14 dicembre 2011

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