Assaggi. L’eziologia delle consistenze del Mugaritz

9 Dic 2013, 09:30 | a cura di
Ricerca ed emozione sensoriale nel menu di Andoni Luis Aduriz. Un concerto di tecniche, prodotti, provocazioni che pongono domande, creano ostilità e concedono conforto segnando senza alcuna stanchezza fisica. Pur dopo un pasto durato più di 4 ore. È la magia del Mugaritz.

Venti euro di taxi separano San Sebastian da Errenteria, defilata comunità dove alberga una delle stelle dell’avanguardia internazionale della cucina, Andoni Luis Aduriz (nella foto qui sotto). L’insospettabile casetta basca cela un ambiente lineare di legno scuro, i tavoli divisi da separé bianchi, bianche sono le tovaglie e le lampade, che gettano fasci di luce mirata e discreta: è il Mugaritz. Dopo l’incendio del 2010, ha l’aria leggera dei luoghi in cui regna armonia, ma nulla è lasciato al caso. I ragazzi al servizio, veloci di piede e di lingua, sono giovani e sorridenti, cool nei completi neri alla coreana. Via l’aria militare e imbarazzata di tante altre brillanti insegne, via la musica coercitiva, al Mugaritz il sottofondo è il vociare rilassato degli ospiti.

 

Al tavolo niente posate, solo la scultura apotropaica di un piatto rotto di porcellana a decorare la tovaglia. “Non c’è coperto, né pane, la prima parte del menu si mangia con le mani”: l’annuncio del direttore di sala, Joserra Calvo, è come l’alzarsi del sipario, la scenografia si arricchirà con l’evoluzione della trama. Nessuna barriera fra cibo e commensale, nessun orpello: l’approccio con le texturas, il leitmotiv dei piatti, inizia dalla percezione tattile delle mani.

La danza inizia con croccantezza/elasticità/tenerezza: un toast fatto di astice al 100%, un tendine di vacca panato, una carota baby con il suo fiore.

Toast di astice Tendine di vacca panato
Carota baby con il suo fiore

Questo il momento in cui si viene invitati ad andare in cucina. Non è un privilegio di pochi, tutti i clienti del Mugaritz vengono accolti dietro le quinte a un certo punto del pasto. Per scambiare due parole con Andoni e, pure quando quest’ultimo non c’è, per rimanere ammirati dal lavoro certosino di circa trenta ragazzi. In piedi, tra pass e porta, si gusta un altro boccone, Espinas, neonato e friabilissimo rombo fritto, di circa 2 cm, presentato nel 2012 sul palco di Gastronomika, il congresso di San Sebastian. “Lavoriamo sulle parole per sviluppare idee”: è questo invece l’oggetto della ponencia di Gastronomika 2013. A ristorante chiuso, durante le ferie, Aduriz resta mesi, insieme a quasi tutto lo staff, a lavorare sulla creatività, con un processo che dai concetti verbali arriva all’invenzione del piatto. E di piatti nuovi se ne creano: il menu della serata è fatto in totale di 24 assaggi.

In tavola, ancora mani, ancora antipasti: arrivano toast con midollo, molle e lussurioso, shiso in tempura, areato e mentolato, fiore d’amaranto fritto, piatto dalla straordinaria delicatezza visiva.

 

Toast con midollo Shiso in tempura Fiore d'amaranto fritto

E arrivano le posate, si passa a un altro momento del menu, fatto di sapori vicini e lontani, confortanti e ostili, ma soprattutto fatto di equilibri di consistenze e di scoperte percettive, quasi a ridiventare bambini. Qui Andoni è scatenato.


Raspaduras de hielo

Sono friabilissime le lamine di ghiaccio della Raspaduras de hielo con l’intenso succo di gamberi. È straniante il riso fermentato con erba ostrica, forte il profumo di lieviti e di sakè, collosa la consistenza. Le fermentazioni sono da qualche anno l'oggetto dello studio non solo di Aduriz, ma di molta parte della grande cucina internazionale. L’impegno di cervello e gola viene immediatamente confortato dal loisir: si gioca alla morra cinese, chi vince si aggiudica un boccone di caviale, che insieme alla gelatinosa royale di pollo, avvolge il palato di grassezza dolce e burrosa.


Riso fermentato con erba ostrica


Caviale e Royale di pollo

Il granchio con salsa di macadamia ha una interessante vischiosità, ottenuta mettendo a bagno semi di lino nel latte delle noci. Si va sul croccante, con il saporito calamaro che fa il verso al tradizionale calamar en su tinta, ma in realtà è ricoperto di lamine nere di cipolla bruciata, friabili come un soffio di cenere. L’affumicatura nasale porta per mano alla legnosità gustativa del tofu con salsa di pollo; ancora una beffa visiva, sembra una panna cotta.


Granchio con salsa di macadamia


Calamar en su tinta


Tofu con salsa di pollo

Dal legno alla calce, si mischiano i sensi e si torna al tatto: il merluzzo con la chufa, tubero di origine valenciana, è immerso in una salsa amidosa e lattiginosa, astringente e sorprendente. L’equilibrio ritmico del pasto vuole a questo punto nuovamente relax celebrale: ecco che la bocca si rifugia nella croccante triglia, accompagnata da una lussuriosa salsa olandese del suo fegato allo zafferano.


Merluzzo con la chufa


Triglia con salsa olandese del suo fegato allo zafferano

Sono due carni eccezionalmente tenere a chiudere il vortice delle texturas: il petto di vitello con salsa di erbe e l’agnello con papaloquelite, profumatissima erba di origine messicana.

 


Petto di vitello con salsa di erbe
 

Agnello con papaloquelite

I dolci hanno il compito di traghettare l’ospite verso la conclusione della serata e lo fanno in modo morbido, senza richiedere impegno, ma al contempo non rinunciando al gioco delle sinestesie. Una soffice quesadilla con uno scenografico biscotto caldo cotto al cartoccio in un pentolone pieno di fumo;


Quesadilla

un gelato di torrone classico, perfetto nella sua fredda sapidità; una cialda di cioccolato arrotolato, da mangiare in un sol boccone per la sua fragilità; una versione “soffiata” della torta al caffè, leggerissima e appiccicosa al palato. C’è l’infuso di fine cena, con la carta edibile di fiori e foglie, c’è la frutta, con una dolcissima pesca arrosto, resa citrica e frizzante dalla polvere di tè de roca (Jasonia glutinosa).


Gelato di torrone classico


Cialda di cioccolato arrotolato

 


Torta al caffè

Carta edibile di fiori e foglie

La piccola pasticceria arriva in una pila di contenitori di legno che rappresentano i 7 vizi capitali: dal dorato e vuoto guscio di cioccolato della superbia, alla stucchevole pera candita e speziata della gola.

 


Pesca arrosto

7 vizi capitali

Un altro taxi e si va via. L’effetto di una cena al Mugaritz è maieutico: tecniche, prodotti, provocazioni, il corpo è segnato da domande durature, ma nessuna stanchezza fisica. Fondamentale l’equilibrio della messa in scena di un pasto durato più di quattro ore, che dopo qualche minuto è pura memoria.

a cura di Pina Sozio

Mugaritz | Otzazulueta Baserria | Errenteria, Gipuzkoa
 | Altura Aldea, 20
 | tel. +34.943.52 24 55 | www.mugaritz.com

 

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