Ornella Fado: alla scoperta della cucina italiana d'America

13 Gen 2014, 16:17 | a cura di
Brindiamo! È il programma che fa conoscere la vera cucina italiana agli americani. L'autrice è Ornella Fado, ex ballerina da 21 anni a New York che ogni settimana incontra racconta e fa scoprire quanto di italiano c'è in America e nel mondo. A lei abbiamo chiesto come va il made in Italy oltreoceano. Ecco cosa ci ha raccontato...

Se gli americani hanno imparato che le fettuccine alla salsa di Alfredo o il chicken Marsala non appartengono alla vera tradizione italiana è anche grazie a lei. Italiana al 100 %, non solo nella bellezza mediterranea e solare, ma soprattutto nella vitalità e nel calore umano, Ornella Fado 21 anni fa lascia Roma e la sua carriera da ballerina che l’aveva portata nei più importanti teatri italiani e nelle trasmissioni in voga negli anni Ottanta come Fantastico 6. Molla tutto per volare a New York coronando il suo sogno d’amore. Nella Grande Mela arriva quando ancora il made in Italy si faceva spazio tra lagrandeur francese, allora dominante nella moda così come nella cucina. Allora l’Italia era per gli americani ancorata allo stereotipo degli spaghetti, pizza, mandolino; l’iconografia del Belpaese viaggiava tra i paesaggi de Il Padrino e il comfort food che gli emigrati portarono nel Nuovo Mondo. Non esistevano né Eataly né Master Chef, molti italiani si improvvisavano cuochi in virtù del loro patrimonio culturale e i vari Cracco e Cedroni non sapevano che presto sarebbe diventati loro il simbolo del Rinascimento culinario italiano.

Ornella Fado, origini calabresi, nata a Napoli ma romana d’adozione, sente allora l’esigenza di esportare in America la gastronomia italiana che nel frattempo si stava trasformando in una cucina moderna e innovativa. E con essa, far conoscere la cultura di una nazione che si scopriva sempre più patria di stilisti, chef e pasticceri. Nasce così l’idea di Brindiamo! il programma che la stessa Ornella ha scritto, creato, prodotto e che la NYC tv Life manda in onda dal 2005 mercoledì, sabato e domenica sul canale 25 (con 4 ulteriori messe in onda). Brindiamo! non è solo uno show che porta sul video ristoranti e ristoratori italiani ma è anche e soprattutto una finestra sulla cultura del Belpaese. Non solo l’Italia a New York: il programma di Ornella fa entrare l’Italia nelle case degli americani anche con degli speciali realizzati in giro per il mondo, in Italia, in Canada, a Miami, con Brindiamo on the Sea, un viaggio alla scoperta della cultura, della storia e della cucina. Così, Ornella, appeso il suo tutù da ballerina diventa madrina dell’italianità negli Stati Uniti, come l’ex sindaco di New York l’aveva incoronata durante l’Italian Heritage Day: “esperta della gastronomia italiana”.

Ornella, ti vediamo in giro per New York dove incontri musicisti, artisti, ma soprattutto chef italiani. Come selezioni i ristoranti che poi ospiti nel tuo programma?
Il criterio che mi guida nella scelta è l’autenticità dell’essere italiani. Non mi interessa solo parlare dei ristoranti, della loro cucina: prima di tutto voglio raccontare le storie umane di chi sta dietro un ristorante. Per questo tendo a scegliere sempre ristoranti che appartengono a singoli proprietari e non a grandi gruppi imprenditoriali. È vero che ci sono ottimi ristoranti italiani a New York non gestiti da italiani così come ci sono ristoranti mediocri in mano a italiani veri, io però ho la fortuna di poter selezionare in base alla qualità e all’autenticità.Non sono contraria agli chef internazionali che fanno cucina italiana, anzi, punto molto sul feeling, sulla complicità che si instaura mentre giriamo le puntate: bisogna avere l’anima italiana. Questa sintonia è facile e immediata quando siamo tra noi italiani. Il risultato sarebbe diverso se non fosse così.

Negli ultimi 10-15 anni, la gastronomia italiana è cambiata sia in Italia che negli Usa. Pensi che l’evoluzione e il risultato siano stati gli stessi in entrambi i paesi?
Non credo. Ad esempio, sono solo dieci anni che la pizza italiana a New York, oltre a essere diventata più buona, è diventata anche una tendenza. Prima la pizza era solo una sorta di combat food da consumare camminando per strada. Oggi andare in pizzeria a New York è un'abitudine diffusa esattamente come accade in Italia. Le differenze però ci sono: i ristoranti italiani a New York tendono a regionalizzare la cucina in maniera minore rispetto che in Italia, i piatti sono autentici, ben presentati, ma meno sofisticati rispetto a quelli in Italia. La prima cucina che è arrivata qui è stata quella del Sud: fritture, sughi pesanti. Ora la cucina è più leggera e gli chef sono molto più preparati. In America però, a sorpresa, sono meno tecnologici nella conservazione del cibo e nella struttura della cucina.

Non c’è il rischio che in America i ristoratori devono adattarsi al gusto dei clienti e americanizzare un po’ la cucina, spingendo verso la fusion?
Sono in pochi quelli che preferiscono accontentare i gusti dei clienti tradendo la genuinità. La maggior parte rispetta la tradizione.

Il made in Italy e la gastronomia italiana stanno vivendo un momento d’oro a New York. Questo anche grazie all’apertura di Eataly?
Eataly è una bella realtà, ma loro sono arrivati in America soltanto nel 2010 quando già la ristorazione italiana aveva iniziato la sua ascesa, e certo, stupisce che Eataly non abbia chef italiani nei suoi ristoranti. Comunque la prima cucina ad avere successo qui è stata quella toscana. Il ristorante Da Silvano, frequentato da molti vip, è stato il primo ad inaugurare la nuova ristorazione italiana e Tony May ha contribuito moltissimo a portare la cucina italiana a New York a livelli molto alti.

Di recente un ristorante francese è stato giudicato come il miglior ristorante a New York. Nonostante tutto la cucina francese rimane insuperabile?
Assolutamente no. Da quando i ristoranti italiani hanno tolto le tovaglie con i quadri e hanno abbandonato lo stile italo-americano con cui si identificavano prima, hanno superato di gran lunga i francesi. E poi la cucina italiana mette d’accordo tutti: dagli amanti della pizza ai fan dell’alta ristorazione.

Cosa manca per conquistare definitivamente l’America?
Tocca ora alla vera pasticceria italiana, oggi assente, conquistare il Nuovo Mondo.

Che tendenze nuove ci sono nella Grande Mela quando si parla di cibo?
Street food sicuramente.

I tuoi ristoranti preferiti sia italiani e non a New York.
La Masseria, che fa una raffinata cucina pugliese; Pizzarte dove puoi scegliere un buon piatto di pasta, una buona pizza e un favoloso babà. Della cucina americana amo i pancakes e i waffles con lo sciroppo di acero per il brunch; mentre per la cena mi piacciono bufalo wings, baby back ribs con BBQ sauce, corn on the cob (ovvero le pannocchie), e sweet potatos cassarole, ma mi diverte anche andare a mangiare in ristoranti indiani, messicani e fusion asian. Tipo Buddakan.

A quale cucina italiana ti senti più vicina?
Qualsiasi cucina con gli spaghetti alle vongole! Se poi aggiungiamo le patate sono la donna più felice del mondo! Con questo voglio dire la cucina mediterranea: ricca di pesce, pasta, zuppe di pesce, impepate di cozze, e poi dolci: babà e sfogliatelle.

In Italia è Masterchef mania mentre in Francia ci sono delle vere e proprie Olimpiadi di cucina e pasticceria tra professionisti. Non pensi che bisogna rivedere e separare il concetto di gastronomia vera da quello del business show?
Sono d’accordissimo. I culinary shows sono diventati troppo ingegnosi, sono ormai solo gare a chi taglia la carota o chi cuoce la pasta più velocemente. Ma non siamo il paese che ha creato lo slow food? Con Brindiamo! voglio raccontare le tradizioni culinarie, la nostra cultura e la nostra storia. In mezz’ora di programma settimanale ho la possibilità di cucinare con uno chef quattro ricette, dall’antipasto al dolce, fare interviste a chefs e ristoratori, e di tanto in tanto ospito celebrità italiane per esempio Edoardo Bennato, Carlo Verdone, Giovanni Allevi, Ron. È un modo per festeggiare ai successi degli italiani all’estero tramite il buon cibo.

www.brindiamotv.com/

a cura di Liliana Rosano
Foto: Stephen Shadrach

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