Paolo Marchi: ecco come sarà Identità Golose 2015

10 Nov 2014, 09:15 | a cura di
Una sana intelligenza è il tema del congresso 2015, a sottolineare l'esigenza di una cucina sempre più attenta alla salute. E poi le nuove identità: piccante, estreme e di montagna. Così Paolo Marchi intercetta tendenze ed emergenze legate alla tavola. Ecco tutte le novità che ci aspettano a Milano dall'8 al 10 febbraio.

Nell'anno dell'Expo 2015 di Milano che si prefigge di sviscerare il tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vitail congresso Identità Golose compie 11 anni e dedica il focus centrale a Una sana intelligenza. Il 2015 segna un'altra ricorrenza: i 60 anni di Paolo Marchi, giornalista, ideatore e curatore del primo (e unico di questa portata) congresso italiano di gastronomia. E lo celebra con un libro uscito proprio in questi giorni: XXL, i piatti che hanno allargato la mia vitaedito da Mondadori. Come nasce questo libro? “È una cosa che avevo un testa da tanto tempo, non volevo fare una raccolta di articoli, ma un racconto dei piatti che hanno segnato la mia vita, i 50 più rappresentativi”. Cosa si trova? “Non solo piatti stellari: nella prima parte ci sono quelli della mia infanzia, fino ai 20 anni, come la polenta che mangiavo dai nonni in Trentino, poi quando a 25 anni sono stato assunto dal Il Giornale come giornalista sportivo, ho avuto la possibilità di viaggiare molto per lavoro, e ogni viaggio era l'occasione per scoprire un ristorante, e molti piatti”. Da lì il giornalista sportivo diventa critico gastronomico, attraverso quei viaggi e quei molti piatti assaggiati. “Perché” dice “volevo scrivere di cibo”. In questo libro c'è il racconto della formazione di un critico, ci sono le cucine, i piatti, i sapori che hanno segnato la storia, professionale e umana, di Paolo Marchi. “E”dice “allargato la mia vita”.Fino a quando ha lasciato lo sport, prima, e Il Giornale, dopo. Siamo al 2011, ma Identità Golose è già un appuntamento fisso nelle agende di chi si occupa di cibo, dietro ai fornelli o a una scrivania. Come sarà l'edizione numero 11? Lo abbiamo chiesto a Paolo Marchi.

Parliamo di Identità Golose 2015: quale è il tema quest'anno?
Una sana intelligenza, cui sono dedicate le giornate di domenica e lunedì. Perché la cucina, anche l'alta cucina, non può più fare a meno di essere attenta alla salute. Quindi la cucina deve essere intelligente, e non solo golosa, ma anche sana. Questa l'evoluzione del tema dell'anno passato, che era, appunto, Una golosa intelligenza.

Voi facevate già Identità Naturali, però. C'è davvero bisogno di dedicare un focus alla salute?
Identità Naturali lo facciamo da 4 anni. Ma se anche le grandi maison francesi, che hanno una grande tradizione di piatti di carne, intercettano questa tendenza significa che è una davvero pressante e diffusa. Pensiamo ad Alain Ducasse che rinuncia a tartare e foie gras e propone un menu vegetariano e aperto al pesce, ma di altissimo livello e costo.

Parli soprattuto del consumo di carne
Una volta René Redzepi disse che nella nostra gastronomia occidentale sono presenti troppe proteine derivate dalla carne. Credo si debba cambiare prospettiva e pensare che anche un piatto di carote può essere gourmet. Bisogna dare dignità gastronomica anche alle verdure e considerarle non solo il contorno di un piatto, ma il suo protagonista.

Facciamo qualche nome: Ducasse ci sarà?
Si, domenica. Poi ci sarà Pietro Leemann, che da anni è il portavoce di una cucina naturale, sana e vegetariana.

Ci sarà un paese ospite?
Non una nazione, ma una regione, il Veneto

Ci sono poi gli appuntamenti fissi
Si, le identità di Pane, Pizza, Pasta e, di nuovo, Identità Naturali.

Le novità invece?
La prima è Identità Piccanti. Il piccante è un gusto quasi sempre presente in cucina (lo abbiamo visto anche l'altro anno con la Thailandia, che bilancia con la componente dolce del latte di cocco), ma su cui pochi hanno ragionato. Forse perché fa un po' paura, perché crea dei problemi: chiude la bocca, non permette di sentire bene i sapori dato che brucia, per così dire, il palato. Un piatto troppo dolce o troppo salato al massimo non lo mangi, uno troppo piccante provoca delle reazioni fisiche. Affrontiamo il piccante in diversi àmbiti: abbiamo pasticceri, barman, e poi i cuochi, una calabrese, e un americano, sicuramente.

Finite qui le novità?
No. Ci sarà il contenitore Identità Estreme, che racconta quella cucina che esce dagli schemi del già noto. Per esempio mentre da una parte si riduce il consumo di carne, si guarda alla sostenibilità e all'apporto proteico, dall'altra si scelgono carni con frollature molto avanzate, il cui aspetto è molto diverso da quello cui siamo abituati: le carni sono molto più scure, il grasso non è bianco. Un altro esempio sono i formaggi ultrastagionati. È un ulteriore cambiamento di prospettiva, esattamente come per l'idea di un piatto vegetariano gourmet. Un'altro esempio estremo, che implica un cambiamento di prospettiva, è quello di Daniel Burns che nel suo ristorante Luksus di Greenpoint, quartiere di Brooklyn anch'esso per certi versi estremo, non ha in carta vino, ma solo birre, sia nella galleria con 30 spillatrici alle pareti che nella saletta gourmet di cinque tavoli. È una scelta non convenzionale. Alcune cose a volte non si fanno perché si ha paura che possano non funzionare. Si tratta, di nuovo, di cambiare prospettiva e rischiare.

Sicuramente c'è ancora dell'altro da anticipare.
C'è un'ultima nuova area: Identità di Montagna. A metà luglio abbiamo fatto 2 cene-pic nic a Cortina e abbiamo visto come in alcune zone ad alta quota si stia sviluppando solo ora una cucina più connotata dal punto di vista territoriale. Pensiamo al grande lavoro di Norbert Niederkofler. Soprattutto nelle località più turistiche, i ristoranti scimmiottavano la cucina internazionale, magari con pesce di altissimo livello, senza coltivare la propria specificità. Iniziamo a pensare all'Italia come a un paese di montagna e non solo di mare. In fondo in moltissime regioni basta spostarsi di 20 chilometri dalla costa per trovarsi in collina o in montagna: Abruzzo, Liguria, Sardegna, Calabria. Ora, vuoi per l'attenzione ai prodotti locali, vuoi per quella alla tradizione, inizia a svilupparsi una cucina identitaria della montagna. Ci sarà Elodia, sicuramente, per il resto è ancora tutto da definire.

Come mai non ci sarà la sala che in Italia rappresenta ancora un vulnus non indifferente?
Perché è difficile creare un programma interessante, dopo due anni. La sala è più evanescente, fatta di cose difficili da spiegare, è legata soprattutto alla sensibilità. L'idea potrebbe essere di creare degli appuntamenti per poche persone, su temi legati a situazioni specifiche. Per esempio come gestire un cliente cafone.

Come è cambiato il mondo della gastronomia rispetto a 11 anni fa, quando è nata Identità Golose?
Una volta era difficilissimo conoscere i cuochi, non erano personaggi, se volevi sapere come ragionavano o come lavoravano non c'erano possibilità. Al massimo un grandissimo cuoco poteva scrivere un libro, ma non c'era un'editoria di settore e non c'era internet. Ma chi gravitava in questo mondo era molto competente.

Poi?
A partire da Marchesi i cuochi sono usciti allo scoperto. Ora sono personaggi che vanno anche sui quotidiani, e non solo nelle rubriche dedicate. La comunicazione del cibo è cambiata, ed è cambiato il modo di vederla. Ogni giornale ha le sue pagine sulla cucina come ha le pagine sportive. Con internet e soprattutto i blog e i social network la ristorazione è alla portata di tutti. Il rischio è che si parli a vanvera.

Come è cambiato il convegno in questo panorama?
Per i primi anni se c'era un Adrià e qualche straniero il programma era fatto. Da 4 o 5 anni l'esplosione dei social ha fatto conoscere tante persone. È tutto più accessibile, ma anche più banalizzato. Le ricette girano, oggi è difficile avere qualcosa di veramente nuovo perché cuochi hanno un ufficio stampa e comunicano molto, bisogna anche fare attenzione a non avere materiali vecchi. Bisogna essere attenti, capire i bluff e individuare le persone brave veramente.

Quale è la differenza oggi tra la cucina presente sui vari mezzi di comunicazione e quella di un congresso?
Dobbiamo cercare di mantenerci seri, la tv parla dei cuochi, bisogna far capire che la cucina è quella che si fa nei ristoranti e non in tv. Si rischia che le persone comuni perdano terreno rispetto alla realtà. Oggi apri la tv e sono tutti superfighi, cuochi, giornalisti, tutti. Noi dobbiamo evitare di confondere le idee ancora di più. La cucina è quella che si fa nei ristoranti, è il cibo.

Quale è il senso dei congressi oggi, secondo te?
Più cucina e meno video. Certo i piatti sono complessi ed è difficile presentarli in sessioni di 40 minuti al massimo, quindi le immagini consentono di saltare molti passaggi e accorciare i tempi nell'illustrare le ricette. Ricordo il primo video, quello di Ferran Adrià, c'era uno spessore tecnico incredibile, rimanemmo tutti a bocca aperta. Ma ora i video non stupiscono più, anche perché su internet si trova praticamente tutto. Ci raccomanderemo molto perché gli chef cucinino di più e presentino meno video.

Cosa può fare la differenza?
Il calore umano, la convivialità: i video possono essere molto asettici rispetto alla persona che spiega. Questa è la differenza. Per quanto puoi divertirti sui social a tavola devi mangiare. La cucina è soprattutto convivialità e cibo.

Quale è il segreto perché un congresso funzioni?
Pensarlo bene.

Ovvio. Ma tu come fai?
Mando a chi invito il testo di presentazione che ho scritto, gli chiedo di portare qualcosa di nuovo, e se può, di aspettare per metterlo online. Ma naturalmente è difficile. I congressi devono avere un ragionamento alle spalle, bisogna essere attenti nel definire il programma, evitare di mettere vicini interventi troppo simili, coordinarli, insomma non basta dare un tema, bisogna sapere prima anche come verrà sviluppato dalle persone. E ragionarci su. Per esempio Ducasse lo invito per questa svolta vegetariana che è in linea con il tema, non perché è un nome famoso. Anche Sean Brock che a Charleston, in America, fa un gran lavoro sui grani antichi e sulle carni, l'ho chiamato perché la sua filosofia è attinente al discorso che voglio sviluppare quest'anno.

Quale chef funziona in un congresso?
Quello con un buon contenuto. In un congresso sempre vincente l'idea originale. No a piatti di 10 anni fa, no a idee di altri presentate come proprie, anche perché adesso è facile essere scoperti. Invitiamo chi ha cose buone e vere da dire. Quelli che riescono a comunicare in maniera autentica e credibile e quelli che hanno più idee in testa. Per esempio Pino Cuttaia è efficace per la forza e l'autenticità della memoria nei suoi piatti.

Hai mai pensato a formule diverse per il congresso?
A me piacerebbe un congresso in cui, oltre all'Auditorium con tantissimi posti che non si può togliere, ci siano tanti appuntamenti più ristretti. Al momento abbiamo ogni giorno circa 25 lezioni una dopo l'altra. La cosa bella sarebbe fare piccole cose miratissime, di due o tre ore, solo per poche persone, chef soprattutto. A quel punto sarebbe una full immersion più lunga su un piatto o un argomento che verrebbe analizzato in ogni parte. Una verticale con un cuoco sulle sue tecniche, un appuntamento con uno chef giapponese sui coltelli. Per andare fino in fondo a un tema.

Cosa c'è da aspettarsi nella cucina in futuro? Dopo le fermentazioni ci saranno altri tormentoni?
Come dicevo vedo sempre più verdure in cucina. Le fermentazioni, certo, sono ancora in prima linea. Una decina di anni fa pensavo che regole alimentari legate alla religione avrebbero condizionato più la cucina, invece no. Sono più alcuni regimi alimentari a come quello vegetariano o vegano. Alcuni grandi ristoranti, come l'Osteria Francescana, hanno pronte alternative vegetariane che non sono piatti adattati, ma proposte che hanno una loro chiara identità. Chi potrà permettersi l'alta cucina troverà sempre più ingredienti e piatti particolari e diversi. Ricordo che anni fa il Salone del Gusto era una scoperta continua per le persone, tanti prodotti di nicchia erano sconosciuti, pensiamo anche solo al lardo di Colonnata. Ora che tutto è conosciuto e diffuso trovare cibi particolari e buoni è più difficile. Sono sempre più rari, speciali e cari.

Invece nella cucina più domestica?
Ho molta paura che gli OGM prima o poi sfonderanno. C'è la crisi, il mercato del lavoro sta cambiando, la meccanizzazione sta sempre più sostituendo la macchina all'uomo (di recente la Volkswagen ha annunciato il primo stabilimento completamente automatizzato), ci sono difficoltà di impiego enormi. In questo contesto la cucina e i prodotti più commerciali sono di un piattume pazzesco. Questa è una porta di accesso degli OGM con tutta la loro forza economica, magari all'apparenza anche più salutari. Pensiamo sempre che all'estero sono permessi cibi molto manipolati, per esempio la carne piena di steroidi in America.

Per leggere Identità Golose 2015 - Una sana intelligenza. Ecco tutto il programma della nuova edizione con le nuove Identità Montagna, Identità Piccanti, Identità Estreme clicca qui

Identità Golose | Milano | dall'8 al 10 febbraio 2015 | MiCo | piazzale Carlo Magno, 1 | www.identitagolose.it

a cura di Antonella De Santis

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