Parigi. Simone Tondo: vi presento il mio Racines

25 Gen 2018, 17:00 | a cura di

Niente degustazione, cucina più semplice e di gusto, e perfino una pasta fresca in menu. Nel nuovo progetto di Simone Tondo la bistronomia lascia il posto alla bistrosteria.

Dall'affettato del giorno alla pasta fresca. Senza dimenticare formaggi francesi e vini naturali, soprattutto italiani. Cambia direzione ma senza brusche deviazioni Simone Tondo, ex enfant prodige della cucina italiana traghettata oltralpe che dopo aver raccolto standing ovation con le sue imprese precedenti, Roseval (nello spazio dove oggi c'è Michele Farnesi con il suo Dilia) e Tondo (esperienza più breve e poco fortunata nell'ex Gazzette di Petter Nilsson), è tornato da pochi giorni in pista nella capitale francese e con lui ha portato “alcuni dei cavalli di razza” - come li chiama - Stephanie Crockford, in sala, e Linkhan, suo secondo storico. E lo ha fatto nei locali di Racines, “un posto storico, carino, piccolino” così lo descrive Simone Tondo che pare aver raggiunto una nuova maturità. “Con l'età sono diventato più generoso, forse” scherza, nel dirci che adesso da lui c'è una carta e non più solo il degustazione (e dire che neanche due anni fa si proclamava legatissimo al menu unico). È la fine della bistronomia con i suoi menu obbligatori? “No, il menu va dove deve andare, e forse in futuro inserirò anche un'opzione carta bianca per chi dice: fai tu” risponde “ma le persone cambiano e le cose fanno i loro giri, ora ci vestiamo di nuovo come negli anni '80 con i maglioni extralarge e molte cose ritornano” scherza, ma neanche troppo. “La cucina è aperta, sto praticamente in sala, è tutto molto easy, e non voglio che nessuno abbia timore di dirmi che non mangia carne, o non ha voglia di verdure”. Insomma no imposizioni, sì alla scelta. “Voglio che i clienti stiano bene a tavola”. Un ritorno alla carta in versione mignon, che cambia settimanalmente: tre antipasti (carne, verdure, pesce) tre piatti principali (carne, pesce e una pasta), formaggi francesi (ma chissà che non si trovi qualcosa di sardo in futuro?), due dolci, uno italiano e uno francese. Come, una pasta? La grande assente dei locali di Simone? “Prima non volevo che le persone venissero da me solo per la pasta, volevo fare la mia cucina e imparare”.

Il dopo Tondo verso la bistrosteria

Quando ho chiuso Tondo non avevo progetti” racconta “non era stata una bella esperienza, con solo il 30% delle quote non potevo decidere nulla. Un errore”. Poi è arrivato David Lanher e con lui Racines e l'idea ha preso forma “ora qui sto ricomprando il 90% della società”. Cosa è cambiato rispetto a  quando sei arrivato qui? “Ci sono più ristoranti e tanti clienti sono più preparati rispetto a prima, anche se chi va al ristorante spesso lo fa per vedere dove sbagliamo più che come cuciniamo” e aggiunge “non ho chiesto io di vincere un premio (miglior bistrot francese secondo Le Fooding Ndr),e comunque è una responsabilità non una colpa” a volte sembra non essere così. Ma con Racines Tondo volta pagina: “oggi faccio altre cose, rompo alcuni codici rispetto a quella cucina che pure mi aveva dato tante soddisfazioni e critiche positive: una cucina di piacere, per tanti anni ho fatto una cucina molto tecnica, di pochi ingredienti e cotture attente” oggi invece? “Certe cose rimangono, non dimentico quel che so: le acidità, equilibri nel piatto, la cottura sull'osso. Non ho snaturato nulla, un piccione sarà sempre cotto bene, non uso macchine sottovuoto, tutto arriva fresco sul posto”. E allora? “Si continua sulle basi che abbiamo costruito ma ora siamo più vicini a una cucina più semplice e più di pancia, con meno invenzioni. Una cosa che qui in fondo non c'è”. La chiama bistrosteria, “anche se qualcuno l'ha definita bistrattoria, ma non mi piace. Per me la grande tradizione è quella delle osterie, non delle trattorie, una cosa un po' più cheap. Le ultime volte in Italia sono stato in posti come il Mirasole, Osteria Bottega, ma anche Ratanà e Trippa”. E non è difficile trovare dei punti di contatto con quel che accade in Italia dove la grande cucina di tradizione sta attirando sempre più giovani cuochi. Ma come mai tutti partono dal bistrot? “Appena esci da una cucina l'ego ti porta a fare una cosa tua, e poi serve anche che un ristorante riesca a durare, sia coerente e possa continuare a esserlo dopo un po' di anni”.

 

La grande cucina di casa

“Cancellare quasi 10 anni di storia a Parigi sarebbe stato un suicidio, la struttura della proposta rimane simile” ma un cambiamento rispetto al passato c'è, e anche più d'uno, e non solo nella scelta della carta e nell'introduzione della pasta. Quello di oggi è un Simone Tondo più quieto, meno attratto dalla sperimentazione e più vicino alla grande tradizione, come mai questo cambiamento? “Forse non ho più la necessità di dimostrare che sono un cuoco bravo o decente, ora bisogna lavorare e far mangiare la gente, c'è voglia di riscoprire sapori passati dopo tanta modernità e novità”. Insomma un ritorno alla grande cucina di casa, “sì, come mi è stato spesso chiesto di fare, basata su quel che conosco bene - la cucina italiana e quella francese - ma con una tensione più gastronomica” aggiunge “E poi il locale si chiama Racines, radici. E un po' è un ritorno alle radici”, con tanto di presenza in sala “ma non arriverò a tavola a scaloppare, un posto da neanche 30 coperti non può permettersi il servizio al tavolo, costa troppo e non ha senso in un tipo di ristorazione da 45 euro”. Dunque un passo indietro rispetto a certe spinte più creative e piedi ben piantati per terra. “La carta mi permette di regolarmi con i prezzi, oggi anche i bistrot non sono più a 40 euro” dice, e a ben vedere una cena da Septime ormai si assesta sugli 80 euro “ora mi interessa più questa cucina, forse ci sono meno cuochi bravi in giro, a dire la verità non vedo tanti nomi nuovi, ma magari è solo la voglia di una cosa diversa, che sia un'evoluzione o una regressione, non lo so”. Ticket medio sui 45-50 euro, oggi questo localino - 25 coperti, 30 con la terrazza – lavora dal lunedì al venerdì pranzo e cena, e sfiora già i 60 coperti al giorno. “Sabato e domenica chiusi, perché gioca l'Inter e perché ora che ho una famiglia la mia vita è leggermente più normale”.

 

Materie prime, piatti e vini

Ogni cosa arriva da dove deve venire, per avere prodotti qualitativamente validi”: verdure dall'Îlede France, agnello dei Paesi Baschi, carne francese, come il pesce, della Bretagna. Limoni dal sud, caffè e pepe di Gianni Frasi (è sempre stato fornitore di Racines), l'olio di oliva è quello di Daniele Lepori. Il tutto per piatti che si mettono a metà tra Italia e Francia, a volte molto semplici a volte meno, per esempio la stracciatella di bufala con finocchiona di Siena, i garganelli alla genovese con capperi di Pantelleria, il carpaccio di spigola con mandarini e ricotta, barbabietola con capperi, burro di nocciole e pinoli, o ancora l’Animella con mousselin di topinambur e acciughe di Cetara, in chiusura cose come tiramisù o tartelletta al limone, meringa e pepe di Sarawak. Da bere? “Abbiamo una sessantina di referenze, soprattutto italiane e naturali, ma non abbiamo carta, e neanche l'avremo” le bottiglie – selezionate da Francesca Tradardi - sono in esposizione su ripiani in legno, “così perdiamo tutti meno tempo” spiega “le persone passano un sacco di tempo a sfogliare la lista, e soprattutto se non sono esperte la carta non le aiuta” e aggiunge “invece arriva Stephanie e ti chiede che genere vuoi bere, che preferenze hai, possiamo imparare anche noi dai clienti, è un modo anche per avere più scambio con le persone, è una cosa più da osteria, o da casa, quando scegli il vino con i tuoi ospiti per coccolarli al meglio”.

 

 

Racines – Francia – Parigi – 8, Passage des Panoramas, 2 ° - tel. + 33 (0)140130641 - www.racinesparis.com

 

a cura di Antonella De Santis
foto d'apertura 
di Mickael Bandassack

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